Bar 1, 15a; 2, 9-15a; Sal 105 (106); Rm 7, 1-6a; Gv 8, 1-11
«Noi abbiamo peccato, siamo stati empi, siamo stati ingiusti, Signore, nostro Dio, verso tutti i tuoi comandamenti. Allontana da noi la tua collera, perché siamo rimasti pochi in mezzo alle nazioni fra le quali tu ci hai dispersi. Ascolta, Signore, la nostra preghiera, la nostra supplica, liberaci per il tuo amore e facci trovare grazia davanti a coloro che ci hanno deportati, perché tutta la terra sappia che tu sei il Signore, nostro Dio». (Bar 2,12-15)
Il popolo di Israele è consapevole del peccato che ha commesso. Ciò non gli impedisce, però, di rivolgersi al Signore, poiché capisce che Lui è più grande delle scelte operate dagli esseri umani. Il peccato commesso non ha l’ultima parola, ma viene trasformato per aprirsi a un’altra parola, quella della preghiera fiduciosa. Questo passaggio è possibile nella misura in cui si riconosce che il peccato sminuisce chi lo commette e si ripercuote su tutti gli esseri umani, pertanto la richiesta di perdono non vuole ristabilire il benessere per sé, ma il perdono elargito dal Signore andrà a beneficio di «tutta la terra». La consapevolezza del popolo di Israele e la sua capacità di trasformare il peccato in richiesta di perdono e in preghiera per tutti può diventare la dinamica da applicare a ogni situazione.
Preghiamo
Si ricordò della sua alleanza con loro
e si mosse a compassione, per il suo grande amore.
Salvaci, Signore Dio nostro, radunaci dalle genti,
perché ringraziamo il tuo nome santo.
dal Salmo 105 (106)