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Università

Cattolica, costruire futuro insieme

L’inaugurazione dell’anno accademico preceduta dalla Messa in Sant’Ambrogio e conclusa con il conferimento della laurea “honoris causa” al cardinale Ravasi

di Annamaria Braccini

23 Novembre 2022
Il conferimento della laurea al cardinale Ravasi

«La serietà degli studi è, oggi, la linea della trincea», sulla quale un’Università come quella dei cattolici italiani si pone «riaffermando la sua identità basata su precisi valori e principi» e creando, quindi «comunità». Specie, attualmente, dove «la solidità sociale dell’Ateneo, sintesi di tradizione e autorevolezza, è rappresentata esteriormente dal suo essere uno spazio fisico», mentre «questa dimensione istituzionale, nelle sue molteplici accezioni e funzioni, appare oggi messa in discussione con la dematerializzazione e la delocalizzazione della didattica».

A lanciare questo allarme è stato il rettore della Cattolica Franco Anelli, nel suo discorso per l’inaugurazione dell’Anno accademico 2022-2023, resa ancora più significativo dal conferimento della Laurea honoris causa in Scienze dell’Antichità al cardinale Gianfranco Ravasi, presidente emerito del Pontificio consiglio della Cultura e presidente della Pontificia commissione di Archeologia sacra.

Una mattinata intensa, iniziata nella Basilica di Sant’Ambrogio con la celebrazione presieduta dall’Arcivescovo e concelebrata dall’Assistente generale dell’Ateneo monsignor Claudio Giuliodori, dall’abate di Sant’Ambrogio monsignor Carlo Faccendini e da una quindicina di sacerdoti legati al mondo universitario. Poi la solenne inaugurazione vera e propria in un’Aula Magna gremita, dove a prendere la parola per prima è stata il ministro per l’Università e la Ricerca Annamaria Bernini, che ha ricordato come «ci aspetti un anno pieno di sfide per l’università e l’istruzione». Tema rispetto al quale il discorso del Rettore è parsa un’immediata risposta.

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La Cattolica: vocazione e innovazione   

Anelli, infatti, ha sottolineato il raggiungimento di alcuni prestigiosi traguardi, come «la grande innovazione nell’offerta formativa, nella salvaguardia del diritto allo studio sostenuto per 9000 studenti, sotto varie forme, con interventi pari a 22 milioni di euro, cioè il doppio di quanto messo a disposizione dalle strutture pubbliche». E, ancora, l’avvio di temi privilegiati su cui puntare come «Fiducia nella scienza e Diseguaglianze»; l’apertura del cantiere della caserma Sant’Ambrogio che diventerà un’ulteriore sede dell’Ateneo; 128 corsi di laurea (23 dei quali in lingua inglese); l’aumento delle immatricolazioni; l’internazionalizzazione: tutti indicatori che hanno portato la Cattolica, negli ultimi tre anni, a scalare 300 posizioni nel cosiddetto ranking Shangai. Insomma, un bilancio estremamente positivo, di fronte al quale, tuttavia, per il Rettore occorre sempre anteporre la vera funzione di communitas dell’Università: «Le università producono capitale umano perché sono, o nella misura in cui riescono a essere, giacimenti di capitale umano, quello dei docenti e degli studenti: l’università dematerializzata non ha un luogo, non ha un corpo docente, bensì una serie di conferenzieri, e non ha una comunità di studenti in dialogo tra loro e con i docenti».

Cammino comune, speranza condivisa

Parole cui ha fatto eco l’Arcivescovo nel suo saluto (leggi qui), nella sua veste di presidente dell’Istituto di Studi Superiori “Giuseppe Toniolo”:

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«L’università è un luogo di lavoro – ha ricordato -. Custodiamo il passato come una inesauribile risorsa per il futuro, inesauribile risorsa di metafore per andare oltre la banalità, di spunti per un senso critico, inesauribile risorsa di saggezza. Curiamo tutte le specializzazioni che competono come strumenti per la formazione di persone che dovranno abitare il futuro e assumersi la responsabilità della loro famiglia, della loro professione, del loro Paese. Abiteranno il futuro, non solo applicando quanto hanno imparato per far funzionare il sistema, ma anche per rilevare i limiti del sistema politico, economico, finanziario, sociale. Siamo fieri di essere un’Università non astratta, ma libera e non funzionale al sistema. Abiteranno il futuro e lo renderanno abitabile perché hanno imparato che ci sono buone ragioni per fidarsi di Dio, per aver stima di se stessi e degli altri, per riconoscere la vocazione del’umanità alla fraternità, per tenere viva una attitudine alla compassione e alla benevolenza verso coloro che sono in condizioni di maggior fragilità e povertà. Questo è il lavoro che compete a questa Università. Questo è un luogo di lavoro e il nostro lavoro è il futuro».

E se «la vocazione è comune», anche il cammino lo deve essere «e la speranza deve essere condivisa», per questa «strana materia, responsabilità irrinunciabile, che è il lavoro per costruire futuro».

Da sinistra, il cardinale Ravasi, il rettore Anelli, l’Arcivescovo e monsignor Giuliodori

Il saluto del Sindaco

Poi è stata la volta del sindaco Beppe Sala: «In questo momento storico la nostra città è chiamata a guidare una ripresa che non può fare a nemmeno del contributo del mondo universitario: basti pensare ai suoi 220 mila studenti, un numero simile a Parigi. Il ruolo del mondo accademico è fondamentale anche per l’attrattività internazionale di Milano, che significa reputazione costruita nel tempo e nuove possibilità di lavoro. La Cattolica partecipa da protagonista in tutto questo, ma il suo ruolo va ben al di là per ciò che rappresenta per la città che sta cambiando volto, ma i cui mutamenti non sono nulla senza una visione consapevole del futuro, se non c’è crescita morale e civile, senza un’anima».

La Prolusione di Ravasi

Infine, il conferimento della laurea al cardinale Ravasi per i suoi straordinari meriti di studioso e di divulgatore, che ha tenuto la Prolusione dedicata a «Cosa hanno in comune Gerusalemme e Atene? L’umanesimo cristiano antico». «Raccogliere e verificare la grandiosa eredità dell’umanesimo classico, espressa dalla molteplicità dei suoi valori, può essere la base generativa di un nuovo umanesimo integrale. È la necessità di custodire e rinnovare un progetto che è capace di includere immanenza e trascendenza, fisica e metafisica, contingenza e ontologia, natura e umanità, esistenza ed essenza, persona e relazione, ragione e fede, mistero e rivelazione, intelletto e sensi, certezza e interrogazione, male e bene, colpa e virtù, vita e morte. Noi dobbiamo imparare a camminare sul crinale nella realtà cristiana, ma anche a guardare nell’altro versante», ha concluso il Cardinale, che ha definito il riconoscimento ricevuto dalla Cattolica «un suggello del mio percorso accademico e dei miei 80 anni».

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Il dono dell’umiltà

Si è chiusa così l’inaugurazione, avviatasi con la Messa e alcune riflessioni dell’Arcivescovo nell’omelia (leggi qui), sospese tra il passato delle letture proposte e il presente. «Il profeta contesta la politica confusa, la politica dei compromessi, delle scelte miopi, delle reazioni emotive e si fa voce della promessa di Dio. Il popolo di Dio è chiamato a camminare su una strada più unitaria degli interessi di parte, a orientarsi verso aspettative meno meschine, La speranza non cerca espedienti per tirare avanti, non un sogno, un’utopia, non una programmazione di breve respiro. La promessa è la fraternità».

L’Arcivescovo durante l’omelia

E ancora: «I rimproveri che la Parola del Signore rivolge non si riferiscono agli intellettuali di oggi, tuttavia ne possiamo trarre parole di augurio. E l’augurio riguarda gli intellettuali perché abbiano il dono dell’umiltà, dell’atteggiamento del discepolo che si lascia istruire, evitando la tentazione di quella presunzione che non sa più imparare, che pretende di giudicare, che difende la propria posizione come indiscutibile. L’augurio riguarda gli scienziati, perché abbiano il dono di essere persuasi della relatività di ogni scienza, per stupirsi sempre della vita, per riconoscere sempre l’insondabile mistero di ogni persona, per aprirsi alla contemplazione della gloria di Dio. L’augurio riguarda tutti gli uomini e le donne in cammino nella storia, soprattutto quelli che hanno responsabilità nelle istituzioni: che siamo a servizio della grande speranza».

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