In Sant’Ambrogio il primo momento della Redditio Symboli, che culminerà nella Veglia serale presieduta dall'Arcivescovo in Duomo. Il Cardinale: «Gesù è il vero, definitivo, stabile centro affettivo del vostro io»
di Filippo MAGNI
Cinquecento volti sfilano nella Basilica di Sant’Ambrogio davanti al cardinale Angelo Scola. Qualcuno serio, qualcuno allegro. Altri sorridenti, emozionati, preoccupati, tesi, rilassati. Tutti giovani. Sono i volti dei 500 diciannovenni ambrosiani (un numero costante, se non in crescita, negli ultimi anni) che hanno scelto di consegnare nelle mani dell’Arcivescovo la loro Regola di vita. Testo che vuole essere riconoscimento di quanto ricevuto nella fede, nel passato, e indicazione dei pilastri su cui orientare il proprio futuro. Perché, scritti, restino come regole, punti cardinali, osservando i quali orientare le proprie scelte future.
Diciannove anni, periodo di cambiamenti: il momento della «ricerca di libertà», sostiene Scola. L’ingresso nell’università o nel mondo del lavoro, la maggiore età da poco raggiunta, la crescente indipendenza dai genitori. Un periodo in cui vale la pena stendere alcuni propositi prima che la frenesia della vita travolga ogni intento non portato a coscienza e tenuto nel limbo delle vaghe intenzioni. C’è chi nella Regola inserisce la messa infrasettimanale, chi l’impegno in oratorio, nell’associazione o nel movimento. Chi l’assiduità nello studio, chi la visita settimanale a un santuario vicino casa, chi la preghiera al mattino e alla sera, chi una particolare vicinanza a genitori, nonni, fratelli.
Il cardinale Scola intrattiene un breve dialogo con ciascuno, per poi dirsi «molto, molto contento di avervi potuto guardare faccia a faccia e stringervi la mano. Consegnando la Regola avete preso un impegno con l’Arcivescovo, quindi con la Chiesa e, in ultima analisi, con Gesù». A ogni diciannovenne, rivela il Cardinale nella sua riflessione, «ho chiesto cosa fa. Molti mi hanno risposto l’università, alcuni lavorano, ma il gruppo più ampio è di chi il lavoro non lo trova». E allora, ha proseguito Scola, «chiediamoci cosa c’entri l’essere qui con la disoccupazione, con l’ingegneria, con il design e con le altre discipline che ho sentito. Sembrano un po’ astruse, ai miei tempi non c’erano…», aggiunge sorridendo. La domanda è da conservare nel cuore e da portare stasera, in Duomo, alla Veglia della Redditio symboli: «Vorrei che arrivaste stasera in Duomo con questa domanda : dov’è il nesso, dov’è la relazione tra il mio tipo di lavoro e Gesù?».
Tra le letture proposte ai diciannovenni, la Regola di vita di un loro coetaneo, che negli scorsi anni chiedeva che Gesù fosse il centro della sua vita, perché «tutto il resto sarebbe arrivato di conseguenza». «Se siete venuti qui è per questo – ha ribadito l’Arcivescovo -. Ma che tipo di centro è Gesù? Il centro affettivo dell’io». Come ben capisce «chi è innamorato», ha aggiunto Scola. Per poi concludere: «Ve lo dico come un nonno, o forse anche un bisnonno: credetemi, Gesù è il vero, definitivo, stabile centro affettivo del vostro io».
In serata, alle 20.45 in Duomo, è in programma la Veglia di preghiera presieduta dal cardinale Scola, momento culminante della Redditio Symboli. Il Vangelo-guida sarà la parabola del seme buono e della zizzania (Mt 13, 24-30.36-43), proposto dall’Arcivescovo come icona del nuovo anno pastorale, che dà anche titolo alla Veglia: “Il campo è il mondo”.