Don Samuele Marelli presenta nel suo editoriale il significato della proposta dell'Oratorio estivo 2014

Don Samuele Marelli
Direttore della Fom

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«E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi» (Gv 1, 14). A partire da questo versetto del prologo di Giovanni, si snodano le tematiche dell’Oratorio estivo degli ultimi anni: la parola, «E il verbo»; il corpo, «si fece carne»; quest’anno l’abitare, «e venne ad abitare in mezzo a noi».

Il tema di quest’anno, a differenza dei primi due, può apparire ad un primo sguardo astratto o secondario, ma non è affatto così. L’abitare è il modo d’essere e vivere dell’uomo, diversamente dall’animale che non abita; è l’attività umana che trasforma uno spazio in un luogo conferendogli significato. Proprio per questo, a differenza di quanto accade per “lo” spazio, non ha alcun senso parlare “del” luogo, in senso indeterminato, ma si parla sempre di “un” luogo determinato. Si potrebbe dunque dire che l’abitare è il modo dell’uomo di stare nello spazio o meglio che esso esprime la stessa relazione tra uomo e spazio. Abitando, l’uomo trasforma lo spazio in luogo, umanizzandolo.

L’abitare dell’uomo è possibile e sensato perché si inscrive nell’abitare di Dio in mezzo agli uomini. Il venire di Dio nel mondo conferisce allo spazio un significato teologico. Il mondo è il luogo della manifestazione di Dio e del suo agire nella storia.

Il primo abitare dell’uomo nel giardino dell’Eden è pensato da Dio nella logica del coltivare e del custodire (Gn 2, 15).  Il coltivare dice la dimensione più attiva dell’agire umano, poiché l’uomo non subisce la vita ma prende l’iniziativa; abitare significa dunque costruire, esercitare la creatività. D’altra parte tutto questo deve essere pensato e vissuto nella logica del custodire, all’insegna della riconoscenza del dono ricevuto, della salvaguardia e della responsabilità.

È particolarmente significativo che la prima domanda dei discepoli del Battista a Gesù sia proprio «Dove abiti?» (Gv 1, 38). La casa è da sempre il luogo antropologico fondamentale, che dice identità, intimità, sicurezza e stabilità. Dietro a questa domanda non sta il desiderio di ricevere un’indicazione geografica ma di entrare nel mistero di una persona. Visitando le abitazioni, si comprendono molte cose degli uomini. Gesù ha vissuto quasi tutta la sua vita in una casa, poi ha deciso di lasciarla per la strada. È entrato in molte case e ci ha svelato il vero significato dell’abitare e della casa: non un nido o una tana ma un luogo di comunione, di verità e di bellezza. Ha deciso di non avere una casa per dire che lui è la casa di Dio per tutti gli uomini.

Anche noi, in questo Oratorio estivo, vogliamo partire dall’esperienza umanissima e umanizzante dell’abitare, muovendo proprio dall’immagine dei luoghi della casa e di ciò che vi si vive. L’abitare si colloca sempre in una posizione intermedia tra una dimensione totalmente personale che è quella dell’appropriarsi del proprio corpo (la proposta dell’anno scorso) e un’altra dimensione più propriamente sociale, in riferimento al pianeta come casa di tutti gli uomini. Quest’anno scegliamo la prospettiva intermedia, quella di uno spazio determinato che, proprio a partire dall’esperienza dell’abitare, diventa luogo significativo dentro una relazione. Nella speranza che il nostro modo di abitare sia segno e strumento del fine della nostra esistenza che è l’abitare presso Dio nella forma del vivere alla sua presenza.

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