«“Guai anche a voi, dottori della Legge, che caricate gli uomini di pesi insopportabili, e quei pesi voi non li toccate nemmeno con un dito!… Guai a voi, dottori della Legge, che avete portato via la chiave della conoscenza. Voi non siete entrati, e a quelli che volevano entrare, voi l’avete impedito”. Quando fu uscito di là, gli scribi e i farisei cominciarono a trattarlo in modo ostile e a farlo parlare su molti argomenti, tendendogli insidie, per sorprenderlo in qualche parola uscita dalla sua stessa bocca». (Lc 11,46.52-54)
Non siamo “dottori della Legge”, ma questo monito di Gesù ci tocca ugualmente. Siamo chiamati a crescere nella fede, ad approfondirne i contenuti. La conoscenza di Dio è un processo interiore che implica un rapporto del tutto personale con Lui, ma non può prescindere dal confronto costante con quanto la Chiesa insegna, celebra e vive.
Il rischio altrimenti è di rimanere eternamente bambini – e non nel senso evangelico – nella fede, oppure di professare una fede “fai-da-te” basata unicamente sul proprio sentire e pensare. Rischio grave che comporta una responsabilità anche di fronte agli altri: testimoniare una fede infantile o distorta può indurre a sviare, se non addirittura allontanare o peggio scandalizzare i piccoli, i vacillanti e i non credenti.
Preghiamo col Salmo
Perdona, Signore, l’infedeltà del tuo popolo.
Abbiamo peccato con i nostri padri,
delitti e malvagità abbiamo commesso.
I nostri padri in Egitto, non compresero le tue meraviglie.