La Slesia, la regione dell'Arcidiocesi di Katowice, è una terra di confine dove una travagliata storia ha lasciato l'impronta di una cultura molto ricca.


Katowice, Poland

Terra di confine, dove una travagliata storia ha la­sciato l’impronta di una cultura molto ricca, nonché regione sviluppata e industrializzata, dove un’alta percentuale de­gli abitanti dichiara di vivere secondo i valori tradizionali. Territorio che ha visto giorni di gloria grazie all’industria pesante e ha sofferto gli effetti di una forte crisi economica quando il carbone ha ceduto il passo al petrolio sul merca­to mondiale.

Questa è la Sle­sia: una regione del sud della Polonia, situata tra Cracovia e Breslavia. Katowice è una delle città più importanti della Slesia. Nell’Arcidiocesi di Katowice (precisamente a Rybnik) i giovani di Milano trascorreranno i giorni che precedono la GMG di Cracovia (dal 20 al 25 luglio 2016). Cosa altro dire di questa terra?

La principale risorsa della Slesia è il carbone. I ricchi giacimenti erano sfruttati già a partire dal XII sec., e nell’Ot­tocento vennero aperte nume­rose miniere, dando l’inizio al distretto della lavorazione del carbone. In quei tempi la Po­lonia non esisteva, da decenni era stata cancellata dalle map­pe d’Europa e la popolazione di etnia polacca delle classi sociali medio basse era gover­nata dalla borghesia tedesca. Fu un rapporto complesso perché da un lato le leggi pre­scrivevano la germanizzazio­ne obbligatoria, dall’altro tra i nobili tedeschi non mancava­no buoni governatori, spesso apertamente schierati dalla parte del popolo.

La Polonia riacquistò l’in­dipendenza l’11 novembre del 1918 ma la Slesia non venne inclusa nelle sue frontiere. Per tre volte, nel 1919, 1920 e 1921, scoppiarono insur­rezioni popolari, prima che venisse organizzato un ple­biscito e alcuni territori della Slesia si unissero alla Polonia.

Dopo la Seconda Guerra Mondiale, la regione ha vissuto dinamiche trasforma­zioni, non prive di contrasti, sotto il profilo economico e politico (in primis l’avvento del regime comunista). Ci fu anche una rapida urbanizzazione, causa­ta da una forte immigrazione di persone in cerca di lavoro. La popolazione locale, fino ad allora chiusa, dovette fare i conti con questa novità. Non fu facile, considerando che gli abitanti spesso non parlava­no neanche il polacco, ma un dialetto con molte influenze tedesche.

Cominciò a maturare la coscienza dell’importanza dell’educazione: prima infatti i ra­gazzi andavano a lavorare molto pre­sto, subito dopo le medie. Con il tempo ci si ac­corse che nelle miniere c’era innanzitutto bisogno di quadri (figure fino ad allora ricoperte dai tedeschi), ma soprattutto che la società necessitava di una classe dirigente. Riprese il suo lavoro l’Accademia di Mu­sica, fondata negli anni `20, nacque l’Accademia Medica, il Politecnico e infine l’Univer­sità Slesiana. Le città attirano giovani da tutto il Paese e ora anche da tutta Europa, gra­zie al programma Erasmus.

Oggi il volto della regione è cambiato: dal grigiore di am­bienti industriali alle moderne città circondate dal verde. A causa della globalizzazione la realtà economica e sociale della Slesia non è molto diversa da quella italiana, ma alcuni valori tradizionali sono tuttora coltivati.

(Tratto da: La Cittadella, Settimanale della Diocesi di Mantova, del 13 marzo 2015)

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