Il video del dialogo tra l'Arcivescovo e i maturandi, al termine del quale così si è rivolto loro: “Abbiate fiducia in voi stessi. Voi siete delle risorse straordinarie; voi avete delle doti che produrranno dei frutti bellissimi. Il rischio è quello di sottovalutarsi e di accontentarsi della mediocrità; di fare scelte più rassicuranti che vere. Io ho stima di voi, e penso che il mondo, la Chiesa hanno diritto di aspettarsi molto da voi. Voi dovete avere stima di voi stessi". Infine, ha consegnato loro l’immagine evangelica dei talenti: "un incoraggiamento a vivere la vita come una responsabilità da giocare".
Quattro maturandi (Nicolò, Matilde, Leo e Filippo,) si sono confrontati con il nostro Arcivescovo sul tema dell’esame di maturità e più in generale della scelta.
Lo hanno fatto in occasione della 57ª Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni e nell’ambito del primo dei quattro dialoghi in cui è articolata la proposta “Tempo di prova, tempo di scelta”, ideata e organizzata dal Servizio per i Giovani e l’Università allo scopo di aiutare i giovani a mettersi in ascolto della storia presente, interpretando ciò che lo Spirito vuole esprimere in questo tempo di pandemia.
Perché, come Papa Francesco si è espresso in occasione del momento straordinario di preghiera in tempo di epidemia, da lui presieduto in piazza S. Pietro lo scorso 27 marzo, il Signore ci chiama a cogliere questo tempo di prova come un tempo di scelta; a scegliere che cosa conta e che cosa passa; a separare ciò che è necessario da ciò che non lo è; a reimpostare la rotta della vita verso Gesù e gli altri.
Riuniti intorno ad un tavolo, a debita distanza com’è naturale in questo periodo, hanno posto delle domande in rappresentanza dei loro coetanei che tra poco più di un mese affronteranno l’esame di maturità.
Ha iniziato Nicolò, domandando all’Arcivescovo se la maturità di quest’anno, viste le condizioni particolari in cui avrà luogo a causa della pandemia, sarà un’esperienza di cui i giovani faranno comunque tesoro oppure si rivelerà una mancanza, che si porteranno dietro per tutta la vita.
L’Arcivescovo lo ha rassicurato, sottolineando che l’esame di maturità è innanzitutto un momento di passaggio, attraverso il quale si diventa grandi. Per tutti coloro che lo hanno vissuto rimane sempre un ricordo straordinario: a maggior ragione quest’anno per le circostanze in cui avrà luogo. Non sarà quindi una mancanza, ma sicuramente un patrimonio di cui fare tesoro.
Ha proseguito Matilde, chiedendo indicazioni affinché la scelta del corso di studi universitari conseguente alla maturità sia quella giusta. L’Arcivescovo ha fornito tre criteri di giudizio che possono orientare tale scelta nella giusta direzione: innanzitutto la preghiera, che aiuta a trasformare il desiderio, facendolo diventare cristiano; a convertire la scelta, perché sia cristiana; a passare dall’ambizione alla disposizione a servire; dall’orgoglio al senso della vita come responsabilità. In secondo luogo la conoscenza di sé: è necessario valutare se si è in grado di affrontare quel determinato corso di studi e se si ha la volontà di studiare con serietà. E, infine, la conoscenza del mondo, per quanto esso sia prevedibile, con riferimento alla possibilità di trovare un lavoro in quel determinato campo di studi.
Leo ha proseguito su questo stesso tema della scelta, chiedendo all’Arcivescovo se, quando si sceglie un determinato corso universitario, si debba tenere in maggiore considerazione le proprie passioni oppure il proprio futuro lavorativo.
L’Arcivescovo ha messo in evidenza che non c’è un criterio univoco: a volte si sceglie un certo corso di studi, perché si è già orientati verso una determinata prospettiva occupazionale; altre volte ci si fa guidare esclusivamente dalle proprie passioni, che solo successivamente indirizzeranno ad una specifica occupazione. Tuttavia, quando si sceglie, la cosa più importante è che non si resti nella mediocrità: se si sceglie uno studio, lo si deve fare seriamente. Perché l’unica merce che non ha mercato è la mediocrità; e qualunque scelta si faccia, questa acquista valore nella misura in cui si è disposti a pagarne il prezzo.
Filippo ha invece chiesto come fare a vivere la fede senza la paura di essere giudicati dalla società? L’Arcivescovo ha indicato tre elementi che possono aiutare ad appropriarsi personalmente della fede. La prima è l’esperienza di Gesù: la fede è frutto dell’incontro con Lui, perché Gesù è vivo e parla a ciascuno di noi. Una fede costruita sulla tradizione non regge: ci vuole un rapporto personale con Gesù. Poi è importante il percorso intellettuale, perché la fede è anche una interpretazione della vita. E noi cristiani di fronte alla vita siamo convinti che non siamo destinati a morire, ma a vivere, perché Gesù ha detto: “Chi crede in me non morirà in eterno”. Infine, è determinante anche l’aspetto ecclesiale. Questi tre elementi permettono di mantenere viva la fede e di sostenerla anche in un contesto come quello attuale, che a volte la ostacola. Bisogna però mettere nel conto anche l’impopolarità, che non è un fatto nuovo per un cristiano; l’essere cristiani comporta sempre questo prezzo da pagare. Però, ha ribadito l’Arcivescovo, abbiamo delle buone ragioni per pagarlo, perché la relazione con Gesù, il senso della vita e la comunione con i fratelli sono cose che meritano di essere custodite, anche se non sempre sono motivo di popolarità.
Infine, Nicolò ha posto una domanda sul rapporto tra la politica e la Chiesa, chiedendo all’Arcivescovo quanto la Chiesa abbia il diritto di prendere posizioni su questioni politiche.
L’Arcivescovo ha risposto che per Chiesa deve intendersi tutto il popolo cristiano, il quale è composto da uomini e donne che, in quanto cittadini, hanno diritto, come tutti, di esprimersi e di partecipare alla vita democratica. La Chiesa, intesa invece come istituzione, non deve fare politica, ma ha il compito di annunciare dei valori, dei principi a cui la politica si dovrebbe ispirare. Ma le scelte politiche, ha ripetuto l’Arcivescovo, devono essere fatte dai politici. Ciò non toglie che la Dottrina Sociale della Chiesa, che riguarda gli ambiti del sociopolitico, presenta un patrimonio di principi, di valori che meriterebbero di essere meglio conosciuti e di ispirare di più le scelte dei cittadini impegnati in politica. E innanzitutto i cristiani si dovrebbero ispirare a quei valori, se sono coerenti, perché a volte, come tutti, sono più desiderosi di avere il potere che di costruire una società per il bene comune. Essere cristiani, infatti, non garantisce l’essere incorruttibili; come tutti gli uomini, anche i cristiani in politica sono esposti alle tentazioni.
A conclusione del dialogo, don Marco Fusi, responsabile del Servizio per i Giovani e l’Università, ha chiesto all’Arcivescovo di lasciare un ultimo messaggio ai ragazzi che affronteranno l’esame di maturità e la conseguente scelta degli studi o del lavoro, e di indicare un’immagine evangelica che possa aiutarli a interpretare e a vivere questo momento della loro vita.
L’Arcivescovo ha ringraziato i presenti e così si è rivolto a tutti i maturandi: “Io vorrei contestare la vostra tendenza a sottovalutarvi. A me sembra che i ragazzi della vostra età rischiano di essere pieni di paure, di incertezze… Abbiate fiducia in voi stessi. Voi siete delle risorse straordinarie; voi avete delle doti che produrranno dei frutti bellissimi. Il rischio è quello di sottovalutarsi e di accontentarsi della mediocrità; di fare scelte più rassicuranti che vere. Io ho stima di voi, e penso che il mondo, la Chiesa hanno diritto di aspettarsi molto da voi. Voi dovete avere stima di voi stessi; quando vi guardate allo specchio dovete dire: “Mi hai fatto come un capolavoro”. Questo è ciò che Dio ha fatto di ciascuno di voi. E perciò l’immagine evangelica mi sembrerebbe quella dei talenti: ti è stata data una vita che vale e quindi hai la responsabilità di far sì che produca frutto. Dio ti ha amato, e tutto il mondo ha contribuito a farti come sei (la tua famiglia, i tuoi amici, la tua Chiesa, i tuoi insegnanti, la tua scuola…). L’immagine dei talenti vuol dire che la vita ha un valore ed è bello spenderla: l’uomo più infelice è quello che la seppellisce sottoterra. L’immagine dei talenti è un incoraggiamento a vivere la vita come una responsabilità da giocare: e voi siete capaci di farlo e lo farete bene; e quindi in questo vi incoraggio e benedico anche tutti quelli che guarderanno questo video, perché io ho stima di voi e penso che sia giusto aspettarsi molto da voi”.
Al nostro Arcivescovo va quindi il nostro ringraziamento speciale per queste parole di stima verso i maturandi; e a questi ultimi il nostro… in bocca al lupo per la prova che tra poco più di un mese affronteranno e per le conseguenti scelte di studio e di lavoro che dovranno prendere.
Ricordiamo che il secondo dialogo è in programma giovedì 14 maggio, alle ore 18.30, e vedrà la partecipazione del prof. Silvano Petrosino, docente di Antropologia filosofica presso l’Università Cattolica di Milano: insieme a lui proseguiremo nella riflessione circa questo tempo che stiamo vivendo.