di Luca Frigerio
Bagliori e lame di luce, nere nuvole dai contorni iridescenti. Il sole tramonta improvviso, quasi inghiottito dalle alte cime che abbracciano la Val Camonica. E mentre la terra s’ammanta d’ombra e malinconia, lo sguardo cerca il chiarore del cielo, scosso da un’ultima esplosione di colori… E finalmente capiamo.
Capiamo quale fascino avvince da sempre le genti di questa valle.
Capiamo la magia e la forza che si sprigionano dalle pietre di quassù, istoriate da mani antichissime, cosparse da tracce senza tempo.
E, soprattutto, capiamo la bellezza nascosta e ribelle di una terra a volte offesa, ai nostri giorni, da progetti folli di catrame e cemento.
Come due sentinelle, silenziose, ieratiche, la pieve di San Siro e il monastero di San Salvatore vegliano dalle opposte sponde del fiume Oglio, nel territorio di Capo di Ponte. Ed è sorpresa nella sorpresa, meraviglia nella meraviglia.
Luoghi d’incanto, che raccontano di una fede profonda, di un’arte sapiente. Gemme purissime d’architettura romanica, che si scoprono, come nella parabola evangelica, nel campo che non t’aspetti.
E che per questo ci paiono ancora più preziose.
La pieve di San Siro è da secoli punto di riferimento e compagna per i viandanti che percorrono la Val Camonica. Le sue absidi solide e slanciate svettano su uno sperone di roccia con imperturbabile fierezza.
La si contempla da lontano, dal basso, e sembra inavvicinabile, inattaccabile.
Per raggiungerla si deve allora salire di lato, perdendola di vista, tra i massi incisi dai Camuni e il bosco della montagna.
Ma infine rieccola, la chiesa antica, affacciata sulla valle come in attesa paziente. Tutt’attorno si respira un’aria di rarefatta suggestione.
Questo luogo è sacro da sempre: lo era per gli uomini dell’età del bronzo, lo fu per i romani, lo divenne per i primi cristiani. E chi decise di erigere proprio qui la chiesa di San Siro, tra l’XI e il XII secolo, volle dare continuità, consapevolmente, a una tradizione plurimillenaria.
continua…