Una prospettiva insieme pastorale e scientifica, per conoscere meglio i nostri adolescenti e per poter, così, promuovere un’azione, appunto, pastorale più attenta e mirata. Questi gli obiettivi che si prefigge l’indagine “Gli adolescenti lombardi e la domanda sul futuro”, i cui esiti, arricchiti dal alcune riflessioni, sono stati appena pubblicati nel 10° volume della Collana “Gli sguardi di Odl”, promossa dagli Oratori delle Diocesi Lombarde con il sostegno di Regione Lombardia.
La ricerca è stata presentata in Arcivescovado a Milano, con la partecipazione di monsignor Maurizio Gervasoni, vescovo di Vigevano e delegato Cel per la Pastorale giovanile regionale, Nando Pagnoncelli, amministratore delegato di Ipsos Italia, l’istituto che ha condotto il lavoro, di don Paolo Arienti del gruppo ricerca Odl; di Matteo Lancini e Riccardo Calandra, dell’Istituto Minotauro, che nel saggio firmano l’approfondimento di taglio psicologico, e di Giorgio Prada, docente della Facoltà di Scienze dell’Educazione Milano-Bicocca, autore della riflessione pedagogica. L’analisi di taglio vocazionale è affidata, nella pubblicazione, a monsignor Marco d’Agostino, rettore del Seminario della diocesi di Cremona.
Gli scopi della ricerca
E proprio da un aspetto di “conoscenza” degli adolescenti, come stringente esigenza pastorale, parte l’intervento di monsignor Gervasoni: «Di fronte a una società che cambia velocemente e a culture che si ibridano è fondamentale interpretare la realtà, lasciandosi anche istruire da essa. Con l’aiuto delle Scienze umane e con la capacità di riflettere su queste indagini, l’intento principale è capire e lasciarci interpellare da un nuovo modello antropologico che ci si presenta per attivare un’azione pastorale precisa. È uno strumento utile per le famiglie, gli educatori e, soprattutto, per le comunità in cui questi giovani vivono».
«L’interlocuzione pedagogica ed ecclesiale che ci ha guidato nasce dalla domanda di come servire al meglio le istanze vocazionali dei nostri ragazzi come scelte di vita. Ci sembra che parlare di vocazioni significhi parlare dell’uomo e del suo profilo. Vi è, poi, un secondo scopo: riuscire a capire di più gli adolescenti per rinominare, a livello terminologico e concettuale, il comparto vocazionale», aggiunge don Arienti.
La pubblicazione, infatti, ricostruisce l’idea che del futuro hanno gli adolescenti nati nel tempo della rivoluzione tecnologica e della lunga crisi economica.
I numeri
Sono stati 608 i nuclei familiari intervistati (direttamente, non per telefono) con figli di età compresa tra i 14 e i 19 anni residenti nelle aree geografiche Pedemontana, provincia di Milano, Bassa Lombardia. Tuttavia, sono stati anche ascoltati genitori e adulti senza figli in età adolescenziale e opinion leader, insegnanti, un educatore, uno psicologo, uno psichiatra e un’allenatrice sportiva. Tutto per capire la percezione di sé dei ragazzi, della famiglia, il rapporto con il mondo adulto e quali sono le prospettive che vedono nel loro futuro
Uno sguardo abbastanza positivo per i valori che esprimono e per il domani che vogliono avere; una discreta fiducia in loro stessi, con un valore medio che, per un punteggio da 1 a 10, esprime un 7,9 come voto medio sulla fiducia. Il 75% degli adolescenti è soddisfatto della propria vita e, anche per il delicato tema dell’aspetto fisico, i ragazzi si accettano (70%).
Se si arriva ai valori, la famiglia tiene saldamente il primo posto, poi, la libertà e l’amicizia, la pace, il lavoro, mentre chiudono la graduatoria, l’impegno sociale, la religione, la castità e la politica «Sono ragazzi meno capaci di cogliere l’appartenenza ampia che non vuol dire che non si impegnino», osserva Pagnoncelli.
Interessante anche il profilo delle figure di riferimento: gli amici che raccolgono un voto pari a 8.1, ma l’importanza dell’amicizia arriva al punteggio di 8.9. «Gli amici sono i più citati dopo la mamma (80- 90%), dal 40% degli intervistati. Il papà è in secondo piano, per cui – continua Pagnoncelli – parliamo di “mamma figura olistica”, che sa ascoltare, accudire, capire, dare consigli, colpisce i figli per quello che dice, ma è anche normativa, occupando gli spazi lasciati liberi dal papà che, solo per un ragazzo su tre, è la figura principale. Un padre che, comunque, è apprezzato per l’impegno, il senso di responsabilità verso la famiglia, il lavoro, ma talora è latitante, percepito come buonista e risulta incapace di essere autorevole».
Papa Francesco prevale, quale riferimento, sugli insegnanti: la Chiesa e il parroco occupano il terz’ultimo posto. In coda, il Comune e lo Stato. Il 31% degli intervistati dice che la Chiesa non è interessata ad ascoltarli, mentre il 39% dichiara che li ascolta. «Sono giovani che non si chiudono in difesa, hanno un pragmatismo che colpisce, ma che rinunciano ai grandi slanci ideali. Slanci che sono più forti se la fiducia nella Chiesa è alta».
Quattro parole le parole che emergono rispetto al futuro: progettualità; cammino che ha molto a che fare con la dimensione esperienziale, impegno che si lega alla dimensione affettiva; sacrificio, che è un poco mitizzato e, talora, foriero di ansie, perché temono di deludere le aspettative – alte – dei genitori. «Per l’82% c’è consapevolezza che le scelte di oggi orienteranno il futuro, due su cinque sono spaventati dal domani, solo uno su quattro rinuncia a priori». Secondo la ricerca, i “pro-attivi” – cioè coloro che hanno idee chiare sul loro futuro sul quale investono – sono il 24%: in genere universitari e liceali, vivono in famiglie di ceto elevato o medio-benestante, sono cattolici e soddisfatti di loro stessi, vivono nei comuni capoluogo di provincia. I più pessimisti, i cosiddetti “spaventati-sfiduciati” cioè coloro che sono talmente preoccupati per il loro futuro da rinunciare a priori a ogni investimento, sono il 14%.