All'inizio dell'anno oratoriano abbiamo vissuto con i preti impegnati in oratorio una Due Giorni che crediamo abbia segnato un passo importante nel discernimento e nella condivisione di chi vive lo stesso ministero al servizio degli oratori. Dopo essere rientrati nella frenesia degli impegni pastorali, crediamo importante non perdere gli elementi essenziali del confronto avvenuto fra preti a cui è stato chiesto di pensare l'oratorio a partire dalla loro esperienza personale.


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I preti impegnati negli oratori si sono ritrovati per una due giorni dalla forma inedita. Fra il 5 e il 6 ottobre, all’inizio dell’anno oratoriano 2021-2022, circa sessanta presbiteri si sono fermati alla Casa Incontri Cristiani di Capiago per condividere il pensiero sull’oratorio. Si è formato un gruppo eterogeneo per età e anni di ministero che però ha saputo vivere fraternamente ogni momento di un programma fitto, ma nello stesso tempo disteso, che ha favorito l’interazione, lo scambio ma anche la preghiera insieme.

Ciascun prete ha iniziato a considerare l’oratorio a partire dalla propria esperienza, tracciando, dentro a una mappa immaginaria, un percorso fatto di “parole chiave”. Ognuno ha individuato fra le tante la “prima parola che ti viene in mente pensando alla qualità del tuo rapporto con l’oratorio” e ha proseguito, nel suo ipotetico viaggio fra le parole, indicando una serie di determinazioni che significano “oratorio“. Il punto di arrivo è stato quella “parola sintetica” che racchiude il fine del proprio stare in oratorio.

Questa attivazione, che ha aperto ad un primo confronto fra presbiteri, ha dato la percezione che ciascun prete in oratorio ci sta con il suo carisma, la sua visione della realtà, dovuta anche all’esperienza che ha maturato nel suo ministero, e una spiritualità che gli è propria e di cui dà testimonianza. Questo relativizza il ruolo del presbitero in oratorio? Niente affatto, anzi lo configura in tutta la sua ricchezza e profondità e lo lega inevitabilmente alla personalità e all’esperienza di ciascuno, al carisma, che diventa opportunità per entrare in relazione con la comunità e per condividere la stessa passione per l’oratorio e la stessa missione di evangelizzare le giovani generazioni.

La lettura delle esperienze comunitarie è stata dunque la fase successiva che ha visto i partecipanti, prima mettersi in ascolto e poi aprirsi al confronto. Cinque preti si sono alternati nella narrazione di alcune dinamiche pastorali affrontate con creatività, considerando soprattutto questo periodo di pandemia: l’esperienza inedita dei piccoli gruppi per l’Oratorio estivo a Corsico con don Davide Pepe; l’apertura di una casa per gli adolescenti in oratorio a Muggiò con don Matteo Ceriani; la scrittura del progetto educativo nell’ambito di Oratorio 2020 con don Davide Caccianiga a Varese; il lavoro attraverso diverse piattaforme social fatto a San Donato con don Massimo Bellotti; la modalità di lavorare in rete su più oratori della stessa città con don Alessandro Asa a Cologno Monzese.

Si sarebbero potute moltiplicare ancora le narrazioni, considerando la ricchezza della creatività e del pragmatismo del nostro presbiterio, al lavoro con le comunità educanti nel affrontare problemi, nell’avviare processi e nel risolvere questioni – sempre con uno sguardo prospettico sul vissuto – ma dando ampio spazio all’ascolto di questi cinque particolari “affondi”, si sono potuti intercettare anche alcuni tratti della vita del prete in riferimento alla pastorale negli oratori, tanto da aprire un ricco confronto fra i partecipanti che si è protratto fino a tarda sera.

E ancora ci pare di aver avvertito che sono anche molto differenti gli approcci pastorali ad alcune questioni (vissuti anche con età e anni di ministero differenti e situazioni territoriali anche molto diverse), ma che di tutti è il desiderio di trovare un senso ecclesiale comune che determini ancora meglio e renda sempre più efficace l’opera dei preti nella pastorale giovanile e, più nello specifico, negli oratori.

Ci sono dunque tratti comuni e condivisi che confermano come, di fronte all’imprevedibilità, occorra essere pronti al cambiamento, prevenendo i tempi della pastorale sempre, grazie a un lavoro di sinergia con le proprie comunità educanti, le equipe degli educatori e chi condivide la corresponsabilità nella conduzione dell’oratorio.

Che cosa fa il prete di fronte al cambiamento? Si rende capace di accompagnare percorsi nuovi, lavora con gli altri, affinché l’oratorio non sia solo un luogo fisico ma sia innanzitutto un luogo educativo e di educazione alla fede e alla centralità del Vangelo.
Nello scambio libero fra partecipanti, ha preso piede l’idea dell’oratorio come cenacolo, come tempo e come spazio di vita quotidiana, in cui la condivisione della vita abbia una sua reale consistenza, dove i ragazzi possano trovare forme per raccontarsi ed essere ascoltati, dove sia più facile intercettare i bisogni e trovare insieme le risposte.
Ogni prete è in oratorio per annunciare Cristo e per educare a una mentalità nuova che è quella del Vangelo. Il prete, con la sua vita, indica e riprecisa ogni volta il fine dell’oratorio ma ne comprende anche la sua specificità, per cui l’oratorio non può che essere sempre aperto alla novità, capace di ridefinire i suoi linguaggi per intercettare la vita dei ragazzi e farsi comprendere.

In molti interventi traspare la necessità di condividere sempre il pensiero sull’oratorio, insieme fra presbiteri e insieme con i laici impegnati nella stessa corresponsabilità educativa. Dando consistenza alla condivisione con diverse figure impegnate, l’oratorio può sempre “rinascere”, anche nei passaggi da un prete responsabile a un altro.

I preti, nel confronto alla Due Giorni, hanno saputo delineare insieme il volto del presbitero impegnato in oratorio, come un sacerdote che deve esercitarsi nell’ascolto della realtà e delle persone, capace di umiltà, che sa chiedere consiglio e sa condividere le scelte, sempre pronto a mettere in gioco il proprio carisma e i propri talenti, mettendo in pratica per primo quanto annuncia ai più giovani.

In questa nuova fase del cammino della Chiesa, il prete dell’oratorio si colloca “nel mezzo”, pronto a ripensare il volto della Chiesa, mentre ripensa anche il suo ministero, mettendosi per primo in discussione e confermando la scelta del proprio “essere presbitero”.

C’è una consapevolezza ormai consolidata nei preti impegnati in oratorio, per cui si è convinti che sia innanzitutto tutta la comunità che educa – e non solo il prete – ed è per questo che è essenziale fare alleanza con figure adulte di riferimento dentro la comunità, in modo tale che l’esperienza presbiterale si fondi con la corresponsabilità con i laici.

La forza del ministero sacerdotale in oratorio consiste dunque nel creare rapporti personali che generino rapporti di fede e che fondino alleanze fra le generazioni. Il prete in oratorio indica il Signore Gesù e aiuta i più giovani e i laici, che condividono con lui il cammino, a leggere la vita alla luce della fede.
 
In questa Due Giorni si è giunti alla conclusione che è fondamentale fra presbiteri una solidarietà dialettica nel ministero, nella quale la bellezza dell’originalità di ciascuno, a confronto con gli altri, diventa motivo di scambio virtuoso e non certo di conflitto. Insieme, i preti di oratorio, condividendo il proprio pensiero fra loro e con i laici, possono dare il contributo determinante al cammino di rinnovamento dell’oratorio, uscendo dal piano delle opinioni per esercitare il piano della progettualità.

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