Giovedì 17 giugno il nostro Arcivescovo ha visitato l'Oratorio San Giovanni Bosco di Giussano (MB): in quell'occasione ha dialogato con i 18/19enni, rispondendo alle loro domande sul tema della Regola di vita e più in generale della fede.
A cura del Servizio per i Giovani e l’Università
Giovedì 17 giugno il nostro Arcivescovo ha fatto visita all’Oratorio San Giovanni Bosco di Giussano (MB).
In questa occasione ha incontrato quanti sono impegnati nella realizzazione della proposta dell’oratorio estivo ed ha avuto modo di dialogare anche con i 18/19enni.
Ne è nato un dialogo sulla Regola di vita e più in generale sulla fede attraverso alcune domande che i ragazzi e le ragazze presenti hanno posto a Mons. Delpini.
Come prima cosa all’Arcivescovo è stato chiesto come abbia deciso di fare il prete.
Nella sua risposta egli ha evidenziato che quella di Dio è stata per lui una presenza che lo ha preceduto: crescendo in una famiglia cristiana, da ragazzo e da adolescente pregare era per lui una cosa naturale, quasi “scontata”. Successivamente ci sono stati dei momenti particolarmente intensi, in cui questo rapporto spontaneo è diventato un qualcosa che lo ha scosso: nella preghiera, specialmente in ginocchio davanti all’eucarestia, ha avvertito la presenza di Gesù: da lì la persuasione che il Signore è presente, chiama, parla.
Pertanto, mentre da ragazzo e da adolescente trovava piuttosto naturale l’idea di fare il prete, durante il Seminario ha compreso che era chiamato a farlo da cristiano: non perché gli piacesse o perché fosse un bel “mestiere”, ma perché, facendo il prete, avrebbe servito la gente e amato Gesù. È quindi passato dal pensare all’essere prete come desiderio, a fare il prete come risposta ad una vocazione; dal desiderare di fare una cosa alla risposta alla vocazione a essere cristiano nel fare quella determinata cosa.
Attraverso la seconda domanda sono state chieste all’Arcivescovo indicazioni utili per sostenere il rapporto con Gesù e per scrivere la Regola di vita.
Mons. Delpini ha risposto dicendo che scrivere una Regola di vita significa innanzitutto rendersi conto della verità della vita: noi siamo vivi perché abbiamo ricevuto la vita; nella nostra vita Dio è presente come il cuore che batte; Dio è con noi anche se noi non ce ne accorgiamo; la vita di Dio in noi è come il respiro.
Pertanto, dal momento che Gesù è il solo che può renderci cristiani, è fondamentale vivere una relazione con Lui in maniera continuativa e non solo in qualche momento straordinario: a tal proposito l’Arcivescovo ha invitato i presenti ad essere perseveranti nella preghiera, suggerendo in particolare quella del cuore, che viene dalla tradizione russa: essa consiste nel ripetere tantissime volte una frase semplicissima rivolta a Gesù. Lui stesso, dicendo per ore “Signore Gesù, Figlio di Dio, abbi pietà di me peccatore”, ha sperimentato e respirato la presenza di Dio, avvertendo queste singole parole come una porta d’ingresso sull’abisso del mistero.
L’Arcivescovo Mario ho poi sottolineato l’importanza di inserire il servizio all’interno della propria Regola, come stile di vita, come impegno costante e non solo come un episodio sporadico.
Sul servizio ha lasciato inoltre tre suggerimenti: il primo riguarda la pratica dell’arte del buon vicinato. Quel servizio che non è fare qualcosa, ma l’essere dei buoni vicini, delle persone gentili, che salutano chi incontrano, che parlano volentieri con i compagni di studio, con quelli di viaggio, con gli altri ragazzi e ragazze dell’oratorio, del paese. Un buon vicinato, che non è fare una cosa, ma avere uno stile che rende abitabile la città.
Una seconda raccomandazione è la regola della decima. La decima vuol dire: in tutto quello che si fa, ci deve essere una decima, cioè un particolare che è gratis. Ognuno di noi ha ventiquattro ore di tempo nella propria giornata: nell’organizzazione di questo tempo ci deve essere la decima, cioè del tempo da dedicare a qualcosa che non sia per sé (che si tratti di fare l’animatore in oratorio o il volontario, di dedicare un’ora di doposcuola ai bambini che fanno fatica…). Basta volere, ci sono una miriade di possibilità di volontariato.
Infine, l’Arcivescovo ha suggerito come servizio il bene fatto insieme: un gruppo di giovani dovrebbe fare un’opera buona insieme. Il bene fatto insieme, infatti, rende più coesi e rende più incisiva la presenza dei cristiani sul territorio.
Quindi è stata posta a Mons. Delpini un’ulteriore domanda riguardante la scelta della propria guida spirituale.
Prima di tutto, come ha suggerito l’Arcivescovo, essa deve essere fatta con lo sguardo della fede: serve avere la predisposizione ad un atteggiamento di fede. Secondo: bisogna pregare il Signore perché ci faccia incontrare questa persona. Sicuramente la scelta non deve essere impulsiva; solitamente nasce da una conoscenza progressiva: si inizia da un colloquio, da un incontro, si scambiano due parole e magari si intuisce che quella persona può essere quella giusta nel guidarci.
Infine, è stato chiesto se la Regola di Vita è abbastanza per vivere una vita pienamente cristiana.
L’Arcivescovo Mario ha affermato come essa non basti: la Regola è lo strumento, che mettendo alcuni punti di riferimento, permette una certa verifica. Avere una Regola aiuta ad essere un po’ meno superficiali, a fissare dei buoni propositi non generici, a precisare un itinerario. Ma di per sé non basta: è chiaro che ci vogliono l’amore, l’umiltà, la verifica. Perciò la Regola scritta a 18-19 anni non basta per la vita. Anzi, bisognerebbe avere l’umiltà di rivederla ogni anno: se cambia la vita, deve cambiare anche la Regola.
Ancora una volta siamo grati al nostro Arcivescovo per essersi posto in ascolto del vissuto dei giovani e delle domande che portano nel cuore.
Il nostro ringraziamento va anche ai 18/19enni di Giussano per il loro impegno nel cammino di fede orientato all’incontro con Gesù e per il loro servizio nelle attività dell’oratorio estivo (e non solo).