Nell'ambito della proposta diocesana "Vita comune per la Carità", a gennaio 2022 ha avuto inizio un'esperienza di vita comune ("Casa Nazaret") presso la canonica del Divin Pianto di Cernusco sul Naviglio: proponiamo la testimonianza dei giovani che hanno aderito all'iniziativa.
A cura di Katia Castellazzi
Servizio per i Giovani e l'Università
Il 9 gennaio è iniziata un’esperienza di vita comune (“Casa Nazaret”) presso la canonica del Divin Pianto di Cernusco sul Naviglio sotto la guida di don Andrea Citterio, responsabile della Pastorale giovanile locale. Quattro i ragazzi che hanno aderito alla proposta: Teresa Abbate, 23 anni, logopedista; Marika Ambrosoni, 25 anni, impiegata presso l’ufficio progettazione gare per la ristorazione collettiva, Nicolò Caporale, 22 anni, studente di Economia all’Università Bicocca e Alessandro Sante Galbiati, 26 anni, consigliere comunale e praticante avvocato. Tutti loro sono anche attivamente impegnati nell’ambito oratoriale o delle associazioni cattoliche: Teresa fa parte degli Scout; Marika e Nicolò sono educatori e membri del consiglio della comunità educante di Cernusco ed Alessandro è volontario di Servizio civile presso le Acli di Milano.
Ascoltiamo dalle loro parole il senso di questa esperienza e i frutti a cui ha portato.
Perché avete scelto di aderire al progetto “Vita comune”?
Nicolò parla di una “convergenza perfetta fra varie esigenze: da un lato quella della chiesa parrocchiale di rendersi più manifesta alla comunità; dall’altro quella dell’oratorio di Cernusco che intendeva impiegarsi in un’attività rivolta ai giovani; e, infine, l’esigenza di noi giovani cernuschesi che, dopo aver patito l’esperienza limitante della quarantena, desideravamo uno spazio nostro”. Marika, invece, parla della sua adesione come di una scelta personale legata al suo vissuto degli ultimi anni e alla sua “voglia di uscire dalla confort-zone e di riscoprire la bellezza della Chiesa locale”. Anche la partecipazione di Teresa è legata alla volontà di “riscoprirsi in un ambito diverso da quello familiare e di vivere una forte esperienza di condivisione”.
Qual è il vostro stile di vita comune?
“Rispetto alle altre esperienze di vita comune che sono sorte a livello diocesano, la nostra è molto più legata al territorio“, spiega Nicolò. Da qui l’esigenza di delineare una Regola ad hoc che si focalizza su tre aspetti: servizio, carità e preghiera. “Per SERVIZIO”, sottolinea Teresa, “intendiamo sia quello individuale, svolto anche prima di aderire a questa iniziativa, sia quello comune a beneficio della parrocchia; con il termine CARITÀ ci riferiamo al nostro inserimento nella Pastorale samaritana; e, infine, per PREGHIERA includiamo sia quella quotidiana, personale o condivisa, svolta mattina, sera e prima dei pasti; sia quella bisettimanale di comunità, aperta a tutti giovani di Cernusco”. L’aspetto caritativo del progetto, pur non essendo il più rilevante, è ben presente. “La Pastorale Samaritana, infatti, è un’iniziativa nata per fornire un aiuto ai senza tetto -spiega Marika- a cui abbiamo tutti aderito nel dicembre 2020. In totale siamo circa 80 giovani, divisi in 10 gruppi che, con il supporto della Croce Rossa, il sabato sera a turno incontrano nella città di Milano le persone che vivono in strada, ascoltandole e distribuendo loro tè caldo e panini”. A questi tre punti se ne deve aggiungere un quarto, il più importante: la CONDIVISIONE che si è creata sia tra i giovani sia con la comunità che li circonda, la quale ha accolto bene l’iniziativa.
Cosa avete conosciuto di voi stessi e di Dio grazie a questa esperienza?
“Considero questa esperienza come un punto di svolta personale nel mio rapporto personale con Dio, reso possibile grazie alla condivisione. All’atto più pratico, invece, ho vissuto questa esperienza come una sfida di autonomia”, dice Nicolò.
Marika, invece, spiega come grazie a questa esperienza abbia “ritrovato la serenità e la socialità”.
Teresa, infine, ha detto di essere cresciuta molto: grazie a questa esperienza si è sentita più autonoma e ha testato con mano che “è possibile condurre una vita cristiana nella propria quotidianità. In questo il vivere in comunità mi ha aiutata a crescere nella fede: mi ha dato modo di confrontarmi e capire a che punto fossi del mio percorso e come potevo migliorare insieme. La convivialità ha dato maggiore costanza, maggiore intensità ai miei propositi”.
Come intendete proseguire?
“Dopo di noi sono già pronti due gruppi (uno di tre ed un altro di quattro ragazzi), che vivranno questa esperienza per un paio di mesi ciascuno; poi ci sarà uno stop estivo”, spiega Marika.
Affinché questa esperienza non sia fine a se stessa, ma sia un seme che dia frutto, i giovani hanno già previsto di continuare a frequentarsi, di meditare sulla propria vita in condivisione e di integrare qualcosa di quello che hanno imparato in questa esperienza nella loro vita quotidiana, dalle cose più banali come la gestione domestica (“Mi sono accorto che devo fare di più quando tornerò a casa”, dice Nicolò) a quelle più importanti (“Sarebbe bello pensare a come integrare la vita di comunità e di condivisione nella nostra normale routine”, dice Teresa)
Ciò che riecheggia da molte delle risposte di questi giovani sono le parole di don Andrea Citterio in una precedente intervista “Il senso della proposta è far sì che si mettano alla prova in una vera e propria uscita di casa per una vita autonoma rispetto ai genitori e condivisa con altri coetanei“: tutti loro, infatti, hanno accolto l’esperienza come un modo di mettersi alla prova e hanno scoperto di poter essere autonomi, “figli adulti”, come ha detto Nicolò.