Abbiamo vissuto una bellissima Notte dei Santi nella serata di martedì 31 ottobre attorno alla Basilica di Sant'Ambrogio a Milano. Ora, con gli adolescenti è tempo di rileggere questa esperienza (vedi scheda allegata). Una proposta è quella di dialogare con loro su che cosa significa essere "santi per chiamata". Prepariamo così quell'altra "Notte" diocesana che ci attende, la Notte bianca della fede degli adolescenti che si terrà a Bergamo sabato 20 e domenica 21 aprile 2024.


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Attorno alla Basilica di Sant’Ambrogio gli adolescenti hanno scoperto “tracce di santità”. La chiave di tutto il percorso è stato comprendere che tutti siamo chiamati a essere santi e quindi ad amare Dio e ad amare come Dio ama.
La chiamata alla santità dunque è il punto di “partenza” della nostra esperienza cristiana.


Che cosa significa questo per gli ado? 
Per rileggere la Notte dei Santi potremo trovare il modo per invitare gli adolescenti a riflettere su questo tema: la santità è qualcosa che ci precede, una chiamata da accogliere, ma soprattutto una iniezione di “grazia” che riceviamo con il Battesimo e che, quindi, abbiamo già ricevuto, così come la vita (insieme alla vita, per mezzo del Battesimo, abbiamo ricevuto da Dio anche il dono della santità, che si traduce in una chiamata particolare che è stata fatta a ciascuno, fin dalle origini).

Ma che cosa significa questo, in profondità? Come possiamo capire questa nostra condizione? Che cosa cambia se la comprendiamo? Come siamo interrogati e provocati da questo dono? Come “rispondiamo” e, in qualche modo, “restituiamo”? 

 

Suggerimenti
Sono domande che gli educatori possono presentare agli adolescenti in modo provocatorio, usando qualsiasi mezzo che sia il più idoneo, per il tipo di ragazzi e ragazze che stanno incontrando (cfr. metodo Attraverso), ricordando che è il mezzo a doversi adeguare non il contenuto.

Potrebbe essere utile organizzare un incontro con messaggi su WhatsApp, con domande a cui rispondere o, addirittura, un dialogo che si può avviare, o con i singoli o in gruppo su WhatsApp, che sia una sorta di incontro virtuale in un’ora stabilita, con gli educatori a moderare la discussione o a mettersi in dialogo personalmente con ciascuno («E se ti dicessi che ti sto chiamando santo?»).

In questi giorni ci si può dare appuntamento in chiesa davanti al Battistero per un momento di preghiera che ricordi il proprio Battesimo (gli educatori possono mettersi in gioco preparandolo nel modo più opportuno) o pensare a un incontro che metta al centro la Parola di Dio, come ad esempio il brano 1 Cor 1, 1-10 in cui Paolo si rivolge ai “santi per chiamata“.

Si può costruire anche l’incontro con uno scambio in cui ci si confronta sulla “differenza” e sull’originalità dell’«essere già santi» in una sorta “What if?” («E se dovessi vivere tutti i giorni “da santo” come sarebbe la tua vita?»). Confermando, alla fine, che tutto quanto espresso è non solo possibile ma è vero grazie a un presupposto – o a un “punto di partenza – che è proprio il dono di una santità “già ricevuta” per mezzo della grazia e della presenza dello Spirito Santo in noi (da lasciare operare…).

Così come siamo “gettati” nella vita, ma non per caso (questo noi crediamo: che la vita è dono di Dio), allo stesso modo abbiamo ricevuto in noi il germe della vita di Dio, che ci dà la possibilità di vivere nel mondo il PIENO DI VITA, cioè la “vita piena” che riconosciamo in Gesù, nel suo esempio e nel suo insegnamento.

È utile con gli adolescenti tornare al punto di partenza, a quel Battesimo che ci ha reso “originali” rispetto al resto dell’umanità che non ha ricevuto questo dono. Il Battesimo ha innescato nella nostra vita una Missione: portare l’amore di Dio nel mondo, mettere in pratica l’amore per il prossimo, annunciare il Vangelo, facendo della propria vita un dono.
La definizione chiara di questa Missione la si può trovare in questo momento dell’anno proprio con gli adolescenti per poi vivere attraverso le altre tappe del cammino.

 

Rileggiamo la Notte dei Santi 
attraverso l’attivazione delle aree vitali

Siamo chiamati a essere santi, così come siamo chiamati a essere vivi!
Se accettiamo questo presupposto, se lo accogliamo, tutte le nostre aree vitali prendono una forma originale. Quale? 

1. Affettività. Si scopre così che la vita è dentro un disegno di amore che richiede la propria partecipazione personale e l’apporto originale che ciascuno può dare all’esistenza, per una vita felice che vale per me ma anche per gli altri. Il punto di partenza è l’amore di Dio per l’umanità e per ogni persona, me compreso, l’altro compreso. In questo senso come la chiamata alla santità mi spinge a volere bene le altre persone? Poniamo l’accento sul come, sullo stile di un’affettività santa.

2. Identità e domande di senso. Ho dunque un’origine! Dio è il mio punto di partenza! Come mi pongo di fronte a questa realtà? Come vengo provocato a 15 o 16 anni? Che cosa mi serve per capire meglio questo mistero di una chiamata che ho ricevuto o di una fede che mi è stata donata? E se non è per convenzione ma per scelta di Qualcun altro che io sono cristiano, che sono “santo per chiamata”, allora quali conseguenze ci sono per la mia vita quotidiana?

3. Rapporto con il mondo e servizio. Quali sono i nodi scoperti di un mondo che non ha, non vive, non rispecchia la “santità di Dio”? Si può pensare a forme di servizio a favore di qualche situazione in cui il male ha preso il sopravvento? Si può pensare di farsi carico, all’inizio di questo anno, di qualche piccolo progetto che sia segno di una lotta all’ingiustizia o alla malvagità? Che ricerca possono fare gli ado per comprendere i mali del mondo e trovare quali possono essere gli “antidoti”? C’è poi un “manifesto” che può orientare e che può essere, per questa area, il punto di partenza: il Vangelo delle Beatitudini di Mt 5, 1-12. Che effetto fa rileggerle alla luce dei fatti che stanno accadendo… come anche gli ado può rientrare nella schiera dei “beati”?  

4. Libertà e dipendenze. Possiamo chiederci in gruppo su quali siano le “pensantezze” di una chiamata alla santità? Che cosa ci impedisce di vedere la propria fede come un dono e come una scelta? Quali sono quei vincoli che ci impediscono di rispondere a una chiamata all’amore? L’unica nostra vocazione alla santità è una vocazione ad amare… c’è qualcosa che ce lo impedisce, qualcosa di cui siamo “dipendenti”?

5. Intercultura e diversità. Mettiamoci dal punto di vista della santità adolescente. Consideriamo le biografie di alcuni ragazzi santi come il beato Carlo Acutis, la beata Chiara Luce Badano o altri che da una breve ricerca possiamo trovare. Qual è la “diversità” che li caratterizza? Quali sono quegli aspetti originali che li accomunano? Si può stabilire così una “ricetta del santo adolescente” con i suoi ingredienti fondamentali, un impasto originale che è un punto di partenza su cui ciascuno può elaborare la sua ricetta personale.

 

Scheda per preparare e rileggere l’esperienza (.pdf)

 

 

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