Presentiamo una riflessione a partire da Gv 20.
a cura di Gloria
Mari
"Nocetum"
Eppure, nonostante le chiusure Gesù riesce a trovare il modo di entrare…
Mi stupisce talora, incontrando dei giovani, il rifiuto deciso di sentire nominare – anche solo la parola – Gesù.
Come se fosse una persona del passato, quel Gesù che sembrava animare i loro cuori durante la Comunione e poi la Cresima non risponde più alle loro attese, ai loro bisogni, alle esigenze del momento.
Come, dunque, può parlare oggi a me quell’uomo-Dio? E come posso parlare delle mie esperienze con Lui perché io possa poi trasmetterlo agli altri?
In questo momento di pandemia da Covid 19, dove ci siamo dovuti sbarrare in casa, per paura del contagio, dove abbiamo dovuto fare didattica a distanza e i genitori e i parenti sono stati tesi e preoccupati, abbiamo vissuto l’esperienza forte della mancanza di relazioni, di poter vivere momenti di gioia, di divertimento con i nostri amici. Qualche riapertura per poi subire una nuova chiusura, talvolta vivendo tutta la rabbia di non poter fare niente.
Una cosa è certa: se non si prova, questo stato di incertezza è difficile da spiegare e sembra che talora la rabbia sia l’unica modalità per esprimere il nostro disagio, la nostra paura. Ho visto giovani poco più che adolescenti darsi appuntamento in un piccolo parco milanese solo per picchiare, urlare, danneggiare gli arredi, in preda a alcool e droga. Incapaci di un controllo hanno espresso solo sentimenti repressi. Lì per lì il mio desiderio è stato solo quello di dare una bella lezione a questi delinquenti e chiamare le forze dell’ordine per fermarli. Ma poi mi sono anche chiesta cosa stanno esprimendo se non frustrazione per una situazione che non sanno leggere. Ragazzi i cui genitori magari sono rimasti senza lavoro, che non riescono a pagare le bollette e forse devono fare anche la fila per il pacco viveri settimanale. O comunque senza un riferimento che li aiuti a leggere questa realtà. Qui al Nocetum incontro spesso donne povere a cui diamo la spesa settimanale e che ci chiedono aiuto per i loro figli che fanno fatica a seguire le lezioni a distanza. Oppure domandano uno spazio adeguato all’aiuto con i compiti. In cinque o sei persone in trenta metri quadrati è davvero difficile non solo la didattica a distanza ma semplicemente vivere dignitosamente.
“Credevo che fosse Gesù il salvatore” si dicono i discepoli di Emmaus, “ma dopo la sua morte in croce non è successo niente”. E Gesù non risponde al loro sconforto con una predica, ma li ascolta, cammina con loro. Perché l’esigenza di un’esperienza, di un incontro con Lui è legittima e deve animare il nostro cuore sempre.
Gesù ripete anche a noi per la seconda volta quel saluto colmo di benedizione, colmo di vita.
E la vita, per essere vissuta veramente, deve essere condivisa. Perché è giusto e sacrosanto desiderare rivedere amici e conoscenti, e forse anche quei parenti così significativi per noi. Allora accogliamo anche noi quel saluto così profondo che ci è dato adesso: Pace a voi. Quella parola non è semplicemente tranquillizzante, ma, passando attraverso i secoli e i millenni, viene a me ora e si realizza.
Diventa fonte di grazia anche per tutti coloro che incontro.
Se quindi ci interessa trovare un nuovo senso alla nostra vita, qualunque sia la situazione che stiamo vivendo, possiamo venire ricreati e diventare uomo o donna nuova. Perché quel soffio dello Spirito dopo il saluto di pace di Gesù ci riporta a quando Dio soffia nelle narici della sua prima creatura, Adamo, nel giardino descritto nel libro della Genesi. E quando vedo il nostro campo coltivato vicino alla chiesetta, fino a pochi anni fa terreno di coltivazione intensiva, scorgo tutta la bellezza dei germogli di tante pianticelle diverse tra loro che fanno capolino tra l’erba. Ogni anno nuove.
Ma come faccio ad avere una vita nuova, a rinascere? Come chiede anche Nicodemo a Gesù? “Posso forse entrare una seconda volta nel grembo di mia madre e rinascere?”. Dobbiamo considerare che non è solo il corpo a determinare la mia persona ma anche quanto abita nel mio cuore che è ancora più importante perché influenza le mie emozioni, i sentimenti, le scelte. È lì che avviene il miracolo di una vita nuova. Ed è esperienza possibile a tutti, giovani, vecchi, ricchi, poveri… in base a quell’esperienza possiamo liberare coloro che sono schiavi di una lettura puramente carnale della vita che impedisce la vita nuova. Chi si lascerà liberare sarà perdonato e gli altri resteranno vittime della loro chiusura.
Solo così si diventa contagiosi di una positività di vita, anche verso chi è diverso da noi. Persino verso chi appartiene a un’altra religione. Penso alle tante nostre conoscenti islamiche che in questo periodo stanno vivendo il Ramadan per avere un controllo sull’istinto della fame e della sete, per essere libere a orientare il cuore alla preghiera, all’incontro con Dio. Qui si sentono comprese, desiderose di condividere anche con noi quel cibo serale che segna il termine della rinuncia. Con molto rispetto per la nostra fede si trova un punto d’incontro nell’accoglienza dell’altro, oltre le paure e i pregiudizi.
Ogni giorno resto nell’attesa di vedere il campo fiorito, i bambini accolti con le loro mamme che giocano nel verde e i profumi della nostra cucina professionale diffusi nell’aria a segnare un nuovo inizio, una vita nuova che ci attende sempre anche dopo una grande fatica come quella della pandemia. Semplicemente posso assicurare anche per esperienza che a Dio tutto è possibile.
(Testo scritto il 19 aprile 2021)
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