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Sirio 09 - 15 dicembre 2024
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Zibido San Giacomo

Scola: «Tesi verso la Comunità pastorale, puntando all’essenzialità della vita cristiana»

Il Cardinale, nella parrocchia di San Giacomo, ha presieduto la Celebrazione eucaristica per i 70 anni di vita della scuola materna parrocchiale: «Non rinunciate mai a educare»

di Annamaria Braccini

11 Giugno 2017

È una festa di colori e di gioia quella che accoglie il cardinale Scola nel Comune di Zibido San Giacomo presso la parrocchia San Giacomo. La settantina di piccoli che frequentano l’omonima scuola materna parrocchiale con loro magliettine rosse, i più grandi, animatori dell’oratorio estivo, in verde, gli scouts nelle tradizionali camicie azzurre, la gente, con tante coppie di giovani genitori, attendono l’Arcivescovo in una mattina di sole estivo nel tipico panorama rurale della “Bassa”.
Una canzoncina cantata dai bimbi offre un primo benvenuto a sottolineare immediatamente la ragione per cui il Cardinale è in questa realtà, l’ultima alfabeticamente della Diocesi e geograficamente periferica, ai confini con Pavia. Si festeggia, infatti, il 70esimo della scuola materna parrocchiale, con lo sguardo rivolto anche ai 500 anni della chiesa, che alcuni documenti attestano dal 1517, nel contesto di una comunità conventuale di Carmelitani Scalzi.
Insomma, una realtà dalle solide radici cristiane che hanno lasciato segni importanti nei secoli – “San Giacomo” è la presenza artistica più importante della zona e sul suo sagrato si trova ancora il sarcofago in serizzo che, secondo la leggenda, avrebbe contenuto il corpo di san Giacomo portato da sant’Eustorgio, nel 512, da Gerusalemme a Santiago de Compostella -, ma attenta all’oggi e impegnata, in modo particolare, nell’educazione
«È questa la cosa più importante della vita», scandisce subito Scola, «è meglio avere i calzoni rattoppati che trascurare l’educazione dei nostri bimbi».
Poi, con una breve processione, preceduto ancora da bambini, ragazzi, famiglie e dai sacerdoti del territorio concelebranti, l’Arcivescovo arriva nella chiesa raccolta e bella con i suoi affreschi cinquecenteschi, alcuni di scuola luinesca, dove trovano posto un gran numero di fedeli e le autorità, tra cui il sindaco.
«Sappiamo quanto Lei tenga all’istruzione e al mondo della scuola, le chiediamo parole di fiducia per coltivare l’attenzione educativa. Costruire il nuovo umanesimo è possibile», dice il parroco, don Alessandro Giannattasio, che dà lettura anche del telegramma inviato dal Papa «con un beneaugurante saluto e la benedizione per il servizio attento e premuroso alle nuove generazioni nel solco della tradizione ambrosiana», realizzato dalla parrocchia attiva «per un sempre più incisivo impegno nella comunità ecclesiale e civile».
«Siete una bella espressione del popolo santo di Dio: è significativo che alla Messa domenicale siano presenti tutte le generazioni», dice, aprendo la sua omelia, l’Arcivescovo. «Per me è il momento più bello e stimolante poter celebrare insieme al popolo, è di molto aiuto al mio cammino cristiano e alla mia conversione» nota.
«La scelta di mantenere aperta la scuola, pur con grandi sacrifici, fornendo un servizio di alta qualità educativa – la vostra Bassa milanese è assai migliorata negli ultimi decenni – è un segno espressivo molto elevato della vita di queste realtà parrocchiali e anche della loro incidenza civile. In tale modo, non solo edificate la Chiesa, ma contribuite alla vita buona di questa società in cui si hanno visioni diverse e dobbiamo comunque vivere insieme».
La riflessione passa alla Festa liturgica del giorno. «Oggi celebriamo la Solennità della Santissima Trinità che ci mette a contatto con il Mistero centrale della nostra fede: il disegno che Dio ha su ciascuno di noi: renderci suoi figli nel Figlio. C’è una strada che ci avvicina a capire questo grande Mistero, l’amore. Sappiamo che Dio è unico nella sostanza, ma vive con uno scambio di amore perfetto tra Padre e Figlio che genera lo Spirito. Queste 3 realtà sono la sorgente con la quale Dio ama ciascuno di noi in termini personali. Dio non è lontano e indifferente, ma è con noi lungo tutta la nostra storia al punto che possiamo chiamarlo con il nome aramaico di “Abbà” che è come dire, con familiarità, “papà”», spiega l’Arcivescovo in riferimento alla Lettera di San Paolo ai Romani proclamata nella Liturgia della Parola.
«È un amore, quello del Signore, che muove la nostra libertà e la fa agire in ogni situazione. Lui ci prende in braccio come noi facciamo con i nostri bimbi. Ci accompagna nelle nostre gioie e nelle prove della povertà, dell’esclusione, nel dolore, nelle difficoltà del lavoro, in modo che confidando in Lui possiamo crescere in pienezza. Il cristianesimo diventa, così, umanesimo».
Domandiamoci che ne è di Dio nella nostra vita? Ci ricordiamo di Lui? Apriamo la giornata con un Segno di croce e la chiudiamo con un’Ave Maria. Questo è ciò che l’Arcivescovo vi lascia: fate almeno questi due gesti ogni giorno. Vogliatevi bene nel Signore: lo dico soprattutto ai giovani che devono imparare cosa sia l’amore, vista la grande confusione che si fa su questo aspetto della vita. Bisogna imparare ad amare e la vita della parrocchia, dell’oratorio, dei gruppi e dei movimenti sono i luoghi adatti per imparare l’eco dell’amore di Dio nella nostra vita».
Alla fine, ancora alcune raccomandazioni precise, per quella che «è un poco una Visita pastorale».
«Come ci ricorda papa Francesco, in questo cambiamento di epoca così violento, non solo e purtroppo per il terrorismo, ma anche per la velocità delle mutazioni in atto, occorre che la vita cristiana punti all’essenziale e che i suoi elementi fondamentali siano realmente vissuti».
Esplicita l’indicazione a comprendere, fino in fondo, l’importanza della Comunità Pastorale, «Le CP non sono solo una modalità per venire incontro alla mancanza di sacerdoti, ma per rendere più vera la nostra realtà, pensiamo, ad esempio, a una pastorale giovanile sperimentata a un livello più ampio che sappia collegarsi con le scuole o al saper articolare le ragioni per cui sosteniamo la famiglia, un’accoglienza equilibrata, i diritti e i doveri, il lavoro».
«Per il nuovo Vescovo sarà più facile raggiungere le singole realtà riunite in Comunità Pastorali», aveva anche detto il Cardinale, durante l’omelia.
Chiaro, in tutto ciò, il ruolo cruciale di un laicato maturo «Questo implica una formazione sistematica dei laici, che devono prendere sempre più rilevanza nella Chiesa. Bisogna pregare per le vocazioni, ma i laici devono impegnarsi e insistere su ciò che di bello già si vive: siate tesi alla CP, con grande cura per la scuola e non rinunciando a educare»

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