Piange Maria tutte le lacrime che una madre può versare, assistendo impotente alla morte del figlio. Si strugge di dolore il discepolo, vedendo il suo maestro giustiziato sul patibolo…
Con maestria Cola dell’Amatrice raffigura lo strazio della Vergine e di Giovanni sotto la croce. Un patimento che appare universale partecipazione alla sofferenza di tutto il mondo, di ogni individuo crocifisso dal male, dalla violenza, dalla disgrazia. Così che quelle figure, a cinque secoli dalla loro creazione, diventano oggi anche il simbolo di una terra martoriata dai recenti eventi sismici, l’immagine di coloro che hanno perso ogni cosa, gli affetti più cari, i luoghi del cuore e della memoria.
L’idea è semplice, e proprio per questo convincente. Prendere alcune opere di un artista rinascimentale, vissuto in uno dei borghi più pesantemente colpiti dal terremoto dei mesi scorsi – Nicola Filotesio, più noto come Cola dell’Amatrice, appunto -, e farne una piccola ma significativa mostra a Milano, per non dimenticare quello straordinario patrimonio storico e artistico dell’Italia centrale che ha subito gravi ferite. Come segno, soprattutto, per continuare a essere vicini, idealmente e concretamente, alle popolazioni colpite da quella catastrofe.
I lavori di Cola sono presenti in realtà piccole e grandi tra Marche, Umbria e Lazio, conservati in chiese, palazzi e musei. E quelli oggi esposti a Palazzo Bagatti Valsecchi, l’elegante e splendida casa-museo che lambisce via Montenapoleone, provengono in particolare dalla Pinacoteca civica di Ascoli Piceno.
Si tratta, come si accennava all’inizio, della coppia di tavole, sagomate e a grandezza naturale, raffiguranti la Vergine addolorata e san Giovanni apostolo, realizzate probabilmente attorno al 1518 per la chiesa ascolana dell’Annunziata. Di toccante intensità espressiva, le due figure sembrano abbandonare gli stilemi rinascimentali dell’epoca per anticipare un modello di arte sacra che si imporrà soltanto con il Concilio di Trento e con gli “esercizi” di Ignazio di Loyola, capace di suscitare il coinvolgimento anche emotivo e spirituale dello spettatore.
Accanto alle due grandi figure scontornate la mostra milanese presenta anche due tavole con angeli “portacroce”, che in origine facevano parte di un polittico, oggi purtroppo smembrato, che Cola dell’Amatrice aveva dipinto in età matura, verso il 1533, per la chiesa ascolana di San Francesco. Il referente stilistico di queste opere è certamente la cultura raffaellesca, qui rinforzata da un certo gigantismo michelangiolesco: elementi che il nostro artista aveva potuto assimilare “dal vivo”, grazie a un viaggio-studio a Roma.
Certo, Filotesio non può essere annoverato tra i giganti del Rinascimento italiano, ma è comunque figura di notevole interesse, un “maestro”, come fu considerato dai contemporanei, capace di diffondere e rielaborare anche nei circuiti “minori” le idee rivoluzionarie sorte nei grandi centri artistici.
Nato attorno al 1480, forse a Filetta, nei pressi di Amatrice, Nicola nei primi anni del XVI doveva essere titolare di una bottega già ben avviata, come documentano le carte d’archivio. I dipinti giovanili a lui assegnati dimostrano un’attenzione ai canoni iconografici e stilistici della pittura del Crivelli, allora decisamente in voga nell’ascolano, ma con evidenti riferimenti anche a Melozzo da Forlì e al Perugino.
Con il passare del tempo Cola aggiunge alla sua tavolozza accenti di matrice leonardesca, guardando con interesse a Raffaello, Michelangelo e Lotto. Ed è forse proprio per questa “mescolanza” di ispirazioni che la sua pittura appare infine anticlassica, portatrice di istanze che appaiono persino artisticamente “eterodosse”.
Nicola Filotesio, in ogni caso, non è stato soltanto un pittore ma, come del resto molti artisti dell’epoca, si è cimentato anche come architetto e scienziato, almeno nel campo degli studi sulla prospettiva e nella preparazione dei colori, come rivela anche un suo taccuino ricco di schizzi e appunti, recentemente ritrovato.
Si segnala, infine, che la mostra aderisce alla campagna di Icom Italia “Adotta un museo”: i fondi raccolti con questa iniziativa, infatti, verranno destinati al restauro della quattrocentesca statua lignea della Vergine, già nella chiesa di San Pellegrino a Norcia. Perché mantenere viva l’attenzione su questo patrimonio segnato dai danni del terremoto significa davvero contribuire alla rinascita di un intero territorio, che dalla valorizzazione delle sue bellezze paesaggistiche e artistiche intende ripartire.
La mostra Ritorno a Cola dell’Amatrice, da un progetto di Regione Lombardia a cura di Vittorio Sgarbi, è aperta fino al prossimo 27 agosto presso il Museo Bagatti Valsecchi a Milano (via Gesù, 5), da martedì a domenica, dalle 13 alle 17.45. Info: tel. 02.76006132, www.museobagattivalsecchi.org