Il dialogo tra i giovani del Decanato di Rho e l’Arcivescovo Mario Delpini, in occasione della sua visita pastorale, ha permesso di incontrare tutti i giovani che nelle città del decanato (tra Rho, Lainate, Cornaredo, Settimo e Pero) stanno vivendo un cammino di fede; per questo sono stati invitati non solo i giovani degli oratori ma anche rappresentanti della Chiesa copta e la realtà degli scout
Letizia
Gualdoni
Servizio per i Giovani e l'Università
Un momento ricco di riflessioni profonde e di condivisione. In un’atmosfera di ascolto reciproco, nella serata di giovedì 9 gennaio, all’Oratorio di Pero, l’Arcivescovo Mario Delpini ha risposto a interrogativi che riguardano il cammino spirituale di ciascuno. La serata, che ha visto una partecipazione entusiasta da parte dei giovani, ha sottolineato l’importanza di scoprire la fede e di comprendere come il progetto di Dio si intrecci con le scelte di ognuno.
Dopo l’accoglienza dell’Arcivescovo, la prima attività che ha avviato la serata (proseguita con un dialogo su alcune domande, prima della cena condivisa, mentre si è concluso con la preghiera della Compieta) è consistita nel confronto su una fotografia, digitale o stampata, che ognuno doveva individuare, a significare una svolta per la propria vita. Tutti, giovani delle diverse realtà, consacrate, responsabili, sacerdoti e Vescovi (oltre all’Arcivescovo Mario Delpini era presente anche il Vescovo Luca Raimondi, Vicario episcopale della Zona pastorale di Rho) si sono messi in dialogo con semplicità e disponibilità.
Il tema centrale della serata era la scoperta della fede degli altri e la riflessione su come ciascuno viva il proprio rapporto con Dio. L’incontro si è aperto con la consapevolezza che conoscere e comprendere le esperienze altrui arricchisce la propria vita spirituale. Un gruppo di giovani ha elaborato alcune domande da porre all’Arcivescovo, cercando risposte a dubbi che toccano la vita di tutti.
Il primo tema trattato è stato quello della conciliazione tra il piano di Dio e il nostro libero arbitrio. Una giovane, con una domanda molto personale, ha espresso la sua difficoltà nel comprendere come le scelte individuali si possano allineare con un disegno divino, dato che, da un lato, siamo chiamati a seguire il progetto di Dio e, dall’altro, abbiamo la libertà di scegliere: «Io ho questo dubbio a cui ho pensato molto – ha esordito -. La nostra fede ci insegna che Dio ha un disegno per tutti noi, per la nostra vita. Allo stesso tempo noi abbiamo libero arbitrio, cioè abbiamo la libertà di prendere decisioni o fare azioni che possano deviare da questo piano. E allora volevo chiederle, secondo lei come si conciliano queste due cose, il piano di Dio e il nostro libero arbitrio e come faccio anche a capire se io sono diciamo “sulla strada giusta”, cioè se quello che sto facendo rientra nel piano di Dio?».
L’Arcivescovo ha risposto con chiarezza, affermando di essere fermamente contrario all’idea di un “copione” prestabilito per ciascun individuo, come se Dio avesse già scritto un libro in cui sono segnate tutte le scelte di ciascuno di noi. «Il desiderio di Dio è che ciascuno di noi viva da figlio e figlia di Dio, perché è il motivo per cui siamo al mondo, perché non è che noi ci siamo fatti da noi stessi» – ha dichiarato. Secondo l’Arcivescovo, la rivelazione cristiana, con il riferimento in particolare al brano di Efesini cap.1, suggerisce che il progetto di Dio per ogni persona è quello di farci partecipare alla sua vita, una vita che non muore e che è piena di felicità.
L’Arcivescovo ha spiegato che non c’è contraddizione tra il piano divino e il nostro libero arbitrio, e ha sottolineato che la vera domanda da porsi riguarda come fare scelte che ci avvicinino a questa vita piena in Dio. «Tu fai quello che vuoi, purché cammini verso la vita di Dio», ha continuato, invitando i giovani a scegliere in base alla propria capacità di amare.
Per capire se si è sulla strada giusta, l’Arcivescovo ha suggerito tre criteri fondamentali: la passione per ciò che si fa, l’utilizzo dei propri talenti e il consiglio con persone di fiducia. «Ci sono diverse cose che ti aiutano a capire se la strada è giusta: prima cosa, se quello che hai in mente di fare ti piace», ha affermato. La scelta, quindi, deve essere in armonia con i propri desideri profondi e con ciò che si è chiamati a realizzare.
Un’altra domanda è arrivata da un giovane del mondo scout, che ha chiesto all’Arcivescovo come si possa riconoscere e concretizzare la propria vocazione, specialmente in un mondo in cui la vocazione sacerdotale sembra essere l’unica scelta vocazionale riconosciuta. Ci chiedevamo: «Come si può non soltanto riconoscere ma anche concretizzare la vocazione?». L’Arcivescovo ha risposto con grande profondità, ribadendo che la vocazione è una sola: «Essere figli di Dio». Tutte le vocazioni sono parte di questo cammino verso la partecipazione alla vita divina, e ogni scelta che risponde a questa chiamata può essere una vocazione.
«Gesù è vivo e ti parla. Quando scelgo, scelgo insieme con Lui», ha spiegato l’Arcivescovo, invitando i giovani a considerare ogni scelta importante come un atto di discernimento che avviene in dialogo con il Signore Gesù. La vocazione non è solo una risposta a una chiamata specifica, come quella al sacerdozio o alla vita religiosa, ma è un percorso che ogni cristiano compie in risposta alla presenza viva di Gesù nella sua vita.
Il discernimento, quindi, è un cammino che passa attraverso la preghiera, l’ascolto della Parola di Dio e il confronto con chi può aiutare nel cammino, come i genitori, i sacerdoti o altri educatori. «Vocazione vuol dire che Gesù c’è e ti parla», ha concluso, invitando tutti a un atteggiamento di ascolto attento, silenzioso e aperto alla Parola di Dio.
Uno degli ultimi temi sollevati durante la serata è stato come vivere la fede in un mondo sempre più concreto e materialista, soprattutto quando si entra in contatto con persone che non credono. Come rendere concreta la propria fede? La risposta dell’Arcivescovo è stata sorprendentemente semplice e diretta. «Chiaro che concreto può voler dire efficiente, può voler dire qualcosa che si tocca, qualcosa che si calcola, qualcosa che si misura. Però io mi chiedo, ma la morte non è una cosa concreta? Ma la vita non è una cosa concreta? Ma l’amore non è una cosa concreta? Ecco, io dico sì. La concretezza delle cose non è la loro banalità. La concretezza delle cose non è la loro misurabilità. È concreto quello che si misura, quello che si pesa, ma è concreto anche quello che si prova, quello che si sente, quello che si teme, quello che si spera. La morte è concreta. La vita è concreta. L’amore è concreto». La fede cristiana non è un’idea astratta, ma si radica nella realtà della vita e della morte, nella gioia e nel dolore, nell’amore che ci lega gli uni agli altri. «La nostra fede è Gesù che si è fatto carne e che dunque ci dice qualcosa a proposito della vita, della morte, dell’amore, della speranza, di queste cose concrete. E noi crediamo in Gesù perché Lui è concreto e ci dà risposte, ci aiuta a capire le cose importanti della vita». L’Arcivescovo ha ricordato che «Il verbo di Dio si è fatto carne» e che, in quanto tale, la fede cristiana non è una dottrina, ma una storia concreta, un evento storico che cambia il nostro modo di vedere il mondo. La morte è stata vinta dalla risurrezione di Gesù, e da essa deriva la speranza che la vita abbia un senso. «La vita ha un senso perché Gesù è vivo, è risorto e mi rivela che la vita ha un senso», ha detto con forza.
Infine, un giovane, rispondendo a una delle tre domande poste dall’Arcivescovo stesso ai giovani, ha sottolineato un messaggio di speranza “per il popolo della notte”. Nonostante le difficoltà e le imperfezioni, la grande verità che i ragazzi e i più giovani devono custodire è che sono amati da Dio. «Anche se non sono perfetti ai loro occhi, sono amati da Dio e da tutte le persone che Dio ci ha messo intorno». Noi siamo fatti per essere felici partecipando alla vita del figlio di Dio, alla vita di Dio. «L’annuncio che io provo a dargli come educatore e anche tutti gli altri educatori che con me seguono i ragazzi, è un po’ questo. E questa cosa è, secondo me, il grande annuncio che noi cristiani, diciamo, possiamo dare a tutti. Perché tutti, secondo me, oggi hanno un po’ questa esigenza, cioè il sentirsi guardati, il sentirsi voluti bene».
Questa consapevolezza è il cuore del messaggio cristiano e la forza che ogni giovane cristiano può portare nel mondo: l’amore di Dio è la chiave di ogni vocazione, di ogni scelta di vita e della nostra fede.