A 20 anni il mondo ti sembra tuo. Se poi hai genio e talento, ogni cosa diventa possibile. E Raffaello ne aveva davvero, di genio e talento. A Città di Castello, quando gli avevano commissionato la Pala Baronci, lo avevano chiamato «maestro», anche se per sottoscrivere il contratto, dopo la morte di suo padre, aveva dovuto farsi garante un amico di famiglia, perché il Sanzio, allora, era ancora minorenne. A Perugia era entrato nella bottega prestigiosa del Perugino: ma in quel 1502 i notabili del capoluogo umbro si rivolgevano già, direttamente, all’Urbinate. Che di anni ne aveva appena 19.
Era stata Leandra Baglioni, vedova di Simone degli Oddi (da poco morto in esilio), ad affidare al giovanissimo Raffaello l’esecuzione di una grande pala per la cappella di famiglia, nella chiesa di San Francesco in Prato. Dove rimase fino al 1797, quando fu prelevata dagli emissari napoleonici per essere portata al Louvre, insieme a un’impressionante selezione di capolavori italiani, trafugati ovunque fosse arrivata l’armata e la rivoluzione francese. Caduto Bonaparte, anche la Pala Oddi fu restituita, ma non ricollocata nel tempio perugino: papa Pio VII, infatti, la destinò alla neonata Pinacoteca Vaticana, della quale è ancor oggi una delle gemme più preziose.
Nei prossimi mesi, tuttavia, la predella della magnifica opera di Raffaello lascerà Roma per essere esposta a Milano. Sarà infatti il «regalo» che il Museo diocesano «Carlo Maria Martini» fa al pubblico ambrosiano nel tempo di Natale, dal 4 novembre al 29 gennaio 2023, per l’esattezza: con una serie di eventi collaterali, anche per parrocchie, oratori e famiglie (informazioni e programmi su www.chiostrisanteustorgio.it).
Un evento ormai tradizionale, sempre atteso con trepidazione ed entusiasmo, perché negli anni, tra Avvento ed Epifania, nei Chiostri di Sant’Eustorgio sono stati via via presentati i capolavori di maestri come Caravaggio, Antonello da Messina, Lorenzo Lotto, Botticelli, Mantegna, Dürer, Artemisia Gentileschi, Tiziano, e altri ancora, provenienti da musei e collezioni di tutto il mondo, suscitando ogni volta la meraviglia dei visitatori.
Un inno a Maria
La Pala Oddi è costituita dalla pala vera e propria, che rappresenta l’«Incoronazione della Madonna», assunta nella gloria celeste, con gli apostoli ancora radunati attorno alla sua tomba vuota; e la predella, appunto, divisa in tre parti che illustrano altri momenti della vita della Vergine: la sua «Annunciazione», l’«Adorazione dei Magi» e la «Presentazione di Gesù al Tempio». Si tratta, dunque, nel suo insieme, di una sorta di «trattato» di mariologia per immagini, sublime per bellezza, emozionante per profondità, in perfetta consonanza con la sensibilità spirituale dei francescani che avevano la cura di questa chiesa perugina in Prato.
Soltanto la predella, si diceva, giungerà in mostra al Diocesano di Milano. Ma non si pensi che sia poca cosa. La tavola, che nell’insieme misura quasi due metri di lunghezza per 40 centimetri d’altezza, evidenzia nelle tre scene tutto ciò che Raffaello aveva potuto imparare negli anni della sua formazione.
Da suo papà, innanzitutto, quel Giovanni Santi che era pittore alla corte di Urbino, tutt’altro che modesto, che certamente avrà dato i primi rudimenti di disegno e pittura al suo figliolo. E poi da un maestro che lasciò un segno profondo nella piccola capitale marchigiana: Piero della Francesca, con i suoi studi sulla prospettiva, le sue atmosfere rarefatte, il rigore matematico e geometrico applicato alla pittura (elementi che si ritrovano proprio nell’«Annunciazione» della Pala Oddi). Mentre soprattutto le scene di gruppo, la gestualità dei personaggi, paiono rimandare al Pinturicchio, per il quale l’Urbinate lavora nella Biblioteca Piccolomini del Duomo di Siena (anche se ormai è acclarato che fu lo stesso Bernardino di Betto a lasciarsi «influenzare» da quel suo talentuoso «ragazzo di bottega»…). Ma soprattutto è evidente l’insegnamento del Perugino: la vera autorità in campo pittorico di quegli anni, nell’Italia centrale; la cui abilità artistica era pari al fiuto imprenditoriale: qualità, quest’ultima, che il giovane Sanzio non tralasciò di apprendere e di mettere a frutto nel corso della sua straordinaria carriera.
La cura miniaturistica dei dettagli, le «trovate» geniali di alcuni particolari (come il Bambin Gesù che, al Tempio, si volta protendendo le braccine verso la Mamma), le «intuizioni» che verranno poi riprese e sviluppate nelle opere successive (come la pavimentazione dell’«Annunciazione», fondamentale espediente prospettico anche dello «Sposalizio» di Brera, datato 1504), fanno di questa predella della Pala Oddi un autentico capolavoro. Che il restauro, appositamente realizzato e appena ultimato, ha restituito alla sua originaria bellezza: nell’esposizione al Museo diocesano, così, potremo davvero godere la luce e il colore del giovane Raffaello.