Non si sa quasi nulla di questa nobile donna cristiana, probabilmente martirizzata nel III secolo, giacché la sua “passio”, secondo uno stile convenzionale romanzata e ornata di particolari miracolosi, fu scritta due o tre secoli dopo. Sarebbe stata promessa sposa al nobile Valeriano, ma rivelando a lui la propria fede e la decisione di custodire la verginità in onore alla carne di Cristo, lo persuase a farsi battezzare e insieme a lui anche il fratello Tiburzio. I due giovani furono riconosciuti cristiani e condannati a morte dal prefetto di Roma Turcio Almacchio, insieme al notabile Massimo che, incaricato di condurli al supplizio, si era lui pure convertito alla fede cristiana.
Fu poi la volta di Cecilia, martirizzata non senza aver prima convertito al cristianesimo i mandanti della sua esecuzione. Il suo corpo venne deposto in un sepolcro accanto a quello dei vescovi, nelle catacombe di S. Callisto, lungo la via Appia. Nei secoli successivi, a partire da un’antifona dell’ufficio liturgico dedicata alla santa martire (“Al canto dell’organo Cecilia, rivolta al Signore, pregava…”), fu scelta come patrona della musica e dei musicisti. In realtà la musica e il profumo legati alla figura di Cecilia sono di altra natura, come spiega un’altra antifona del medesimo ufficio liturgico: “La vergine Cecilia sempre portava in cuore l’Evangelo, e giorno e notte parlava con Dio”.