Una trasformazione epocale, a buon titolo definita “rivoluzione”. È quanto vive il mondo del lavoro nell’epoca delle macchine intelligenti, dell’interconnessione tra sistemi fisici e digitali, del web. E proprio il racconto delle trasformazioni del mondo del lavoro è una delle piste su cui si muove la preparazione alla 48ª Settimana sociale dei cattolici italiani (Cagliari, 26-29 ottobre 2017), dedicata a “Il lavoro che vogliamo. Libero, creativo, partecipativo, solidale”. Dopo la denuncia delle «situazioni più gravi e inaccettabili: sfruttamento, lavoro nero, insicurezza, disuguaglianza, disoccupazione – specie al Sud e tra i giovani – e problematiche legate al mondo dei migranti», e prima ancora dell’esemplarità di «tante buone pratiche che, a livello aziendale, territoriale e istituzionale, stanno già offrendo nuove soluzioni ai problemi del lavoro e dell’occupazione», la “Lettera d’invito” diffusa dal Comitato organizzatore, che ha aperto il cammino verso l’appuntamento ecclesiale di Cagliari, pone l’esigenza di «raccontare il lavoro nelle sue profonde trasformazioni» e interrogarsi «sul suo senso nel contesto attuale».
Flessibilità, velocità, produttività, qualità e competitività sono i benefici attesi dall’utilizzo delle nuove tecnologie nel lavoro, grazie a intelligenza artificiale, nanotecnologie, biotecnologie e digitale. È la quarta rivoluzione industriale, chiamata – nel gergo digitale – “Industria 4.0”.
Un piano nazionale
Per rilanciare la competitività delle imprese, lo scorso settembre il Ministro dello sviluppo economico, Carlo Calenda, ha presentato il piano “Industria 4.0”. Previste forme di sostegno finanziario e fiscale alle imprese che innoveranno i loro processi produttivi, con forme di partenariato pubblico-privato: a fronte di 13 milioni stanziati dallo Stato, obiettivo del Governo – ha dichiarato Calenda – è di mobilitare nel 2017 investimenti privati per più di 10 miliardi, incrementare la spesa privata aggiuntiva per la ricerca e sviluppo di 11,3 miliardi nel periodo 2017-2020 e far aumentare di 2,6 miliardi gli investimenti privati in capitale di rischio, per un totale di 24 miliardi.
Smart working
Altro elemento di questa rivoluzione industriale, reso possibile in buona parte grazie a Internet (pur con il difetto di una possibile compressione del tempo extra-lavorativo a motivo dell’essere sempre connessi), è lo smart working, il cosiddetto lavoro agile. «Non sarà più il “cartellino” a stabilire se si è lavorato o meno, perché orario, luogo e mansioni non sono più criteri di misurazione nel lavoro 4.0», scrive padre Francesco Occhetta sull’ultimo numero de La Civiltà Cattolica, aggiungendo che «il lavoro agile non è semplicemente lavorare a casa, ma consiste nell’orientare la prestazione al risultato e non “al tempo”, garantire che il lavoratore cresca nella conoscenza, proteggere il professionista indipendente». È, insomma, «una forma di lavoro nuova che non può essere ricondotta agli schemi giuridici tradizionali», richiedendo «un salto concettuale in base all’idea di “lavoratore” in quanto tale, e non in quanto dipendente, autonomo o precario».
Agricoltura 4.0
La rivoluzione 4.0 non si limita all’industria o al comparto dei servizi, ma interessa tutto il sistema produttivo, con una particolare attenzione per l’agricoltura, cui sempre più giovani guardano con interesse, tanto che nella prima metà del 2016 l’occupazione giovanile in agricoltura è cresciuta dell’11,3% in Italia e addirittura del 12,9% al Sud (fonte: Rapporto Ismea-Svimez sull’agricoltura del Mezzogiorno, dicembre 2016). Ma tradizione e innovazione camminano di pari passo, dalla coltivazione della terra alla vendita dei prodotti. «La grande partita che deve giocare l’agricoltura, tanto italiana quanto mondiale, passa per l’unione di tecnologia e sostenibilità», sostiene il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, Maurizio Martina, invocando «una nuova rivoluzione ecologica e digitale». Anche nei campi crescono professioni qualificate, in grado di creare sviluppo stando al passo con i tempi.