Lungo il cammino verso la Giornata Mondiale della Gioventù di Lisbona proponiamo ai gruppi giovanili diocesani alcuni spunti per una Lectio divina sul capitolo 12 della Lettera agli Ebrei, che ci invita a correre con perseveranza.


Giovani in preghiera

STATIO (mi fermo e mi preparo ad ascoltare il Signore, nel silenzio e nella Sua Parola)
Mi fermo un momento. Provo a stare in silenzio, provo a stare con me stesso, ad aprirmi alla contemplazione, a mettere tutto me stesso davanti al Signore.
Sto cercando di entrare in un dialogo, e non solo di “fare” una meditazione…
Un profondo respiro, un luogo adatto, un tempo scelto e custodito mi aiutano a leggere questa pagina, a sentire il desiderio di Gesù di essere nella mia vita e farsi conoscere da me.

Un racconto mi aiuta ad iniziare la lectio:
Un potente sovrano viaggiava nel deserto seguito da una lunga carovana che trasportava il suo favoloso tesoro di oro e pietre preziose.
A metà del cammino, sfinito dall’infuocato sole, un cammello della carovana crollò boccheggiante e non si rialzò più.
Il forziere che trasportava rotolò per i fianchi della duna, si sfasciò e sparse tutto il suo contenuto, perle e pietre preziose, nella sabbia.
Il principe non voleva rallentare la marcia, anche perché non aveva altri forzieri e i cammelli erano già sovraccarichi.
Con un gesto tra il dispiaciuto e il generoso invitò i suoi paggi e i suoi scudieri a tenersi le pietre preziose che riuscivano a raccogliere e portare con sé.
Mentre i giovani si buttavano avidamente sul ricco bottino e frugavano affannosamente nella sabbia, il principe continuò il suo viaggio nel deserto.
Si accorse però che qualcuno continuava a camminare dietro di lui.
Si voltò e vide che era uno dei suoi paggi, che lo seguiva ansimante e sudato.
“E tu,” gli chiese il principe, “non ti sei fermato a raccogliere niente?”
Il giovane diede una risposta piena di dignità e di fierezza:
“Io seguo il mio re!”.
(Luigi Ginami, Seguo il mio re! Una regola di vita per i giovani, Ed. Paoline)

Prima di leggere, invochiamo lo Spirito Santo, che ha ispirato l’autore a scrivere questa pagina del Nuovo Testamento, e che ispira noi a comprendere la Parola di Dio.

Invocazione allo Spirito Santo
Potenza di Gesù Risorto,
respiro del Figlio Unigenito
che ci rende tutti figli
dell’unico Padre,
vieni, Spirito Santo!
Aiutaci a tenere fisso lo sguardo
su Gesù,
aiutaci a leggere la nostra vita
alla tua luce: vieni, Spirito Santo!
Fa’ che non ci stanchiamo d’animo
nella fatica della corsa:
vieni Spirito Santo!

LECTIO (cosa dice il testo?)
Lettera agli Ebrei 12,1-3
1Anche noi dunque, circondati da tale moltitudine di testimoni, avendo deposto tutto ciò che è di peso e il peccato che ci assedia, corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti, 2tenendo fisso lo sguardo su Gesù, colui che dà origine alla fede e la porta a compimento. Egli, di fronte alla gioia che gli era posta dinanzi, si sottopose alla croce, disprezzando il disonore, e siede alla destra del trono di Dio. 3Pensate attentamente a colui che ha sopportato contro di sé una così grande ostilità dei peccatori, perché non vi stanchiate perdendovi d’animo.

Una introduzione necessaria alla Lettera agli Ebrei.
La lettera agli Ebrei è una specie di lunga catechesi. Non è come i Vangeli, fatti di racconti, personaggi, situazioni… ma è un discorso rivolto ai cristiani che avevano già ricevuto il primo annuncio su Gesù e volevano capire più in profondità il ruolo di Cristo nella loro vita.
Siccome è un discorso e non una parabola o un racconto, lo devo ascoltare e poi capire cosa mi dice di Gesù e della mia vita. Da qui può partire la mia preghiera.

La lettera agli Ebrei presenta Gesù come Sommo Sacerdote, cioè il mediatore tra Dio e l’uomo, quello che unisce il cielo e la terra.
L’Antico Testamento e il culto giudaico aveva al centro il sacerdote che, offrendo i sacrifici, metteva in comunione il popolo e il suo Dio, invocava il perdono, celebrava la gioia.
Gesù non è un sacerdote come quelli dell’Antico Testamento, perché ha offerto se stesso e non il sacrificio degli animali.
Il sacrificio di Gesù sulla croce non è solo un “prezzo di sangue” per la riconciliazione dell’umanità, ma è il modello della vita cristiana. Infatti Gesù sulla croce si offre perché continua ad aver fiducia in Dio, anche quando si sente solo e abbandonato.
Sulla croce Gesù è rifiutato, e sembra essere smentito come Messia potente, ma continua a fidarsi di Dio Padre. Sulla croce Gesù si offre liberamente, cioè continua ad amare anche se rifiutato, continua a sperare anche se sembra giunto alla fine di tutto, continua ad aver fede che Dio lo salverà dalla morte.
Così, mostra come vive un figlio, ci rivela che Dio è Padre.
Nella preghiera eucaristica diciamo queste parole: offrendosi volontariamente alla sua passione… Non è la morte di Gesù in sé che porta la salvezza, ma la sua libertà di andare incontro alla morte, la fine di ogni prospettiva umana, con un amore e con una fiducia di Figlio, un Figlio che sa di aver ricevuto (e che tutto sempre riceverà da Dio che è Padre).
In questo Gesù è sacerdote sommo, nell’aprire con la sua libertà una via anche per noi.
Ogni cristiano è sacerdote perché può offrire la sua libertà come Gesù.
Gesù non è sacerdote e vittima perché muore, ma perché continua ad amare, a sperare, a credere in Dio che è Padre, e ci ha dato modo di vivere così.
Ogni giorno mi dicono: “sii te stesso!”. Gesù mi dice: “sii te stesso, cioè vivi da figlio del Dio che è Padre”.
Avere fede vuol dire vivere da figli, come Gesù e come i tanti testimoni della fede.

Il capitolo 11 è un elenco di testimoni della fede, che hanno vissuto seguendo la via di Gesù, e che sono ripresi nel cap. 12 che dice che noi siamo circondati da questi testimoni mentre stiamo correndo in uno stadio.
L’immagine che vuole evocare è questa: la nostra vita è una corsa, una gara di resistenza in uno stadio. Arrivo a un certo punto e mi sembra di non farcela, di non avere più le forze… e vorrei smettere, vorrei abbandonare tutto, e buttare via tutta la fatica fatta fino a quel momento. Poi alzo lo sguardo e vedo che gli spalti sono pieni di gente che fa il tifo per me, mi incita, mi invita in ogni modo a non mollare. È tutta gente che ha fatto la stessa corsa, ma in condizioni ancor più difficili della mia… e a quel punto sento in me una forza che non avevo, e continuo, continuo a correre fino alla vittoria.

La nostra vita cristiana è così… non vedo ancora il traguardo, sento la fatica, sento di essere giustificato a mollare, sento che non ce la faccio più… ma sono circondato da un sacco di altri che hanno fatto la stessa fatica e sono arrivati, e fanno il tifo per me. E non mi dicono niente ma urlano con la loro vita che si può essere davvero come Gesù!

Il capitolo 12 ci mette dentro la gara e invita, con queste prime righe, a continuare la corsa:
– guardando ai testimoni di fede, che ci incoraggiano e fanno il tifo per noi;
– lasciando tutto ciò che è di peso, cioè stando lontani dal male e dal peccato, abbandonando tutto ciò che è impedimento alla vita cristiana, che diventa come correre con un peso addosso, con un laccio che ci impedisce di andare speditamente;
– invita a perseverare, a non lasciarsi schiacciare dall’idea che il cammino è ancora lungo.
Tutto questo può essere possibile solo se si tiene lo sguardo su Gesù.
Gesù è presentato come il fondamento della fede, colui su cui facciamo affidamento, quello che ci insegna a vivere affidandoci al Padre; è presentato anche come il compimento della fede, colui che dà la pienezza alla fede: vivere come Gesù è il compimento della nostra fede e della nostra vita.

L’autore ci ricorda che Gesù non ha avuto paura del disonore, non ha avuto remore a mettersi a servizio nonostante la sua dignità divina: proprio per aver continuato ad amare e aver mostrato la via dell’amore, Dio Padre lo ha salvato attraverso la morte e lo fa ora regnare alla sua destra in cielo.
Il pensiero della Croce, della Passione, del rifiuto dell’amore che Gesù ha subito deve essere un incoraggiamento e un incitamento a non stancarci.

MEDITATIO (cosa mi dice il testo?)
Nella lectio abbiamo visto il significato di questa pagina biblica, ma ora devo chiedermi: cosa sta dicendo a me?
Provo a guardarmi in questa pagina, come in uno specchio: qual è il primo elemento che emerge? Cosa sto vivendo anch’io di ciò che avviene ai personaggi?
Quale parola ho sentito rivolta proprio a me? Quale mi ha scavato nel cuore?
Posso provare anche a immedesimarmi con un personaggio: cosa ha pensato? Quali sensazioni ha provato? Come avrei reagito io? Quando mi è capitata la stessa cosa che è capitata a lui/lei?

Nello specifico, per questo brano:
1) anzitutto devo immedesimarmi con la “corsa” che viene usata come immagine per descrivere la vita:
a) devo immaginare cosa significa che la mia vita è una lunga corsa, che la mia vita cristiana è un gesto atletico che chiede sforzo, impegno e disciplina… ma anche che mi aspetta un traguardo. Questa fatica, questa perseveranza non sono senza meta. Devo sentire con sincerità le mie fatiche, ma anche gustare la bellezza di avere un traguardo. Devo sentire l’incoraggiamento dei testimoni della fede, ricordandone qualcuno: può essere un santo, un educatore, una persona che ancora oggi è con me e mi aiuta con la sua fede;
b) devo “deporre ciò che è di peso”: cosa mi intralcia nella mia vita cristiana? Cosa mi intralcia nell’amare gli altri? La lettera dice che è il peccato ciò che intralcia, che è impedimento (=qualcosa che sta “in mezzo ai piedi” e quindi impedisce di camminare e correre speditamente). Sbarazzarsi del peccato non significa fare rinunce ascetiche dolorose, fare digiuni e macerazioni… ma significa poter essere liberi. Questo è un punto decisivo: quale cattiva abitudine mi impedisce di camminare dietro Gesù? Quale distrazione mi impedisce di correre seguendo Gesù? Quale “peso” mi toglie la gioia di amare? Liberarmi dal peccato non vuol dire fare una rinuncia a qualcosa che mi seduce e mi è difficile lasciare… ma vuol dire sbarazzarmi di una zavorra che mi impedisce di essere me stesso.

2) Siamo invitati a correre con perseveranza tenendo fisso lo sguardo su Gesù.
Tenere lo sguardo su di Lui ha tanti significati, ma ne scegliamo due:
a) il primo è la fedeltà nella preghiera: tenere lo sguardo su Gesù ci richiama alla preghiera di adorazione, a riconoscere la sua presenza nella nostra vita. Posso fare anche una preghiera silenziosa davanti al crocifisso o davanti all’icona, posso pregare con gli occhi. La nostra vita è piena di immagini da ogni parte, che ci creano dentro un mondo di suggestioni… facciamo un po’ di spazio all’immagine di Gesù, perché, contemplandola, ci fa entrare in rapporto con Lui;
b) il secondo è la fedeltà all’amore di Gesù: tenere lo sguardo su Gesù vuol dire imitare il suo amore e la sua vita da Figlio. Come seguo il suo esempio? In cosa lo imito? Quali sono i momenti in cui vivo da figlio, affidandomi a Dio che è Padre? Quale passo di imitazione mi chiede il Signore? Quale fedeltà nei miei impegni? Quale gioia raccolgo nei sacrifici che faccio per amore degli altri, di chi mi è affidato? Sento che quando amo in sincerità sto agendo come Gesù? Sento che Dio non mi chiede di fare qualcosa in più per Lui, ma solo di vivere le scelte quotidiane con uno speciale atteggiamento da figlio?

3) Guardiamo al sacrificio di Gesù, alla sua Passione… e Risurrezione. Gesù non ha fatto conto della fatica e dell’ignominia, ha accettato tutto pur di continuare ad amare, pur di essere fedele, e ha ottenuto il frutto delle sue fatiche. Mi fermo un momento a pensare quali sono le mie fatiche, le mie fedeltà… ma anche i frutti del mio impegno. Cosa mi sta dicendo il mio percorso di carità? Cosa mi chiede il Signore nelle fatiche di ogni giorno? Quali doni ho ricevuto, e cosa dicono di me e della mia vocazione?

4) L’ultimo invito è: non stancarti e non perderti d’animo!
Come si fa a dire, a uno che corre, di non stancarsi? Cosa stanca veramente? La lettera ci dice che la stanchezza non sta nella corsa che hai già fatto, ma in quella ancora da fare: se non vedi la meta, se non vedi Gesù, allora arriva la stanchezza, perché la tua fatica non ha più senso… e si perde ogni forza.
Non si è stanchi per il cammino fatto, ma per quello ancora da fare, come quando in montagna si vede davanti a sé una salita che sembra infinita, e ti viene da dire “non ce la faccio più”. Anche nella vita spirituale possiamo sentirci scoraggiati e perdere le forze (perderci d’animo), quando guardiamo avanti e ci sembrano troppo duro il cammino, troppo esigenti le scelte, troppo fiacca la nostra volontà.
Questo è il momento di vedere che anche Gesù ha affrontato le stesse fatiche (la lettera dice: “la grande ostilità dei peccatori”), ma la sua fiducia in Dio suo Padre lo ha fatto continuare. Questo è il segreto della nostra perseveranza.
Quali sono le fatiche che mi tolgono il fiato? Quali “salite” davanti a me mi fanno perdere d’animo? Quale consolazione mi viene dalla forza di Gesù nelle avversità?

ORATIO (cosa rispondo a chi mi ha parlato in questo testo?)
Pregare la Parola non significa fare un’analisi del testo, ma entrare in un rapporto con Dio nella preghiera: cosa rispondo a Colui che mi ha parlato in questa pagina del Nuovo Testamento?
Dietro questa pagina c’è un volto, il volto di Dio che vuole parlare con me, vuole incontrarmi, vuole farsi conoscere. Già questa consapevolezza è un dono mozzafiato.
Mi fermo a pensare al desiderio di Dio di essere nella mia vita, di rivelarmi il suo progetto di Bene, di farmi entrare in amicizia con Lui.
Questo brano mi ha comunicato la sua Parola… Cosa gli rispondo? Quale messaggio sento che arriva al mio cuore? Come rispondo con la mia preghiera?

In questo testo ci sono diverse espressioni di incoraggiamento, di incitamento, un vero tifo da stadio! Quale invocazione nasce in me? Come può diventare la mia preghiera?

Nel capitolo 11 l’autore ha elencato una serie di “campioni della fede”, ricordando tanti personaggi dell’Antico Testamento che hanno vissuto con fiducia in Dio, hanno vissuto nel giusto rapporto con Dio al di là delle delusioni, delle incomprensioni e delle persecuzioni che hanno subìto.
Quali sono i miei “testimoni”, quelli che fanno il tifo per me?
Posso provare a scrivere un mio elenco di santi, di persone esemplari, che vengono dalla mia vita o da tutta la storia, e che ispirano la mia vita a vivere come Gesù.
Sono quelli che hanno seguito il cammino tracciato da Gesù e che anch’io voglio seguire.
Posso creare anche visivamente attorno a me “gli spalti” con i testimoni di fede che mi incoraggiano con il loro esempio (e, dal paradiso, pregano per me).
Come posso invocare i santi, perché mi aiutino col loro esempio?

Quale preghiera nasce in me davanti alle mie fatiche? Cosa chiedo al Signore per imitarlo? Cosa vorrei rispondere al suo incitamento, al suo invito a perseverare? Di quale dono e incoraggiamento voglio ringraziare? Quale preghiera mi suggerisce il “tenere fisso lo sguardo su Gesù”? Cosa rispondo meditando sul suo esempio di carità e di fedeltà verso di me?

ACTIO (come incide nella mia vita questo momento vissuto in ascolto e preghiera?)
Per pregare si deve curare l’ingresso in preghiera, ma anche l’uscita dalla preghiera.
Prima di concludere con il segno della Croce, faccio un gesto di venerazione (per es. un bacio al libro della Bibbia, come fa il celebrante dopo che ha letto il Vangelo nella Messa).
Un gesto per riconoscere la presenza del Signore nella mia vita.
Posso prendere una decisione concreta: quale gesto di bene nasce dalla pagina che ho ascoltato e dalla preghiera che ho espresso?
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Questa pagina ci invita a tenere fisso lo sguardo su Gesù. Posso decidere di fare ogni giorno un minuto di preghiera silenziosa guardando il crocifisso, o un’icona del Salvatore, o magari prendermi un po’ di tempo una volta alla settimana per stare in chiesa davanti al tabernacolo o nell’adorazione.
Può essere anzitutto una preghiera silenziosa, letteralmente tenendo lo sguardo su Gesù… ma può nascere in me l’invocazione per sentire il suo aiuto e la sua presenza nelle mie fatiche di quella giornata, di quella settimana, chiedendo la forza e l’aiuto per non stancarmi.

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