2Mac 12, 43-46; Sal 129 (130); 1Cor 15, 51-57; Gv 5, 21-29
Il nobile Giuda, fatta una colletta, con tanto a testa, per circa duemila dracme d’argento, le inviò a Gerusalemme perché fosse offerto un sacrificio per il peccato, compiendo così un’azione molto buona e nobile, suggerita dal pensiero della risurrezione. Perché, se non avesse avuto ferma fiducia che i caduti sarebbero risuscitati, sarebbe stato superfluo e vano pregare per i morti.
Il libro dei Maccabei accompagna questo giorno dando un centro preciso alla fede: i cristiani non pregano commemorando i defunti perché segnati dalla disperazione, né perché ritengono di dover placare il castigo divino. Al contrario, anche nella drammaticità e nella tristezza della morte, i cristiani fondano la loro fede sulla resurrezione di ciascuno, promessa in quella di Gesù. Per questo oggi e in ogni altro giorno è possibile pregare e fare memoria, con dolore, di quanti ora sono separati, perché si è consapevoli della promessa della vita che non finisce.
Preghiamo
L’anima mia è rivolta al Signore
più che le sentinelle all’aurora.
Più che le sentinelle l’aurora,
Israele attenda il Signore,
perché con il Signore è la misericordia
e grande è con lui la redenzione.
Dal Salmo 129 (130)