Is 8,23b-9.6a; Sal 95 (96); Ebr 1,1-8a; Lc 2,1-14
«Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c’era posto per loro nell’albergo». (Lc 2,7)
Nella povertà delle cose, uno sguardo “superficiale” non riesce a cogliere come una mangiatoia, inadatta per un neonato, possa divenire una culla, luogo di una affettuosa e delicata cura materna sufficiente per appagare il bisogno del Figlio e il desiderio di una Madre che il figlio possa essere accolto dal mondo degli uomini. Nella nostra povera quotidianità, il nostro sguardo è “superficiale” ogni volta che non riconosce che nell’aver cura dell’altro non contano le cose o il gesto ma l’intenzione che sta dietro. Davanti alla grotta, rifugio fortuito di una famiglia, che non trova posto nella città, ma nella povertà non manca di nulla, indugiamo come i pastori che in questa povertà riconoscono Dio.
Preghiamo
Signore Dio nostro, tu non hai voluto abitare solo in cielo, ma anche con noi sulla Terra. Tu non hai voluto essere solo l’Al-tissimo, ma ti sei abbassato e hai voluto essere piccolo come noi. Tu non hai voluto solo regnare, ma anche servirci. Tu non hai voluto essere solo Dio eterno, ma hai voluto nascere, vivere e morire come uomo.
(Karl Barth)