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Domenica XIII dopo Pentecoste

San Simpliciano, vescovo

14 Agosto 2016

 

Probabilmente di origine milanese, Simpliciano fu un uomo dottissimo, teologo colto, buon conoscitore della filosofia neoplatonica. Ebbe una parte importantissima nella formazione cristiana e teologica di sant’Ambrogio e nella conversione di sant’Agostino, che lo ricorda nelle sue Confessioni. L’anno della sua nascita si deve collocare poco dopo il 320.

Sant’Ambrogio, che lo venerava come padre della sua anima, lo designò, sul letto di morte, il 4 aprile 397, come suo successore sulla cattedra di Milano. Di lui fanno l’elogio Gennadio, Ennodio, ed altri scrittori del tempo. Papa Atanasio I gli indirizzò una lettera con la quale gli comunicava la sentenza pronunciata contro i libri di Origene. Nel 397-398 fu lui a consacrare Gaudenzio, il primo vescovo di Novara, e forse presiedette nel 398 il concilio di Torino.

Il vescovo Vigilio di Trento gli scrisse per informarlo del martirio, avvenuto nella Valle di Non, dei santi Sisinnio, Martirio e Alessandro e per inviargli le loro reliquie, che san Simpliciano collocò nella basilica virginum, costruita da sant’Ambrogio, ma successivamente detta di S. Simpliciano. Qui infatti alla sua morte, dopo tre anni di episcopato, egli stesso fu sepolto; era l’anno 400. Nel sec. XII la basilica di S. Simpliciano – trasformata da paleocristiana in romanica – fu il centro spirituale della resistenza civica di Milano contro Federico Barbarossa.

Nelle Confessioni di sant’Agostino leggiamo: “Mi ispirasti il pensiero di far visita a Simpliciano, che mi sembrava un tuo buon servitore. In lui riluceva la tua grazia; avevo anche sentito dire che fin da giovane viveva interamente consacrato a te. Allora era vecchio ormai e nella lunga esistenza passata a seguire la tua via con impegno così santo, mi sembrava avesse acquistato grande esperienza, grande sapienza; né mi sbagliavo… Feci visita dunque a Simpliciano, padre per la grazia che aveva ricevuto da lui, del vescovo di allora Ambrogio e amato da Ambrogio proprio come un padre” (L. 8, 1-2).