In una mensa aziendale dove si cucina per 200 persone avanza sicuramente il cibo per farne mangiare almeno altre 20 che hanno bisogno. È questa l’idea alla base del progetto «Cibo ancora buono», a cui collaborano a Sesto San Giovanni l’associazione caritativa San Vincenzo e Last minute market, la società spin-off dell’Università di Bologna, nata per recuperare anche il cibo giunto all’ultima fase del suo utilizzo, quella del consumo. A Sesto, ad aprire le porte a chi ha bisogno, è la mensa comunale di via Falck; i cuochi sono quelli di Sodexo, colosso francese della ristorazione. Il risultato è un self-service per lavoratori che ogni giorno è anche mensa dei poveri, senza cambiare alcunché.
Il meccanismo lo spiega Silvana Tondi, responsabile della San Vincenzo sestese: «Dovendo garantire un servizio ai dipendenti comunali, i responsabili sono tenuti a cucinare ogni giorno per tutti i 200 lavoratori che potrebbero venire a mangiare. Naturalmente, però, per diversi motivi, tra i dipendenti c’è chi preferisce non andare in mensa: così quanto viene cucinato è abbondante rispetto alle reali necessità». Ecco spiegato l’avanzo di cibo, che però non viene buttato. Nell’ultima ora di apertura, dalle 14 alle 15 circa, infatti, arrivano i poveri che la San Vincenzo incontra nelle parrocchie, o che vengono indirizzati qui direttamente dai servizi sociali del Comune. «Non viene cucinato nulla in più per loro», precisa Silvana Tondi, perché tutto ciò rientra nella logica di ridurre al minimo qualsiasi spreco che è alla base di tutti i progetti di Last minute market. La scelta di servire quanto è già stato cucinato è, d’altra parte, la carta vincente del progetto anche dal punto di vista economico, visto che nessuno degli attori coinvolti deve impiegare risorse aggiuntive. Anche gli addetti di Sodexo non hanno carichi di lavoro aggiuntivo, perché nell’ultima parte del servizio a distribuire i pasti pensano i volontari della San Vincenzo. Un sistema efficiente, dunque, dove ogni giorno gli ultimi ospiti della mensa devono fare affidamento su quanto non consumato da chi è venuto prima. «Un piatto garantito ogni giorno c’è per tutti», continua Silvana Tondi, tanto che in poco più di due anni gli ospiti in difficoltà sono passati dai cinque iniziali agli oltre venti di oggi, con cinquemila pasti complessivi serviti nel 2013.
Gli aspetti positivi del progetto non si fermano però solo al lato economico. La novità principale è anzi quella di non creare apposta una mensa per chi è in difficoltà, ma di mettere a disposizione servizi già esistenti. «I nostri ospiti entrano in un ambiente già vivo e il momento del pasto diventa anche un’occasione di confronto e di ascolto degli ospiti da parte dei nostri volontari», nota la responsabile della San Vincenzo. Alla mensa, infatti, vengono indirizzate soprattutto persone sole e non autonome nella preparazione dei pasti, seguite anche dalla San Vincenzo anche per altri aspetti, o i senza fissa dimora. Poi ci sono gli alimenti ritirati dai supermercati e dai negozi della zona e distribuiti direttamente alle famiglie, con 25 o 30 borse preparate ogni giorno, e circa 54 mila chili di prodotti alimentari recuperati nell’ultimo anno.
Last minute market, che ha proposto il progetto della mensa «condivisa» al Comune, ha avuto soprattutto il ruolo di definire i protocolli per il corretto trattamento degli alimenti, mentre ora tutto è gestito dagli operatori della San Vincenzo. Così Silvana Tondi lancia un’idea: «Perché non fare lo stesso anche nelle mense delle università?».