Meraviglia attesa, eppur sempre nuova. La luce mattutina accarezza la volta del presbiterio, e i colori si accendono, i volti si illuminano, mentre ovunque sembrano risuonare voci e musiche celestiali. Con viole e cembali tra le mani, accoccolati su nuvole gonfie come sacchi di cotone, gli angeli accompagnano giubilanti l’ascesa di Maria. In un frullar d’ali che è parte, esso stesso, della divina sinfonia: vento gentile, soffio d’amore.
Santa Maria degli Angeli, la chiesa dei frati minori francescani di Milano, a tutti nota come “Sant’Angelo”, è uno straordinario tempio di arte e fede. Una vera galleria della pittura lombarda fra manierismo e ultimo barocco, dove l’arte colta e raffinata si incontra armoniosamente con testimonianze più semplici, per raccontare, secondo il vivace gusto dei discepoli del Poverello d’Assisi, i grandi misteri della fede e i prodigi quotidiani di una vita vissuta all’insegna del Vangelo.
La chiesa di Sant’Angelo s’affaccia su un’alberata piazzetta, che proprio il lunedì di Pasqua con il mercato dei fiori si anima in una grande festa di colori e profumi. Fu eretta a metà del Cinquecento con il patrocinio del governatore Ferrante Gonzaga, che intendeva così offrire ai frati di san Francesco una nuova sede, dopo che il loro antico convento era stata demolito in seguito all’ampliamento delle fortificazioni della città. Autore del progetto fu l’architetto Domenico Giunti (lo stesso, paradossalmente, che si era occupato della costruzione dei bastioni spagnoli…), che concepì un edificio a croce latina a una sola navata coperta da volta a botte, terminante in un grande coro rettangolare sopraelevato.
La facciata, pulita ed essenziale, si deve invece a un seguace dell’Alessi, e fu completata attorno al 1630 con l’inserimento di statue di Gerolamo Prestinari, uno scultore attivo anche nel cantiere del Sacro Monte di Varese. Proprio la presenza, in fase progettuale, di scuole diverse, conferisce alla chiesa di Sant’Angelo un aspetto architettonicamente particolare, dove a soluzioni di gusto toscano si affiancano elementi tipicamente ambrosiani.
L’interno è vasto e di classica solennità, ancora memore della lezione rinascimentale di Bramante. Lungo le navate si aprono una serie di cappelle gentilizie (ma anche di varie corporazioni e patronati), le cui ricche decorazioni permettono a chi visita la chiesa francescana di compiere un singolare excursus nell’arte milanese fra XVI e XIX secolo, oggi ancor più apprezzabile grazie ai recenti restauri (se le luci sono spente ci si può rivolgere al sacrestano e ai frati stessi, che ben volentieri, se non sono in corso le celebrazioni religiose, mostrano i capolavori della loro chiesa).
Nella prima cappella a destra, ad esempio, vi sono tele e affreschi di Antonio Campi, realizzati attorno al 1584, il cui senso di rottura col mondo accademico dell’epoca sembra già anticipare i giochi di luce del Caravaggio, tanto da far pensare a un’influenza diretta sul giovanissimo Michelangelo Merisi, allora allievo a Milano del Peterzano (anch’egli, del resto, lavorò proprio in questo luogo).
La cappella successiva è ornata di una splendida tela del Morazzone, raffigurante l’Estasi di san Carlo: la pala fu dipinta nel 1611, quindi subito dopo la canonizzazione del Borromeo, e si impone all’attenzione per la sua altissima qualità pittorica e per il disegno vivace, quasi nervoso, unito a una rigorosa eleganza stilistica.
Decisamente più “discorsivo”, invece, è il carattere degli affreschi databili agli ultimissimi anni del Cinquecento che nella terza cappella illustrano le storie di san Francesco, opera di Giovan Mauro e di Giovan Battista della Rovere, detti i Fiammenghini: un ciclo che si colloca nella tradizione della cultura lombarda cresciuta alla scuola di Gaudenzio Ferrari e che, fedele ai precetti del Concilio di Trento in tema di immagini sacre, punta a una rappresentazione di facile lettura, dove anche l’evento soprannaturale diviene fatto di immediata comprensione, senza tuttavia perdere il suo aspetto sacro e straordinario.
Gli scenografici affreschi del presbiterio, a cui si accennava all’inizio, sono invece opera del talento pittorico di Camillo Procaccini, attivo in Sant’Angelo nei primissimi anni del Seicento, che qui dimostra, come notavano i critici del tempo, la sua «facilità meravigliosa d’ingegno e di pennello». Figure “leggere”, fiabesche, persino, come fatte della materia dei sogni. Quei sogni profetici che visitarono le notti del patriarca Giacobbe e del docile Giuseppe.
Pubblicata la nuova guida
Per scoprire la storia e il patrimonio artistico della chiesa di Sant’Angelo in Milano è oggi disponibile una nuova guida, pubblicata da Edizioni Biblioteca Francescana (136 pagine, 12 euro).
Curato da Rosa Giorgi, storica dell’arte e direttrice del Museo dei Cappuccini di Milano, il volume è corredato da un ricco apparato di immagini, appositamente realizzate dal fotografo Max Mandel. L’itinerario di visita proposto è chiaro ed esauriente, e i numerosi approfondimenti aiutano a conoscere non solo gli artisti che nei secoli hanno lavorato in questa chiesa, ma anche le diverse attività sociali e culturali che sono nate attorno alla comunità francescana.
La guida è disponibile presso la chiesa stessa di Sant’Angelo e nelle librerie, oppure sul sito: www.bibliotecafrancescana.it