Si apre nella città delle mille etnie e provenienze, nella Diocesi che da tempo cammina come Chiesa dalle Genti, nella parrocchia che ne è il simbolo vivo, quella personale dei Migranti. È il Festival della Missione, che nella sua seconda edizione si inaugura con la Mostra «Missio Milano», nella basilica di Santo Stefano Maggiore, che racconta Milano e i suoi missionari. Una rassegna, anzi quattro diverse mostre a pannelli e video, riunite proprio per dire l’unitarietà della scelta missionaria, pur nelle differenti esperienze e carismi, sperimentati sempre con nuovi stili di comunione tra preti, laici, religiose/i consacrati e consacrate, famiglie.
«Una rassegna che nasce dalla vita, non come un’autocelebrazione, ma come occasione per conoscere esistenze ricche e piene, magari sconosciute perché vissute nel silenzio e testimoniando un amore ricevuto e offerto gratuitamente. Perle preziose, forse la perla per cui vale la pena di lasciare tutto e partire», spiega don Maurizio Zago, responsabile dell’Ufficio diocesano di Pastorale missionaria.
Le mostre
E le quattro rassegne – con più di 80 pannelli e 34 video complessivamente – dimostrano davvero «la ricchezza che deriva dalla convivenza, dall’accoglienza di altri mondi con tutto ciò che questo “nuovo” racconta». Da «Missio Milano» articolata in cinque declinazioni dell’incontro – di vocazione, di annuncio, di compassione, di gioia e l’incontro rivelatore – a «Famiglia in missione o missione di famiglia», con l’esperienza pioneristica della famiglia Conti in Cameroun, per giungere a «Suor Leonella Sgorbati. Fin dove arriva l’amore», dedicata alla religiosa della Consolata uccisa barbaramente il 17 settembre 2006 a Mogadiscio, fino a «La missione ambrosiana tra Rom e Sinti», letta attraverso il generoso ministero svolto da don Mario Riboldi dal 1953 alla sua morte nel 2001. Una sorta di viaggio virtuale intorno al mondo che si arricchisce anche di un’ulteriore rassegna collegata, «Sorridi… è gratis», allestita presso Palazzo Lombardia.
«La nostra Chiesa sta cambiando, è cattolica in modo nuovo – osserva il Vicario generale, monsignor Franco Agnesi -. Oggi presentiamo i nostri “gioielli” attraverso coloro che vivono la Missio ad gentes, per vivere una Chiesa in cui la comunione sia più intensa, la missione più attenta». Gioielli per un tesoro «che non è solo dei numeri, ma nei collegamenti che si mantengono tra le comunità di partenza e di arrivo dei missionari ambrosiani diffusi in decine di Paesi: 31 fidei donum cui si aggiungono i quasi 700 nativi della Diocesi che fanno riferimento a diverse realtà».
«Questa è un’occasione per dire grazie, anche per il crescere del numero di cristiani provenienti da Nazioni, culture, tradizioni differenti dalla nostra che arrivano qui per cercare lavoro, per studiare, per annunciare il Vangelo, come le circa 300 religiose e la sessantina di presbiteri accolti anche per motivi di studio. Tutto questo ci fa dire che il nostro cammino di fede è segnato da doni, scambi, scoperte di vie nuove che queste realtà rappresentano. Le nostre storie raccontano l’entusiasmo della fede, la missione che dona gioia, sorrisi, cose belle, buone e preziose: un’aria nuova che allarga e purifica la mente». Infine, conclude monsignor Agnesi, un ulteriore aspetto che la missione insegna: «Il ritorno all’essenziale, non solo come sobrietà, pure importante, da coltivare nella vita, ma nella fede. Ciò che non possiamo perdere, senza il quale non possiamo vivere».
Monsignor Bressan, vicario episcopale per la Missione, la Carità, la Cultura e l’Azione sociale (cui è accanto padre Piero Masolo, direttore organizzativo del Festival, missionario del Pime e collaboratore dell’Ufficio Missionario), nota: «Papa Francesco dice che siamo in missione ed esserlo significa semplicemente dire sì, come ha fatto la Chiesa ambrosiana con il Festival. Vivere perdono (il titolo della manifestazione) vuol dire tanti sì, cercare tanti equilibri, vivere la Chiesa dalle genti, come facciamo in questa parrocchia, un tempo destinata all’Archivio storico diocesano e, poi, riaperta, cogliendo il cambiamento, per i migranti».
La recita corale del Padre Nostro, la benedizione impartita dal Vicario generale e la visita delle mostre, suggellano questa sorta di “aperitivo” del Festival ormai in moto.
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