Lungo il cammino verso la Giornata Mondiale della Gioventù di Lisbona proponiamo ai gruppi giovanili diocesani alcuni spunti per una Lectio divina sul capitolo 8 degli Atti degli Apostoli: la dispersione della comunità di Gerusalemme.


Giovani in gruppo

STATIO (mi fermo e mi preparo ad ascoltare il Signore, nel silenzio e nella Sua Parola)
Mi fermo un momento. Provo a stare in silenzio, provo a stare con me stesso, ad aprirmi alla contemplazione, a mettere tutto me stesso davanti al Signore.
Sto cercando di entrare in un dialogo, e non solo di “fare” una meditazione…
Un profondo respiro, un luogo adatto, un tempo scelto e custodito mi aiutano a leggere questa pagina, a sentire il desiderio di Gesù di essere nella mia vita e farsi conoscere da me.

Una poesia mi aiuta ad iniziare la lectio: è una poesia d’amore, ma esprime anche una preghiera dell’anima a Dio:
“Per quanto io possa fuggire
ci sei sempre tu nel mio cuore.
Come acqua che scorre, che evapora
e torna al mare come pioggia.
Per quanto io possa fuggire,
resterà sempre una strada,
inattesa e imperscrutabile,
in cui ci riconosceremo.
E tu sarai quel luogo
di quiete perfetta
su cui poter posare il cuore”.
(Rosita Matera)

Prima di leggere, invochiamo lo Spirito Santo, che ha ispirato l’evangelista a scrivere questa pagina, e che ispira noi a comprendere la Parola di Dio.

Invocazione allo Spirito Santo
Potenza di Gesù Risorto,
respiro del Figlio Unigenito
che ci rende tutti figli
dell’unico Padre,
vieni, Spirito Santo!
Aiutaci ad ascoltare come i primi discepoli
la Parola di Cristo,
aiutaci a cambiare la nostra vita
alla tua luce: vieni, Spirito Santo!
Fa’ che possiamo sentire che non ci abbandoni
anche se ci sentiamo soli: vieni Spirito Santo!

LECTIO (cosa dice il testo?)
Atti degli Apostoli 8,1-10
1Saulo approvava la sua uccisione. In quel giorno scoppiò una violenta persecuzione contro la Chiesa di Gerusalemme; tutti, ad eccezione degli apostoli, si dispersero nelle regioni della Giudea e della Samaria. 2Uomini pii seppellirono Stefano e fecero un grande lutto per lui. 3Saulo intanto cercava di distruggere la Chiesa: entrava nelle case, prendeva uomini e donne e li faceva mettere in carcere. 4Quelli però che si erano dispersi andarono di luogo in luogo, annunciando la Parola. 5Filippo, sceso in una città della Samaria, predicava loro il Cristo. 6E le folle, unanimi, prestavano attenzione alle parole di Filippo, sentendolo parlare e vedendo i segni che egli compiva. 7Infatti da molti indemoniati uscivano spiriti impuri, emettendo alte grida, e molti paralitici e storpi furono guariti. 8E vi fu grande gioia in quella città.

vv. 1-4 Questa pagina viene subito dopo la morte di Stefano, il primo martire. Paolo, che ancora si faceva chiamare col suo vero nome, Saulo, era fra quelli che approvavano la sua morte. Poi diventa subito un persecutore dei cristiani.
Questa pagina va letta nel contesto della persecuzione. Gesù nel momento dell’ascensione (nel racconto del Vangelo secondo Luca) ha invitato i discepoli a stare a Gerusalemme, per attendere il dono dello Spirito. Dieci giorni dopo, il giorno di Pentecoste, lo Spirito Santo discende sui discepoli, che restano a Gerusalemme ma cominciano ad annunciare la buona notizia di Gesù Risorto.
L’evento che li sparge ovunque è proprio la persecuzione.
I discepoli vengono dispersi in tutta la Palestina, e la comunità subisce un’esplosione che sparge tutti l’uno lontano dagli altri.
Da questo evento distruttivo nasce però la missione: i discepoli, ovunque dispersi, diventano annunciatori.
L’evento negativo, la persecuzione che voleva distruggere, ha ferito la comunità di Gerusalemme ma ha sparso nel mondo il seme della Parola.

vv. 5-7 Si racconta l’inizio della missione del diacono Filippo: dalla dispersione ricomincia il movimento contrario, il radunarsi della comunità.
Filippo è corso fino alla Samaria, regione considerata marginale per i Giudei osservanti: anche Gesù nel Vangelo ha avuto problemi col rifiuto dei Samaritani, ha lasciato perplessi i suoi discepoli quando seduto al pozzo si è messo a parlare con la donna samaritana, e nel momento del processo davanti al sinedrio, per offenderlo, lo chiamano “samaritano”.
Nonostante fossero agli estremi opposti, con la potenza dello Spirito Filippo e i Samaritani non solo riescono a parlarsi, ma sono radunati in una comunità.
Inoltre, avvengono molti miracoli, molte guarigioni, e si allontanano i demoni, gli spiriti di malvagità. Anche noi possiamo allontanare i pensieri malvagi che ci portano alle parole e alle azioni malvagie!

v. 8 La conclusione è la gioia che pervade tutta la città. Ogni epoca ha le sue divisioni, contrapposizioni, battaglie che rischiano di mettere gli uomini l’uno contro l’altro. Ma tutti cercano la felicità. I discepoli affrontano il disagio della fuga, la corsa per mettersi in salvo, ma portano nel mondo la gioia vera.
La felicità è semplicemente la risposta a uno stimolo positivo, poi quando lo stimolo finisce, cessa anche la felicità. Invece, la gioia è qualcosa di profondo, è il gusto per il senso delle cose, che non viene meno quando è radicato interiormente. Si può essere nella gioia profonda anche quando in superficie si è infelici, osteggiati, perseguitati.

MEDITATIO (cosa mi dice il testo?)
Nella lectio abbiamo visto il significato di questa pagina della scrittura, ma ora devo chiedermi: cosa sta dicendo a me?
Provo a guardarmi in questa pagina, come in uno specchio: qual è il primo elemento che emerge? Cosa sto vivendo anch’io di ciò che avviene ai personaggi?
Quale parola ho sentito rivolta proprio a me? Quale mi ha scavato nel cuore?

A) Posso provare anche a immedesimarmi con un personaggio: cosa ha pensato? Quali sensazioni ha provato? Come avrei reagito io? Quando mi è capitata la stessa cosa che è capitata a lui/lei? Quali sono state le loro paure… e quali sono le mie?

Nello specifico, per questo brano:
1) nei panni dei discepoli costretti a fuggire;
2) nei panni di Filippo in una terra ostile;
3) nei panni dei samaritani radunati da un annuncio di bene.

B) Il secondo tema della nostra meditazione è la corsa, in questo caso per fuggire dalla persecuzione. C’è una persecuzione esteriore (per noi, è qualcosa di lontano, nel tempo e nello spazio, una realtà che non viviamo se non per analogia: siamo liberi di professare la nostra fede, forse talvolta ci manca il coraggio o la serenità di esporci, ma non siamo propriamente perseguitati) e una persecuzione interiore: sono le cose da cui scappiamo, le nostre fughe, le scuse che ci prendiamo. Per non amare con tutto il cuore, per non arrivare fino in fondo, per non prendere sul serio le scelte.
Normalmente in queste circostanze non riusciamo a vedere niente di buono.
Però questa pagina degli Atti degli Apostoli ci ha insegnato che dalla persecuzione, dalla rottura degli schemi, dalla violenta uscita dalla “comfort zone” è nato qualcosa di più grande.
Dalla bella comunità di Gerusalemme, esplosa dappertutto, è nata la Chiesa: noi stessi, che non apparteniamo al popolo di Israele, abbiamo potuto ascoltare il Vangelo per questa esplosione che ha portato i discepoli e il loro annuncio, piano piano, fino agli estremi confini della terra.
Allora proviamo a guardare le nostre “persecuzioni” come un trampolino di lancio.
Quali sono i confini che ci hanno fatto superare? Quali sono le situazioni che mi sembravano impossibili da affrontare e poi sono diventate occasioni feconde? Quali relazioni sono partite con grande imbarazzo e sono diventate forti e profonde?
Cosa mi suggerisce quello che è avvenuto agli apostoli e al diacono Filippo? Come mi fa sentire?

ORATIO (cosa rispondo a chi mi ha parlato in questo testo?)
Pregare la Parola non significa fare un’analisi del testo, ma entrare in un rapporto con Dio nella preghiera: cosa rispondo a Colui che mi ha parlato nel Vangelo?
Dietro questa pagina c’è un volto, il volto di Dio che vuole parlare con me, vuole incontrarmi, vuole farsi conoscere. Già questa consapevolezza è un dono mozzafiato.
Mi fermo a pensare al desiderio di Dio di essere nella mia vita, di rivelarmi il suo progetto di Bene, di farmi entrare in amicizia con Lui.
Questo brano mi ha comunicato la sua Parola… Cosa gli rispondo? Quale messaggio sento che arriva al mio cuore? Come rispondo con la mia preghiera?

Questa pagina ci ha fatto incontrare la Chiesa perseguitata, dispersa, ma che reagisce con un nuovo annuncio, una nuova convocazione, e porta frutti di gioia.
Posso essere in ciascuno di questi stati d’animo: posso sentirmi esploso, disperso e forse anche disperato.
Posso sentirmi affaticato nel tentativo di reagire: posso lamentarmi per le mie distruzioni, o lavorare per ricostruire, per tessere relazioni, per portare l’annuncio del bene.
Posso essere nella gioia, e contemplare le fatiche che ho fatto con orgoglio e fiducia, addirittura con un ringraziamento, perchè dalle avversità sono risalito alla gioia.

In quale stato d’animo mi trovo? Da dove sto rispondendo al Signore?
Noi non siamo mai “generici”, ma sempre determinati. Non è la stessa cosa pregare nella gioia o nel dolore, nella salute o nella malattia. Tutto questo influenza il mio modo di vivere, di pregare, di amare.
Allora, in quale stato d’animo sto pregando? Sono nell’abisso della distruzione, nella salita del fare il bene, nella cima della meta di gioia raggiunta?

E da dove sono, come mi rivolgo a Dio? Con quale preghiera, con quale atteggiamento, con quale domanda?

ACTIO (come incide nella mia vita questo momento vissuto in ascolto e preghiera?)
Per pregare si deve curare l’ingresso in preghiera, ma anche l’uscita dalla preghiera.
Prima di concludere con il segno della Croce, faccio un gesto di venerazione (per es. un bacio al libro della Bibbia, come fa il celebrante dopo che ha letto il Vangelo nella Messa).
Un gesto per riconoscere la presenza del Signore nella mia vita.
Posso prendere una decisione concreta: quale gesto di bene nasce dalla pagina che ho ascoltato e dalla preghiera che ho espresso?
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L’ora media è la preghiera della liturgia delle ore che si colloca ogni tre ore tra le lodi e i vespri.
Una preghiera che può accompagnare l’inizio di un’attività del mattino, o la sua conclusione prima del pranzo… o magari il ricominciare del primo pomeriggio.
È la preghiera che resta a metà… quella più bistrattata, perchè non ha l’importanza delle lodi o dei vespri, nè la facilità della compieta, che collocandosi alla fine della giornata è in un momento propizio. L’ora media invece è a metà, e rischia di faticare ad avere una collocazione. L’ora media è anche la meno suggestiva tra le liturgie, non ha la solennità dei vespri, nè la ricchezza delle lodi.
Però indica un piccolo passo, e ci ricorda che ogni cammino, anche il più lungo, inizia e finisce con un piccolo passo, anzi è fatto tutto di piccoli passi.
Ci conforta quando le nostre giornate sono “esplose” in mille frammenti, in mille stimoli, in mille luoghi e non-luoghi.
In mezzo alla dispersione ci offre un’oasi, un piccolo segno per farci sentire che il cammino può essere faticoso ma che Dio non ci lascia soli.
Come la comunità di Gerusalemme, anche noi siamo dispersi e poi di nuovo radunati, e questo ci rinnova, ci apre alla novità, ci fa spaziare oltre la nostra immaginazione.
Così è l’ora media: all’apparenza insignificante, può essere un piccolo appiglio che dona unità alle nostra tante cose da fare.
In questo tempo dopo Pentecoste, spesso disperso nelle tante attività dell’estate, troviamo il tempo per pregare l’ora media. Una preghiera veloce e semplice, ma che possiamo sentire potente ed efficace sul cammino verso la gioia, e di conforto quando invece ci sentiamo dispersi.

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