LUNEDì 9 MAGGIO
Ct 5,2a.5-6b / Sal 41 (42); 1Cor 10,23.27-33; Mt 9,14-15
«Gesù disse loro: “Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto finché lo sposo è con loro? Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto, e allora digiuneranno”». (Mt 9,15)
Gesù è lo sposo e i suoi discepoli non possono che gioire e far festa per la sua presenza. Il digiuno, infatti, era riservato al solo giorno dell’espiazione oppure a quelli del lutto. Gesù non disdegna una vita sobria ed essenziale, non condanna la vita ascetica ma sottolinea che il dono della fede fa del discepolo un uomo contento e chi sta con lui non ha nulla da temere e nulla da perdere. Lui è la pienezza che colma ogni vuoto e che dà entusiasmo alla vita. Con lui diventiamo capaci di speranza.
In questo modo si può cogliere il senso che i profeti davano al digiuno: non c’è digiuno più gradito a Dio di quello di chi si prende cura dei poveri, difende le vittime innocenti, cura chi è ferito e consola chi è nella solitudine. E Gesù, in polemica con i farisei che lo contestavano, riprende l’insegnamento dei profeti e dichiara: «Se aveste compreso che cosa significhi: Misericordia io voglio e non sacrifici, non avreste condannato persone senza colpa» (Mt 12,7). La comunione con Gesù ci renda operatori di misericordia!
Preghiamo
Insegnaci, Signore, a non giudicare nessuno,
a non escludere nessuno.
La gioia di stare con te
ci renda capaci di un fraterno per il nostro prossimo.
[da: La Parola ogni giorno. La sapienza è uno spirito che ama l’uomo, Pasqua 2016, Centro Ambrosiano, Milano]