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Testimonianze

Storia di una mamma e di un bimbo che non doveva nascere

Valentina pensava di non poter tenere il suo bambino, schiacciata dal peso delle difficoltà economiche. Invece aveva solo bisogno di essere accolta, ascoltata e sostenuta. Oggi, grazie al Centro di Ambrosiano di Aiuto alla Vita (CAV), lei e Domenico ringraziano ogni giorno di poter stringere fra le braccia il loro piccolo Diego

29 Gennaio 2014

«La nostra storia inizia con una telefonata al Centro Ambrosiano di Aiuto alla Vita, ben 16 mesi fa. In quel momento eravamo decisi a non portare avanti la gravidanza. Il centralino ci fissò un colloquio e fu per noi una vera fortuna, lo pensiamo ogni volta che guardiamo il nostro bimbo, che ci dà una felicità immensa ogni giorno».

Questa è la storia di Valentina, 35 anni, una figlia di 10 che sta crescendo da sola perché il padre della bimba se ne è andato e non paga gli alimenti; un lavoro a tempo indeterminato; un mutuo e un’operazione in seguito alla quale, le dicono, non può più avere figli. Valentina ha anche una relazione con un collega, Domenico, e accade l’inaspettato: si ritrova incinta. I due ne parlano e decidono di non proseguire con la gravidanza: troppe le difficoltà economiche e le incognite da affrontare.

Quando emergono i primi dubbi, e Valentina inizia a dire che «forse questo bimbo non è per caso», è Domenico a telefonare al numero verde SOS Vita, ed è lui che viene ricontattato per il primo appuntamento. Valentina si presenta avendo già in mano la certificazione per effettuare l’IVG (interruzione volontaria di gravidanza) e, dopo più di un’ora di colloquio, esce affermando di essere convinta a proseguire con l’IVG. Solo successivamente, in ospedale, Valentina ripensa al colloquio, cambia idea e ritorna al CAV.

Iniziano nove mesi sulle montagne russe: la macchia da cambiare, una multa per una rata del mutuo non pagata, la figlia che deve mettere l’apparecchio per i denti, la perdita del posto di lavoro, una presunta malformazione del feto diagnosticata con l’ecografia morfologica (ma smentita subito dopo), l’inizio della convivenza con Domenico.

«Valentina non ha avuto accesso a nessun aiuto economico» commenta Elisabetta, l’assistente sociale del CAV Ambrosiano, «ma con lei siamo riusciti a comprendere che il vero nodo da affrontare non era solo la difficoltà economica, il vero problema era che lei si sentiva tremendamente sola, incapace di portare avanti la gravidanza. Le abbiamo offerto prima di tutto “ascolto” e considerazione di sé come donna, come persona che può trovarsi in un momento di difficoltà e avere bisogno di qualcuno vicino. In questo modo le abbiamo dato la possibilità di fare una scelta – una sua scelta – in modo consapevole. Si è creato uno spazio di riflessione che l’ha aiutata a capire cosa davvero voleva fare, al di là di tutte le sue paure e del vissuto precedente. La cosa che ci commuove è che Valentina ha capito il valore del suo percorso, di questo continua a essere grata».

Lo leggiamo anche in una lettera che Valentina ha voluto inviare al CAV Ambrosiano: «La nascita di Diego è stata la gioia più grande, stringere tra le braccia quel meraviglioso angioletto in ospedale ci ha riempito il cuore di gioia e ci ha fatto ricordare con un sorriso le perplessità e i dubbi. Le emozioni che adesso riceviamo ci fanno ricordare tutti il suo prezioso aiuto».

«Chi salva una vita, salva il mondo», recitava il Talmud. Chi accoglie una mamma, salva un bambino, potrebbero dire gli operatori del CAV Ambrosiano.