At 6,8-15; Sal 26(27); Gv 6,16-21
“Sono io, non abbiate paura!”. Allora vollero prenderlo sulla barca… (Gv 6,20ss)
La grazia, la potenza, la sapienza e lo spirito di Stefano assomigliano ad una tempesta cui il vecchio culto(sinagoga e tempio) non può resistere. Invece di riconoscere la riva di approdo dell’ antica alleanza, si accusa Stefano di bestemmia: come il Maestro, così il discepolo (Mt 26,65). Anche gli apostoli, con la loro esperienza marinara e la forza delle loro braccia, cercano di giungere all’altra riva. E’ notte, c’è vento forte, il mare è agitato. L’esperienza e le braccia non bastano, così come non sarebbero bastati duecento denari di pane. In poche ore due situazioni di inadeguatezza. Il monte, il cibo che sazia, il passaggio sul mare, tutto ciò ricorda la pasqua dei giudei (Gv 6,4). La pasqua (passaggio) di un Dio che vede la miseria, ode il grido, conosce la sofferenza (Es 3,7). Gesù dichiara di essere quel Dio (“Io sono” traduce, in greco, il nome che viene dal roveto: Es 3,14). Gesù ci da l’unico pane che sazia e attraversa per noi, di notte, il mare in tempesta; chiede posto sulla nostra barca. Appena lui sale, tocchiamo riva. E’ lui l’approdo, è lui l’altra riva.
Preghiamo
Quando mi assalgono i malvagi
per divorarmi la carne,
sono essi, avversari e nemici,
a inciampare e cadere.
(dal salmo 26)