Chiunque faccia uso di internet molto probabilmente ha sentito parlare dei blog o ne ha una conoscenza diretta avendone visitato qualcuno e magari essendosi avvalso dei servizi per il suo tramite eventualmente offerti o, caso questo ormai diffuso, ne possiede uno. Il blog è uno specifico strumento di comunicazione telematica, una modalità di comunicazione all’interno di quel potente mezzo di mezzi di comunicazione che è appunto internet. La potenza del mezzo telematico certamente moltiplica i vantaggi e le opportunità, ma moltiplica anche i rischi di prevaricazioni. È una potenza ambigua che può, appunto, essere usata nel rispetto o contro la dignità dell’uomo.
Nella nostra cosiddetta “civiltà dell’informazione” resa possibile grazie al considerevole sviluppo della tecnologia ed in modo particolare della tecnologia informatica, ciascuno può interagire con il mondo. Se tuttavia è vero che internet rende possibile “navigare” in un “mare” di informazioni che non conosce confini (e ciò costituisce un indubbio vantaggio perché il sapere è condizione della consapevolezza delle nostre scelte) è pur vero anche che tra queste informazioni è difficile destreggiarsi e soprattutto non sempre è agevole vagliarne la veridicità. Se oggi assai più di ieri possiamo essere informati ed informare, oggi assai più di ieri possiamo essere ingannati ed ingannare.
Il blog, se usato in modo improprio, ben può configurare profili di responsabilità civile e, in certi casi, anche penale. Indubbiamente il blog è efficace strumento dell’esercizio del diritto di libertà d’espressione, ma questo diritto umano fondamentale non è assoluto perché, un suo abuso, andrebbe a ledere quella stessa dignità umana cui esso è funzionale e della quale esso stesso è espressione. Deve insomma conciliarsi con l’altrettanto fondamentale diritto all’onore (anche detto diritto al decoro, alla reputazione, all’integrità morale) che si declina, ad esempio, nel diritto a non essere diffamati, nel diritto a non essere insultati, nel diritto a non essere calunniati con tutte le conseguenze che la compromissione della propria immagine comporta tanto più se avviene sul web.
Sul piano giuridico, il gestore del blog, cosiddetto blogger, è insomma responsabile di quanto egli stesso posta. Non solo, è altresì responsabile di quanto altri postano sul suo blog e quindi, se si tratta di un post lesivo, è tenuto a risponderne insieme all’autore del post a meno che non dimostri che il post altrui è stato abusivo e comunque abbia provveduto tempestivamente a rimuoverlo non appena sia venuto a conoscenza del suo carattere lesivo.
Peraltro, la Cassazione (Cass. Pen. sez. V, 27-12-2016 n. 54946) ha ritenuto che il gestore del blog (blogger) non possa escludere la propria responsabilità semplicemente “additando” sul suo blog, quale unico responsabile, l’autore del post occorrendo altresì che il blogger si sia fatto parte diligente nel mettere tempestivamente in essere ogni misura atta a por fine all’abuso. Tollerare consapevolmente sul proprio blog un post lesivo di diritti altrui rende insomma il gestore corresponsabile di tale lesione in quanto, pur consapevole della lesione che si attua mediante il suo blog, non solo la mantiene in essere ma fa sì che essa si aggravi sempre più perché la permanenza del post nella piazza del web aumenta in modo esponenziale i soggetti che possano leggerne il contenuto, a maggior ragione poi se si tratta di un blog molto visitato.
La Corte europea dei diritti dell’uomo, con la decisione n. 74742/14 del 9 marzo scorso, ha a sua volta affermato il principio che ciascuno è responsabile di ciò che afferma e quindi lo è anche l’autore di un post ma, se soggetto diverso dal blogger, è responsabile anche quest’ultimo qualora non vigili diligentemente sui contenuti del post ospitato nel proprio blog e se, di conseguenza, non si fa parte attiva per porre tempestivamente rimedio al contenuto lesivo del post. Il fatto che la Corte di Strasburgo abbia, nel caso di specie, respinto la richiesta di condanna del blogger (l’autore del post non è stato individuato) si spiega in considerazione del fatto che egli, nonostante l’ordinaria diligenza, era all’oscuro della natura calunniosa del post e comunque ha provveduto tempestivamente a cancellare il post una volta avvertito dal soggetto calunniato e, il che non guasta, a scusarsi per l’accaduto.