UNA CITTÀ IN CUI CHI È RICCO, O COMUNQUE BENESTANTE, GODE DI CRESCENTI AGI, GLI ALTRI SI ARRANGINO
Una mobilitazione di professionalità, di energie, di risorse, di voglia di fare è in sé una manna. Il fatto è che ogni fenomeno, di suo, è complesso. Il bianco e il nero, l’asse del bene e quello del male, appartengono a un linguaggio semplificato, ormai logoro anche per la propaganda più spicciola e corriva.
Accanto alla comprensibile soddisfazione perché «finalmente ci si dà da fare», l’economia tira, il mattone e il cemento corrono, esiste un’altra Milano, che rappresenta l’attuale tessuto sociale connettivo della città: i ceti medi sono sempre più poveri e nulla fa intravedere opportunità che la tendenza si inverta; i giovani se ne vanno perché Milano non se la possono più permettere, a meno che siano le famiglie d’origine a garantire almeno la casa; gli italiani che non vogliono più fare certi mestieri richiamano immigrati a frotte; gli anziani aumentano di numero; cresce il popolo delle badanti che lavorano per mantenere figli e mariti ai loro Paesi e, spesso, finiscono per determinare crisi e moltiplicazioni di nuclei familiari: il disfacimento di quello che hanno lasciato e la creazione di loro nuove convivenze, qui. Realtà planetaria che ci fa comodo non vedere, mentre raccomandiamo il valore e i fondamenti della famiglia per noi.
Lo scenario è quello di una città in cui chi è ricco, o comunque benestante, gode di crescenti agi. Gli altri, si arrangino. O, meglio: per coloro che vogliono resistere o sono costretti a restare non rimane che attendere che il Comune batta cassa a Roma, in cerca di risorse per l’edilizia pubblica che non riesce a pianificare e a reperire in proprio in maniera sufficiente. Oppure sperare che istituzioni gloriose e meritorie come la Fondazione Cariplo, incrementino l’unica novità di cui per fortuna si sono esse rese protagoniste: l’housing sociale.
Intanto si aspetta che prenda forma il profilo della terza Milano. La vera incognita, coloro che disporranno di mezzi per andare ad abitare i grattacieli nella ex Fiera (tipico esempio di una città che spreme l’edificabilità delle aree, erige monumenti alla modernità – peraltro in ritardo rispetto ad altre parti del mondo – e non ha in mente un progetto complessivo), i quartieri a 7 stelle oltre Porta Vittoria, le tante altre realtà residenziali che gruppi privati stanno ristrutturando chiavi-in-mano.
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