Il calo c’è ed è evidente, tuttavia non si tratta solo di approfondire un dato quantitativo (comunque significativo), ma di riflettere sul futuro della Chiesa ambrosiana. È questo ciò che intende fare un’articolata ricerca pubblicata sulla rivista del Seminario La Scuola Cattolica, presentata oggi a Venegono nel contesto della Festa dei Fiori, alla presenza dell’Arcivescovo (leggi qui).
«Si tratta di una ricerca che segue lo stile dei dossier de La Scuola Cattolica – spiega don Paolo Brambilla, docente di Teologia dogmatica in Seminario e curatore del dossier con don Martino Mortola, anche lui professore di Dogmatica -. Il nostro studio si divide in tre parti, di cui la prima, fondamentale, è l’ascolto della realtà dal punto di vista quantitativo e proponendo una sezione qualitativa, realizzata attraverso l’ascolto sia dei laici, sia dei preti».
Un lavoro meticoloso, il loro – sostenuto dai demografi dell’Università Cattolica Andrea Bonanomi e Giulia Rivellini -, che ha preso in analisi dati molteplici e di complessa lettura. A partire proprio dal numero dei preti che si registrerà nel 2040, emerso da calcoli matematici statistici che hanno incrociato i numeri delle ordinazioni di nuovi presbiteri, dei morti, di chi arriva da altre diocesi e di coloro che lasciano il ministero o semplicemente la Chiesa di Milano per svolgere il proprio compito in altre realtà territoriali.
Il numero e l’età dei preti nel 2040
A oggi i preti ambrosiani sono 1694 – non troppo lontani i tempi (1998) in cui si diceva 1100 parrocchie per 2200 presbiteri -, già diminuiti a 1737 nel 2020 e che caleranno, entro il 2040, fino al numero previsto di 1050-1055. Ma ciò che fa più impressione è l’età media del clero ambrosiano nel 2040: sostanzialmente, dei 1050 sacerdoti, 767 saranno sotto i 75 anni (in realtà quelli possibilmente attivi si attesteranno sui 750) e solo 94 saranno quelli sotto i 40 anni. Il che significa che, nella grande maggioranza delle realtà diocesane (parrocchie, Comunità pastorali, cappellanie), non vi sarà la presenza di un sacerdote giovane. A Milano, per esempio, si prevede che gli under 40 saranno solo 14… Naturalmente, due dei dati cruciali sono rappresentati dalle cifre relative agli ingressi in Seminario (6 nel 2022) e alle ordinazioni: per il 2023 sono 15 i candidati, ma il numero medio annuale oscillerà intorno ai 12, come cifra tendenziale, tra i 17 di una previsione ottimistica e i 7 della pessimistica.
«I dati sono evidenti – spiega don Brambilla -, tuttavia ci aspettavamo anche di peggio, considerando i trend di altre diocesi del Centro Europa, dove il numero dei sacerdoti cala in maniera molto maggiore che nella nostra».
Ad esempio in Francia…
Dalla fine degli anni Novanta agli anni 2000 in Francia e in Germania è iniziato lo stesso processo di diminuzione e la mancanza di preti ha causato necessariamente la riconfigurazione delle parrocchie. Tantissime diocesi sono passate da 700-500 parrocchie a 80-50.
Anche se questi scenari sono fortunatamente lontani dalla nostra realtà diocesana, è chiaro comunque che si dovrà riflettere sull’organizzazione della Chiesa ambrosiana. Nella ricerca avanzate qualche suggerimento?
È un aspetto molto complesso, di cui proveremo a dire qualcosa nel volume monografico, che sarà pubblicato da Ancora nel settembre prossimo. Dal punto di vista delle idee, occorrerà chiarire alcuni aspetti delle Comunità pastorali e delle strutture concrete. Questo è sicuramente il discorso più delicato, perché ha a che fare con l’aspetto emotivo di una comunità. Come ambrosiani abbiamo sempre investito danari, tempo, energie nelle nostre strutture: dire che sono sovradimensionate o che sono troppe è difficile, ma noi lo diremo nelle conclusioni. Un conto, per esempio, è considerare un salone di questa o di quella parrocchia, ma se c’è una sola Comunità pastorale, occorre scegliere cosa tenere e cosa lasciare.
In questo orizzonte di una possibile riorganizzazione, occorre tenere conto anche dell’invecchiamento della popolazione e della denatalità?
Senza dubbio. Basti pensare che, oggi, per ogni ragazzo sotto i 14 anni ci sono meno di due anziani, ma che, già nel 2050, il rapporto sarà di 1 a 3. Le nostre comunità saranno ricche di anziani, non perché non saremo capaci di attirare i giovani, ma perché i giovani saranno molti di meno. Forse la nostra Chiesa dovrebbe pensare, in questo caso, a nuove soluzioni relative a questa fascia della popolazione sempre in crescita, anche valutando il fatto che la Pastorale giovanile avrà una forte riduzione dal punto di vista dei preti dedicati.
Si tratta anche di valorizzare il ruolo sia del laicato sia dei diaconi permanenti…
L’aspetto dei diaconi permanenti è particolarmente significativo perché, per quanto riguarda la loro presenza, vi sarà una tenuta sostanziale: i diaconi permanenti hanno un numero di ordinazioni variabile secondo gli anni, ma la media di 6 è ormai a regime. Avremo quindi una parte di clero che arriverà a 180 unità (di cui 130 sotto i 75 anni), potendo certamente contribuire alla vita della Chiesa anche con nuove soluzioni pastorali là dove non ci sono più i preti.
Per completare il dossier avete ascoltato preti e laici?
Certamente. Per i sacerdoti, don Giuseppe Como, nel suo contributo, ha condotto una ricerca analizzando tutti gli incontri realizzati tra l’Arcivescovo e le diverse Classi di ordinazione sacerdotale. Ne è emersa una fatica – don Como la chiama giustamente «disincanto» -, con il rischio che il clero sia appesantito e così stanco e frustrato da non metterci più passione. Per i laici, si è reso evidente il desiderio di avere i preti per le cose normali della vita, anche per una semplice chiacchierata.
Quali sono i dati dei sacramenti?
Relativamente ai sacramenti dell’iniziazione, in questi anni vi è stata una tenuta di Comunioni e Cresime, che hanno avuto un lievissimo decremento, mentre i Battesimi sono calati da 37-38 mila degli anni 2000 ai 20 mila attuali. Anche valutando la denatalità, la cifra è comunque molto bassa. Per i matrimoni in diocesi, dai 18 mila annui degli anni Novanta siamo passati a 4000.
Qualche segno positivo c’è?
Un dato interessante è che l’Insegnamento della Religione Cattolica (Irc) ha avuto negli ultimi anni una sostanziale tenuta e addirittura un lieve incremento nelle Scuole superiori, soprattutto nei Licei, relativamente a chi decide di avvalersene. È difficile interpretare questo dato, che però ci dice che l’Irc – che ovviamente non può trasformarsi in una catechesi – può diventare, tuttavia, un’occasione importante.
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