Le emergenze incalzano, drammatiche. E chiedono risposte pronte, senza indugio. Ma l’impegno per l’aiuto non deve far trascurare l’analisi dei contesti e delle cause. Né spegnere l’intenzione pedagogica e “profetica”. Vale quando si ragiona di povertà, vale quando si ragiona di guerra e pace. Fronti sui quali Caritas Ambrosiana si trova esposta a sfide rilevanti.
Direttore Luciano Gualzetti, il 25 ottobre avete presentato il «Rapporto sulle povertà in diocesi» (leggi qui), il 5 novembre celebrerete la Giornata diocesana Caritas con il convegno «La via del Vangelo è la pace» (leggi qui). Qual è il nesso?
Il nesso ce lo sottopone la realtà. La compromissione della pace, in Europa, da quando la Russia ha aggredito l’Ucraina, ha accelerato diverse forme di povertà. Ma il tema è più generale e più radicale: un mondo e un’economia fondati su profonde diseguaglianze sociali generano tensioni che sfociano in conflitti, e questi a loro volta non fanno che inasprire drammi sociali, oltre a creare colossali emergenze umanitarie. Una spirale perversa, che dobbiamo sforzarci di spezzare.
Partiamo dalla povertà. Quali sono le tendenze salienti nei territori ambrosiani?
Il 2021, lo evidenzia il nostro «Rapporto», è stato un anno di chiaroscuri. La ripresa economica si è manifestata evidente, ma non ha riassorbito le povertà innescate dalla pandemia. Le quali, a loro volta, si erano stratificate su un’area di povertà assoluta già ai massimi storici da quando viene misurata dalla statistica ufficiale. Ciò dovrebbe indurre tutti a riflettere sui nessi tra progresso economico e coesione sociale: se il primo non è propulsore della seconda, se l’incremento della produzione e dell’occupazione non si traducono in una garanzia effettiva e universale dei diritti sociali, abbiamo un problema. Che si affronta con strumenti come il Reddito di cittadinanza, da rettificare e migliorare, non da depotenziare.
Insomma, le organizzazioni umanitarie e l’associazionismo solidale devono fare la loro parte, ma urgono scelte di sistema…
Proprio così. Altrimenti, complici l’impennata dell’inflazione e dei costi delle bollette, nei prossimi mesi anche nei nostri territori ci troveremo a dover fronteggiare nuove emergenze e pericolosi rischi di indebitamento di individui e famiglie. La povertà energetica noi la affrontiamo fornendo aiuto materiale a chi deve pagare le utenze, ma soprattutto con l’accompagnamento educativo e al consumo delle persone aiutate, con la volontà di finanziare azioni di efficientamento energetico degli ambienti di vita di chi si trova in difficoltà, preparandoci alla sfida delle comunità energetiche. Insomma, operiamo anche per un cambio culturale e degli stili di vita. Chiedendo alle istituzioni scelte per una transizione energetica e ambientale davvero democratiche e inclusive.
La pace, via del Vangelo. Illusione, in tempi che sembrano soggiacere alla sola logica delle armi?
Tutt’altro. Proprio in questi tempi dobbiamo attualizzare, e avere il coraggio di proporre anzitutto alle nostre comunità, il valore di profetiche scelte fatte nel recente passato dalla Chiesa e valide oggi alla luce del magistero di papa Francesco: l’obiezione di coscienza al servizio militare, la proposta di una difesa che può essere anche popolare e non violenta, la battaglia contro la proliferazione delle armi e della spesa militare, la gestione cooperativa e multilaterale dei conflitti. Non siamo antistorici, vediamo che in Ucraina è in corso un’aggressione, sappiamo che gli stati hanno responsabilità di tutelare i loro popoli, le loro democrazie, la sicurezza interna, la legalità internazionale. Ma sono convinto che la strada delle armi non è l’unica, perché sappiamo che le armi non hanno mai costruito, né mai costruiranno, la vera pace. Se rinunciamo noi a ricordare che, a partire dal Vangelo e dall’incontro con i poveri e le vittime, esistono strade alternative e praticabili per regolare l’uso della forza, creare condizioni di vero sviluppo per tutti i popoli, sostenere il dialogo e la riconciliazione, chi altro lo farà?