Di Protaso e Gervaso, antichi martiri della Chiesa di Milano, Ambrogio (lo racconta nella sua Lettera 77a alla sorella Marcellina) trovò le spoglie mortali presso la piccola chiesa cimiteriale dedicata ai santi Nabore e Felice (zona cimiteriale di Porta Vercellina).
Venerdì 19 giugno dell’anno 386, consacrando il tempio che ora porta il suo nome, il santo vescovo depose le preziose reliquie sotto l’altare, in un loculo che aveva fatto predisporre per la propria sepoltura. In quell’occasione, l’esaltazione dei martiri – di cui fu testimone Agostino – contribuì a confortare la comunità cattolica di Milano, duramente provata dall’opposizione degli ariani.
La traslazione delle reliquie di questi martiri, fatta da Ambrogio a scopo liturgico a esempio di analoga prassi nelle Chiese d’Oriente, ebbe influsso notevole in tutta la Chiesa d’Occidente, nella storia del culto dei santi e delle loro reliquie. La data del rinvenimento dei loro corpi entrò ben presto nei più importanti calendari e sacramentari, e sorsero leggendarie narrazioni della loro passione. I due martiri ricevettero molte raffigurazioni nell’arte cristiana antica.
I corpi dei due testimoni di Cristo, insieme con quello di Ambrogio, rimasero per molti secoli nascosti agli occhi di tutti, fino all’8 agosto 1871, quando riscoperti, poterono di nuovo essere posti in onore nella cripta della basilica ambrosiana, dove sono circondati da grande venerazione.
Santi Gervaso e Protaso, martiri
Festa