Presentiamo una sintesi scritta e rendiamo disponibili i video degli interventi che don Fabio Rosini, Direttore del Servizio per le Vocazioni della Diocesi di Roma, ha tenuto in occasione del Convegno di Pastorale Giovanile "Annunciare il Vangelo ai giovani" (Seveso, 4-5 febbraio 2022).
Katia
Castellazzi
Servizio per i Giovani e l'Università
Il convegno intitolato “Annunciare il Vangelo ai giovani”, indirizzato soprattutto ad educatori/trici, sacerdoti e consacrati/e, ma aperto a tutti, si è tenuto presso il Centro Pastorale Ambrosiano di Seveso tra venerdì 4 e sabato 5 febbraio 2022.
L’obiettivo dell’evento era riflettere insieme sugli spunti e i suggerimenti sull’evangelizzazione giovanile presenti nell’esortazione apostolica “Christus vivit”; il punto di partenza alcuni brani tratti dal volume “San Giuseppe. Accogliere, custodire e nutrire”, nel quale l’autore, partendo dalla figura del padre terreno di Gesù, illustra come accogliere al meglio la grandezza a cui siamo chiamati. A guidare il dialogo due ospiti d’eccezione: don Fabio Rosini (sacerdote romano, Direttore del Servizio per le Vocazioni della Diocesi di Roma, autore di svariati volumi e promotore del percorso sulle “Dieci Parole” e sui “Sette Segni”), presente entrambi i giorni, e don Mario Antonelli, Vicario episcopale per l’Educazione e la Celebrazione della fede della Diocesi di Milano, intervenuto nella giornata di sabato.
DI SEGUITO ALCUNI PUNTI CHIAVE TRATTATI NELL’INTERVENTO DI DON FABIO ROSINI DI VENERDÌ 4 FEBBRAIO 2022 E NELLE SUCCESSIVE DOMANDE:
PRIMO CONCETTO ESPOSTO DA DON FABIO ROSINI: EVANGELIZZARE EDUCANDO CORRETTAMENTE
Oggi i termini “formazione” ed “educazione” si usano correttamente come sinonimi; tuttavia etimologicamente hanno significati diversi che è bene esplorare per comprendere che c’è un modo giusto di educare e uno sbagliato.
Formazione: indica un “processo che dà forma”; presuppone quindi un modello a cui l’allievo deve aderire. Questo è il tipo di educazione a cui aderivano e aderiscono ancora molti formatori cristiani che, desiderosi di inquadrare i propri educandi, ne negano l’unicità e li espongono al trauma della dicotomia assoluta tra essere e dover essere. Le loro armi sono molteplici: la prima è far leva sul “senso di colpa”; la seconda è il ricatto sentimentale (sei amato se…); segue l’imperativo morale (devo… devo… devo), criticato tanto anche dal nostro Arcivescovo durante la visita pastorale al Decanato di Città Studi-Lambrate-Venezia. L’immagine plastica, con cui si potrebbe descrivere questo tipo di educazione, è un fabbro che prende a martellate il ferro da modellare. I risultati di questo processo sono innanzitutto giovani che vedono il cristianesimo come “sangue, sudore e lacrime” e il Salvatore come colui che ci chiama a “sforzarsi, a cambiare. Un cambiamento cattivo perché nasce dal presupposto di non essere abbastanza, di non andare bene così come si è”; in generale una gioventù impaurita e frustrata dall’impossibilità di arrivare a un modello ideale di buon cristiano, che in definitiva è irraggiungibile perché non esiste, è irreale.
Il problema del creare modelli non affligge solo i formatori, ma anche tutti coloro che dopo averli ricevuti vi aderiscono e ne creano degli altri: “Quanti matrimoni soffrono per quello che dovrebbero essere anziché per quello che sono?”. La Bibbia stessa ci dovrebbe mettere al riparo da questo fraintendimento: il primo comandamento, infatti, recita: “non ti farai idolo né immagine”. I modelli non sono altro che immagini, le ipotesi che ognuno di noi si crea sulla Chiesa ideale, sul marito ideale, sulla casa ideale… e alla fine queste idee ci alienano, perché o ci ribelliamo violentemente ad esse, diventando qualcuno che non siamo; oppure ci pieghiamo con estrema fatica ad esse, diventando persone frustrate. Questa NON è la logica del cristianesimo autentico.
Educazione: indica invece “un processo che tira fuori, alleva”; presuppone un’adesione volontaria del discente; si crea così una sinergia tra mentore e allievo. Questo metodo dà luogo a una sintesi tra gli elementi apportati dall’insegnate e quelli già presenti nell’educando quali le sue inclinazioni, il suo carattere; esso valorizza l’unicità del singolo. Di questo processo possiamo dare varie immagini plastiche: la prima è la vocazione di Maria, una donna che accoglie la Parola di Dio, vi aderisce liberamente (“Avvenga per me secondo la tua parola” – Lc 1,38) e dal suo ventre nasce il Signore; un’altra immagine è quella del vasaio che modella dolcemente la creta.
Questa è la logica del cristianesimo autentico: una logica agapica, maieutica, relazionale.
Quest’ultimo è il tipo di formazione o educazione che bisogna offrire: di fronte a una gioventù da evangelizzare non bisogna ostinarsi a proporre schemi rigidi, forzare i ragazzi in comportamenti che sentono falsi o cercare in loro qualcosa che non c’è, ma assecondare la scintilla divina che è in loro.
SECONDO CONCETTO ESPOSTO DA DON FABIO ROSINI: AMORE VS UTILITARISMO
L’amore non è economico, non è un buon investimento, non è efficiente. L’amore è uno spreco, è gratuito, dà la vita, si compie solo dando, è fecondo. L’episodio biblico di Giàiro (cfr. Mc 5,21-43) è illuminante: un padre e un rappresentante delle istituzioni religiose dell’epoca non è in grado di imporre le mani sulla figlia e di darle la vita e per questo chiede l’intervento di Gesù. Giàiro rappresenta il fallimento della religione intesa come vuoto ricettacolo di prassi e regole umane. Tutte le fedi sono esposte a questo rischio, anche la nostra. Dobbiamo vigilare affinché la Chiesa e noi cristiani non perdiamo mai la capacità di dare vita, di amare, di essere fecondi, di evangelizzare.
NECESSITÀ PRELIMINARI E SPUNTI ULTERIORI PER L’EVANGELIZZAZIONE EMERSI DALLE DOMANDE
Cosa serve per proclamare la Buona Novella? “Solo chi è stato evangelizzato può fare altrettanto” e questo significa essere stati toccati dalla Vita, dalla Parola di Cristo, aver riscoperto la scintilla di vita divina che è in noi: tutti abbiamo una parola dataci da Dio che custodiamo nel cuore, quella è la nostra sorgente d’acqua viva, la nostra piccola luce che dobbiamo portare al mondo.
Una volta che tutto questo è avvenuto, in che modo si può portare ad altri il Vangelo?
1) Come già detto, in primo luogo bisogna educare nel modo corretto ovvero abbandonando qualsiasi pregiudizio, modello ideale e “individuando percorsi dove gli altri vedono muri” e in secondo luogo abbandonare ogni efficientismo ed utilitarismo: ricordiamoci sempre che evangelizzare è un’opera di Dio, non nostra. Noi dobbiamo limitarci a sfruttare le occasioni e accompagnare la Provvidenza.
2) Vivendo la propria vita, parlando, agendo con lo stesso entusiasmo di un bambino.
3) Come fece Mosè di fronte al roveto ardente, ovvero togliendosi i sandali, avendo rispetto, riconoscendo la bellezza e la sacralità di chi si ha di fronte.
4) Con continuità: anche san Paolo è stato folgorato sulla via di Damasco, ma poi c’è voluto Barnaba che gli insegnasse la fede e lo seguisse nel suo cammino. Anche i nostri giovani sono toccati dalla Parola di Dio, ma questo non basta: affinché il seme cresca serve terreno buono. Sta agli educatori non abbandonarli, aiutarli a custodire ciò che hanno ricevuto, rispondere ai loro dubbi, prepararli affinché abbiano radici forti, così che non si scoraggino alla prima difficoltà, far comprendere loro quali siano le priorità, così da non soffocare la Parola di Dio sotto i mille impegni quotidiani.
5) Con coerenza e radicalità: non bisogna edulcorare il Vangelo o raccontarlo a metà per renderlo più apprezzabile. La radicalità non deve essere violenza ma autenticità. Così con i giovani, così con le istituzioni: se ci accorgiamo, dopo profondo discernimento, che alcune consuetudini inveterate nella nostra parrocchia vanno modificate, facciamolo: “Non abbiate paura di essere vino nuovo che spacca gli otri vecchi; […] fate come Davide che non uccide Saulo, ma ne rifiuta l’armatura e va per la sua strada; […] senza mancare di rispetto a nessuno, valorizzando ciò che c’è, ma facendo ciò che è giusto”.
6) Senza avere pretese. Distinguiamo un sano desiderio di evangelizzare/evangelizzarci da un’ossessione: voler crescere, migliorare, amare di più Gesù è bene; costringersi ad essere il non plus ultra dei credenti è perfezionismo ed è una tortura.
7) Non invadendo il campo. Non si può evangelizzare dal nulla: di fronte all’indifferenza totale, parlare di Cristo sarebbe come gettare perle ai porci (Mt 7,6). In quel caso preghiamo per quella persona specifica e poi assecondiamo le occasioni che il Signore ci offre per parlare del Vangelo, senza forzature. “Lasciamo che Dio ci preceda, che sia lui a prendere l’iniziativa; viviamo da figli di Dio”. Inoltre, se anche “dovessimo essere rifiutati, accettiamolo; la nostra vita non dipende da questo”. Infine, di fronte agli sbagli e agli errori di chi ci sta a cuore non possiamo fare altro che dare limiti oggettivi e poi rispettare la libertà personale: “Dio tollera che noi sbagliamo sempre; […] solo la Misericordia cura un cuore”.
N.B. Questa sintesi a punti non è un decalogo, né un modello, né un manuale. Sono gli spunti emersi da numerose domande e riordinati coerentemente per la maggior fruizione da parte del lettore.
LA GIORNATA DI SABATO (5 FEBBRAIO 2022)
I temi emersi nella giornata di sabato dagli interventi dei relatori, il Vicario don Mario Antonelli e don Fabio Rosini, e dalle successive domande, così come alcune parole conclusive, sono scaricabili qui.
LE “DIECI PAROLE” E I “SETTE SEGNI”
A quest’altro link, invece, si possono approfondire le proposte di don Fabio Rosini (le “Dieci Parole” e i “Sette Segni”).
PER CONDIVIDERE EVENTUALI RISONANZE, COMMENTI
Chi desiderasse mandare delle risonanze, dei commenti, degli spunti inerenti il convegno può inviare una email a giovani@diocesi.milano.it: verranno poi inoltrati a don Fabio Rosini.