Martedì 12 aprile 2022, in occasione della visita pastorale alla città di Milano, l’Arcivescovo ha incontrato i giovani del Decanato Navigli e si è confrontato con loro, invitandoli all'amicizia con Gesù.

Katia Castellazzi
Servizio per i Giovani e l'Università

Visita pastorale Milano - Decanato Navigli (1)

In occasione della visita pastorale alla città di Milano, l’Arcivescovo, Sua Ecc.za Mons. Mario Delpini, ha incontrato, il 12 aprile 2022, presso la parrocchia di Santa Maria di Caravaggio, un folto gruppo di giovani dai 18 ai 30 anni provenienti dal Decanato Navigli, dalle cappellanie, da alcune associazioni locali, quali Vangelo e vita e Vangelo e amore, e da gruppi di iniziazione cristiana. La serata è iniziata con un aperitivo all’aperto e nel rispetto delle norme anti-Covid. Successivamente si è tenuto un breve momento di preghiera e poi si è svolto il confronto con il Vescovo.

La prima giovane ad intervenire è stata Sara, che ha posto diverse questioni: «Come aiutare coloro che vogliono avvicinarsi alla Chiesa e coloro che invece desiderano allontanarsene? Come posso annunciare il Vangelo ad altri, se io per prima ho dei dubbi? Di fronte alle innumerevoli interpretazioni personali del Vangelo, esiste una Verità? Vale la pena discutere con chi non aderisce o disprezza tale Verità?». Mons. Delpini ha richiamato l’attenzione sul discorso della montagna di Gesù (Mt 5,13-14), affermando che non siamo chiamati a un «proselitismo reclutativo, ma a essere luce così che gli altri ci seguano»; e ha quindi invitato i giovani ad essere «una presenza discreta, che non si impone, ma incisiva». L’Arcivescovo ha poi ricordato l’incredulità degli apostoli Tommaso e Filippo di fronte alla Resurrezione, i quali «non imparano tutto e poi annunciano. Quel poco che hanno capito è sufficiente per dire che vale la pena seguire Gesù»; la Verità per i cristiani, infatti, non è un insieme di precetti ma è una persona, Cristo: «la Verità è entrare in amicizia con Gesù». Discutere con chi non aderisce alla propria fede ha quindi senso solo se lo scambio di idee nasce da domande concrete e se si incentra sul «mostrare che la visione del mondo ereditata da Gesù è preferibile alle altre».

Ha preso poi la parola Lorenzo che ha chiesto: «Come può la Chiesa, come comunità e istituzione, vincere la diffidenza contro se stessa e migliorare la comprensione dei suoi riti liturgici?». L’Arcivescovo ha ammesso che «il linguaggio liturgico non è facile»: per questo «dobbiamo metterci in cammino per istruirci; non si può avere la presunzione di scegliere personalmente cosa sia giusto e cosa sia sbagliato della tradizione millenaria che ci viene trasmessa».

Francesca e Chiara, invece, hanno domandato: «Qual è l’identità del cristiano oggi? Quali i primi passi dopo la pandemia?». Mons. Delpini ha così schizzato l’identikit dei cristiani: «pieni di gioia e di carità». In merito alla pandemia ha, invece, affermato che «è stata un disastro, ma almeno ne usciamo con la consapevolezza che le relazioni sono più importanti dell’organizzazione»; ha quindi spronato i giovani ad evitare il rischio di vivere in una città efficiente ma ricca di solitudine.

Giulia ha poi chiesto: «Come può la proposta cristiana aiutare i giovani vittime di timidezze, violenze e mancanza di senso?». Dopo aver evidenziato di avere l’impressione che i giovani vivano spinti dai sogni e dalle ambizioni altrui (genitori, amici, media), l’Arcivescovo ha sottolineato l’importanza di avere una meta propria e l’aiuto che la fede può portare in questo: «Leggete la lettera agli Efesini: siamo tutti chiamati a diventare figli di Dio, a essere santi. Tutti abbiamo ricevuto una chiamata affidabile, la vocazione […]; non state parcheggiati, la vita è una corsa verso la santità, non la vecchiaia».

È stato, poi, il turno di Davide che ha domandato «Come integrare la fede nella frenetica routine quotidiana?». Mons. Delpini ha suggerito ai giovani di trovare un proprio passo cadenzato: «trovate il vostro ritmo: questa è la sapienza»: uno giornaliero, uno settimanale e uno annuale con l’aiuto della comunità.

Infine, Alice ha concluso interrogando il Vescovo sul tema degli affetti, uno dei cinque sentieri dell’incontro Giovani e Vescovi, tenutosi lo scorso novembre in Duomo. In particolare ha domandato: «Come vivere bene questa dimensione e dialogarne sinceramente con la Chiesa di fronte alle proposte affettive estremamente divergenti offerte dalla società e dalle gerarchie ecclesiastiche?». L’Arcivescovo non si è fatto cogliere impreparato e ha innanzitutto sottolineato che l’affettività non è sentimentalismo, anche se spesso viene così banalizzata. Infatti, «l’esasperazione individualista esaspera il sentimento e la passione, non tiene conto dell’altro. Afferma che quello che provo, che penso io è giusto e così si arriva alla violenza domestica, ai femminicidi, alla pretesa della sessualità». La Chiesa, invece, ricorda Mons. Delpini, propone una visione conforme a Gesù: il personale bisogno di essere amati deve andare in secondo piano; più importante dev’essere l’amore reciproco: «l’uno si prende cura dell’altro […]; l’amore non è legare a sé ma legarsi all’altro per essere amati per sempre, non finché dura». L’Arcivescovo ha, infine, proposto di affrontare questi temi specifici in piccoli gruppi e di affidarsi all’accompagnamento personale.

La serata si è conclusa con la lettura di alcuni passi dell’esortazione apostolica Christus Vivit, la preghiera, il canto e la benedizione da parte dell’Arcivescovo.

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