- La visita pastorale
La visita pastorale è l’occasione per il vescovo per incontrare ogni comunità e dire: “voi mi state a cuore, io sento responsabilità per voi”. Ma ora si compie nella semplicità di un incontro fraterno: voi mi siete cari. Normalmente la sollecitudine per le diverse comunità è espressa attraverso i preti, i diaconi, gli operatori che ricevono dal vescovo il mandato. Ma oggi sono venuto di persona per dirvi: voi mi state a cuore!
La visita pastorale è anche il momento per dire a ogni comunità parrocchiale e locale: “Voi fate parte della Diocesi”. La singolarità del Santuario di Santa Rita che è anche parrocchia offre una particolare grazia alla Chiesa di Milano e a questo territorio specifico. La Chiesa non è realizzata nella singola parrocchia, ma nella comunità diocesana, nella sua articolazione decanale. Ogni parrocchia trae vantaggio dalla pastorale di insieme a livello decanale, in questo decanato che si è evoluto, che si è ampliato e che si dovrà articolare, che accoglie cristiani provenienti da altre parti del mondo e li sente fratelli e sorelle. Ogni parrocchia e decanato traggono vantaggio dal riferimento alla Diocesi, alle proposte, agli eventi, ai calendari diocesani per condividere lo slancio missionario, le priorità pastorali, la sollecitudine per tutte le Chiese. E la Diocesi ha bisogno di ogni parrocchia, si arricchisce di ogni esperienza e competenza locali. Le dinamiche della Chiesa – santuario e della Chiesa – parrocchia possono aiutare a rendere più ricca la proposta di preghiera liturgica, di spiritualità e di carità; la presenza dei Padri Agostiniani può rendere più qualificata la cura per cammini di conversione e di riflessione teologica. Possono anche darsi momenti di fatiche ad armonizzare i diversi aspetti. Il discernimento del Consiglio Pastorale, il confronto con il Vicario della città e con i servizi diocesani aiuterà a ordinare per il meglio le cose con gli aggiustamenti sapienti che l’esperienza e la sollecitudine per il bene dei fedeli suggeriscono.
La visita pastorale è l’occasione per ascoltare la Parola di Dio e interpretarla come messaggio per noi, oggi (Es 16,2-7°.13b-18; 2Cor 8,7-15; Lc 9,10b-17)
- Un cammino di conversione per quelli che seguono Gesù
La scrittura propone il cammino di conversione dei discepoli di Gesù e chiama anche noi a conversione. Possiamo individuare alcune tappe.
- Ascoltare il bisogno della gente: come nel deserto Mosè e Aronne ascoltano la rabbia, le accuse, le pretese del popolo (tutta la comunità degli Israeliti mormorò contro Mosè e Aronne), così i discepoli raccolgono il bisogno dei cinquemila uomini nel deserto, così Paolo richiama i cristiani di Corinto a rendersi conto dei bisogni delle altre comunità cristiane, specie dei poveri di Gerusalemme. Il primo passo della conversione è ascoltare e comprendere quello di cui hanno bisogno coloro che Gesù ama. Così si pone questa comunità e l’attenzione investita nell’oratorio: “La parrocchia ha cercato di non chiudere gli occhi sulla realtà sociale che la circonda. Chi entra in oratorio si senta accolto, salutato, e conosciuto” (Presentazione della nostra parrocchia al nostro Arcivescovo Mario Delpini, p. 1)
- Vincere la paura. I Dodici ascoltano il bisogno della gente e sono presi da paura: il bisogno è troppo grande, la gente che chiede è troppo numerosa. Se dovessimo dare ascolto a tutti saremmo schiacciati dall’enormità. Ma Gesù invita: voi stessi date da mangiare. Non scappate, non girate la testa dall’altra parte. Date il poco che avete: il vostro poco pane, la vostra poca parola buona, il vostro poco tempo, la vostra poca fede: non abbiamo che cinque pani e due pesci.
- Mettersi a servizio di Gesù, accogliere la sua parola: li dava ai discepoli perché li distribuissero. I discepoli offrono quel poco che possono, ma sono disponibili a servire il desiderio di Gesù di offrire a tutti di mangiare a sazietà. Vivere per servire, per condividere.
- La comunità che si raduna per lo spezzare del pane. Dall’elemosina alla reciprocità, dal “dare il pane” allo spezzare il pane intorno alla stessa mensa. Il servizio che Gesù offre si esprime anche nel “pronto soccorso”, nell’aiuto concreto e immediato, ma tende a formare una comunità in cui i doni sono condivisi e si formi una comunione: per il momento la vostra abbondanza supplisca alla loro indigenza, perché anche la loro abbondanza supplisca alla vostra indigenza, raccomanda Paolo ai cristiani di Corinto. La celebrazione liturgica è principio e criterio di questa condivisione: “La sensazione generale è che molti fedeli abbiano ancora un approccio abbastanza individuale alla messa, poco comunitario” (ib 3).
La visita pastorale può essere l’occasione per lasciarsi istruire dalla parola del Signore annunciata in questa celebrazione per indicare su quale via il Signore ci raccomanda di camminare.
La situazione ci chiama ad ascoltare: i cristiani hanno una responsabilità per il loro tempo e per la loro città. Quali sono i bisogni della gente che sta intorno a noi? Che cosa ci chiedono? Ci sono anche bisogno più profondi che non diventano richiesta?
Il Signore ci invita a passare dalla paura alla docilità alla sua parola: l’ascolto del suo insegnamento non è solo una rivelazione di una nuova dottrina, di un aggiornamento della legge. Piuttosto è ricevere l’indicazione di un cammino.
L’atteggiamento è quello del servizio: è un modo di concepire la vita, non solo uno slancio di generosità in un momento di emergenza. La comunità cristiana accoglie le persone che chiedono, cerca le persone che non chiedono, ma hanno bisogno di fede, di compagnia, di gioia.
Il servizio offre non solo delle cose per colmare un bisogno, ma invita a entrare in una comunità di condivisione, di corresponsabilità, che si riconosce per lo spezzare del pane che è condivisione reciproca, ma diventa comunione con Gesù. Il pane che sfama diventa l’eucaristia, il pane della vita eterna.
Ascoltare la gente, ascoltare Gesù
Mettersi a servizio nel nome di Gesù
Edificare la comunione intorno a Gesù.