Dt 6,4-9; Sal 77; Ef 6,10-19; Mt 11,25-30
Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. (Mt 11,28)
Il sole dei Caraibi rende tutto faticoso. Ma quando ascolto queste parole sono ben altre le stanchezze che vedo nei miei parrocchiani. Le code per il pane, la ricerca di medicinali per i parenti infermi, le difficoltà dei trasporti, le attese interminabili per gli spostamenti necessari, le preoccupazioni per i prezzi che crescono e gli stipendi troppo bassi. Tutto questo entra quotidianamente nelle nostre eucaristie, in orazioni dei fedeli fin troppo personali e dettagliate per la nostra tradizione liturgica ambrosiana. Eppure anche queste sono domande della fede. È giusto chiedere sempre a Dio? Chiedere tanto? Chiedergli di risolvere i nostri problemi? La fede è questo o dovrebbe essere altro? Magari piuttosto “fare la sua volontà”? E Gesù dice: «Venite a me…». Se non comprendiamo cosa ha nel cuore, nascosto ai sapienti e ai dotti, come potremmo pregare con fede o fare la sua volontà?
Preghiamo
I miei occhi sono sempre rivolti al Signore,
è lui che fa uscire dalla rete il mio piede.
Volgiti a me e abbi pietà,
perché sono povero e solo.
Allarga il mio cuore angosciato,
liberami dagli affanni.
(Sal 25,15-17)