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Sirio 09 - 15 dicembre 2024
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Ospedale San Paolo

Il Cav sul bimbo abbandonato in ospedale

Il presidente Giulio Boati: «Lavorare su mamme e famiglie per garantire un futuro a tutti. Noi in prima linea in difesa della vita, ma da soli non possiamo farcela»

15 Dicembre 2011

Complice forse l’avvicinarsi delle festività natalizie larga eco ha avuto la notizia dell’abbandono da parte di una donna straniera del proprio bambino subito dopo il parto all’ospedale San Paolo di Milano. Un evento che riguarda circa 400 bambini all’anno in tutta Italia e una trentina nella sola provincia di Milano e che, se da un lato separa un figlio dalla madre, permette di assicurare un futuro al bambino evitando di aumentare il numero delle interruzioni volontarie di gravidanza.

«Il problema – spiega Giulio Boati, presidente del Cav Ambrosiano di Milano -, è che non esiste nessun sostegno per chi, senza un adeguato contorno famigliare, accetta di portare a termine una gravidanza. Trova solo difficoltà: case a costi impossibili e asili nido inesistenti o troppo cari, talvolta perdita di lavoro, anche derisione. In questi casi, spesso, riesce a intervenire solo il privato sociale».

Ascoltare. Dare conforto. Garantire vicinanza. Lavorare su un progetto di vita mettendo in secondo piano le difficoltà economiche e burocratiche. Con la consapevolezza che le difficoltà esterne, per quanto gravi e difficili, da sole non riescono a condizionare una scelta così difficile come quella dell’interruzione di gravidanza. «Chi si rivolge a noi – spiega Boati – e sono centinaia all’anno, ha soprattutto bisogno di vicinanza. Per questo, se da un lato attiviamo aiuti concreti (pacco spesa, colloqui di sostegno per capire se può accedere ad altri servizi, visite mediche, informazioni su corsi preparto, colloqui di lavoro), dall’altro cerchiamo di capire di cosa queste persone hanno veramente bisogno. L’aiuto materiale è necessario per dare sollievo alla persona che si può così concentrare solo sulla gravidanza senza più doversi preoccupare di come farà a mangiare».

Un aspetto del lavoro è fondamentale perché gli aiuti materiali, per quanto necessari, prima o poi finiscono, mentre se si lavora su se stessi si è poi in grado di affrontare il futuro con serenità. «Noi lavoriamo moltissimo sull’ascolto – continua Boati -, cercando di far focalizzare l’attenzione delle mamme solo sul proprio bambino, lavorando sulle emozioni, sui sentimenti, sul senso materno che c’è e che va sostenuto. Quello che noi ripetiamo insistentemente è che “se hai voglia puoi”».

Lo sforzo del Cav Ambrosiano per farsi conoscere e poter mettere le poche risorse che ha a disposizione di chi ha più bisogno, parte da un volantino multilingue distribuito ovunque. Si fa poi propaganda su radio locali in lingua spagnola, si cercano contatti con la comunità araba. Ma c’è ancora tanta strada da percorrere per raggiungere le donne straniere che, attuamente, sono la fascia debole della nostra società.

«Il Cav Ambrosiano fa quel che può con i suoi volontari e suoi benefattori – conclude Boati -. Ma non basta. Quello che deve crescere è un rapporto stretto e continuo col servizio pubblico e con un ambito politico attento al valore della vita umana che possono dare continuità e stabilità alle iniziative di frontiera del volontariato».