Numerosi gli spunti di riflessione scaturiti dal dialogo online tra i 18/19enni ed i giovani del decanato di Cantù ed il nostro Arcivescovo, che li ha invitati ad essere "testimoni entusiasti della fede nella vita di ogni giorno".
di Andrea
Frigerio
Comunità Pastorale San Vincenzo Cantù-Intimiano
Siate testimoni entusiasti della fede nella vita di ogni giorno. Si può forse riassumere con questo invito il messaggio che ha voluto lasciare Monsignor Mario Delpini ai 18/19enni e giovani del Decanato Cantù-Mariano. L’incontro virtuale – che sostituisce la prevista visita pastorale, sospesa a causa dell’emergenza Coronavirus – si è svolto lunedì 11 maggio e ha visto collegati sulla piattaforma zoom oltre cento ragazzi delle 25 parrocchie presenti nell’area. Il cuore della serata sono state proprio le domande da loro rivolte all’Arcivescovo, piena espressione della modalità di dialogo caldeggiata da lui stesso: un confronto libero su qualsiasi argomento desiderino parlare. Svariati sono stati infatti i temi toccati, nei quesiti e ancor più nelle risposte, ma se ne possono rintracciare alcuni più rilevanti.
Innanzitutto un’interpretazione del momento odierno, caratterizzato dalla pandemia. Per il nostro Vescovo si può trovare una risposta nel Vangelo, specie nelle parole Io sono con voi tutti i giorni, ovvero nella certezza della presenza e del sostegno di Dio in ogni situazione, non solo in quelle straordinarie. Si tratta dunque di una capacità del Signore di parlare nel silenzio ad ogni uomo. Ascoltare la Sua voce deve essere pertanto il punto di partenza della vita di un cristiano.
Per i più piccoli poi può essere importante un aiuto, affinché possano imparare ad ascoltare la voce di Gesù. Questo è educare, altra parola chiave della serata, nonché molto sentita dai giovani presenti, impegnati nella catechesi di preadolescenti e adolescenti, ma anche in ruoli non strettamente legati all’oratorio, come quello del capo scout. L’educazione non è un addestramento e neppure un indottrinamento, afferma con sicurezza Monsignor Mario, ma significa favorire l’incontro personale con Gesù. Si tratta quindi di un profondo rispetto della persona dell’educando da parte dell’educatore, evitando l’omologazione ideologica o l’imposizione di regole prestabilite. Si tratta forse anche di un po’ di umiltà, nel riconoscere che ogni bambino, ogni adolescente, ogni uomo ha un proprio rapporto con Dio diverso da quello di ogni altro, e che nessuno più di lui stesso può conoscere. Si può dunque estendere questo discorso ad altri ambiti relazionali, ad esempio all’amicizia. Un’amicizia è la possibilità che mi è data di conoscere un continente che ancora non avevo visitato e di esplorarlo. Pertanto è importante non partire dal presupposto di sapere a priori ciò che è una persona con cui sto stringendo un legame d’amicizia.
Giovani educatori, dunque giovani testimoni. Qual è la caratteristica dei testimoni? La gioia prima di tutto, essere contenti perché viviamo quest’amicizia con Gesù. Il nostro Arcivescovo torna dunque a sottolineare l’importanza dell’entusiasmo, che deve essere uno strumento guida per i ragazzi. Del resto è un messaggio che pare ben recepito, come prova il saluto ormai divenuto celebre, da lui stesso consigliato: “Chaire”, ovvero in greco, “rallegrati”.
Non resta dunque che ringraziare Monsignor Mario per l’opportunità offerta a tutti i 18/19enni e giovani del Decanato: un importante confronto per chiarire la propria fede e per crescere insieme. Ora tocca a ogni ragazzo applicare ciò che è stato detto come meglio crede – nella vita quotidiana, in ambito scolastico o lavorativo, nei rapporti con gli altri – con l’accortezza di essere sempre testimone entusiasta di quel fuoco d’amore che sente dentro.