«Non solo cammino, ma anche ascolto, racconti, meditazioni, testimonianze e svago. Con quell’invito da tenere sempre scolpito nella mente e nel cuore: “In piedi, costruttori di pace!”»: ecco in estrema sintesi cosa è stato per i giovani di Bulciago e di Oggiono il pellegrinaggio estivo in Puglia sulle orme di don Tonino Bello. Vi invitiamo a leggere per intero la loro testimonianza
A cura dei giovani di Bulciago e Oggiono
“In piedi, costruttori di pace!”: con questa esortazione ha preso avvio il pellegrinaggio estivo in Puglia che ci ha visti partire, insieme ad altri giovani della diocesi di Milano, alla volta di Molfetta. Qui, nella città in cui è stato vescovo, ha inizio il cammino pensato per conoscere e avvicinarsi all’indelebile figura di don Tonino Bello. L’itinerario, che dal Nord Barese si snoda fra le tappe e i luoghi più significativi della sua vita, ci ha condotti fino ad Alessano, sua città natale, facendoci approdare infine, dopo dieci giorni, a Santa Maria di Leuca, punta estrema del Salento e simbolo naturale di pace, crocevia di civiltà e culture.
“Un bell’uomo, amante dello sport, accogliente, disponibile e aperto a tutti; una persona semplice, del popolo, come tutti noi”; è così che Antonio Bello, meglio conosciuto come don Tonino, viene descritto da coloro che lo hanno conosciuto di persona. Seguendo le sue orme abbiamo infatti avuto la fortuna di incontrare uomini e donne che, attraverso la loro voce, ci hanno trasmesso la bellezza di averlo conosciuto e vissuto, in modi e contesti molto differenti.
Ciascuna delle tappe affrontate si è rivelata per noi occasione di conoscenza e condivisione. Ci siamo misurati con l’arte non sempre facile del procedere in gruppo, abbiamo diviso e condiviso spazi a volte piccoli, superato difficoltà e fatiche cercando di supportarci gli uni gli altri, di conciliare ritmi e visioni diverse. Alcuni di noi hanno affrontato questo tipo di esperienza per la prima volta, scontrandosi con imprevisti non considerati, ma incontrando sempre la solidarietà e l’altruismo dei più preparati.
Passeggiare nella meraviglia della natura, inoltre, fa quasi dimenticare il peso dello zaino, e stare in compagnia di più di quaranta persone appena conosciute consente di liberarsi da pregiudizi, paure e diffidenze, accogliendo gli altri e lasciandosi trasportare dal dialogo e dalla conversazione.
Non solo cammino, dunque, ma anche ascolto, racconti, meditazioni, testimonianze e svago. Con quell’invito da tenere sempre scolpito nella mente e nel cuore: “In piedi, costruttori di pace!”
In piedi. Certamente, e per molti chilometri. Ma stare in piedi presuppone l’essersi alzati, per poi trovare il coraggio di fare il primo passo. Che sia verso una meta, una persona, amica o finora sconosciuta, il primo passo serve ad avvicinarsi e finalmente scrutare, scoprire, conoscere.
Costruttori. Oltre allo stare in piedi abbiamo cercato di apprendere l’arte del costruire: relazioni, rapporti, fiducia. Stare in un gruppo numeroso, specialmente quando si conoscono poche persone, richiede la capacità di instaurare legami con gli altri, ingrediente fondamentale per affrontare al meglio il pellegrinaggio tutti insieme.
Pace. Nel corso dell’esperienza sulle orme di don Tonino, abbiamo avuto modo di soffermarci anche su questo tema. La pace, un obiettivo tanto universale da farci sentire inermi e impotenti come individui, è in realtà una meta che possiamo cercare di raggiungere tutti, ogni giorno, con le persone che incontriamo. Non sarà alla nostra portata la risoluzione dei grandi conflitti mondiali, ma possiamo, e siamo in grado di farlo, risolvere quelle che sono le piccole battaglie quotidiane, le divergenze, le incomprensioni, le ingiustizie, assumendo l’atteggiamento di chi è contemplattivo (termine volutamente coniato da don Tonino): “Non abbiate paura di riscaldarvi adesso, di innamorarvi adesso, di incantarvi adesso, di essere stupiti adesso, di entusiasmarvi adesso. Non abbiate paura di guardare troppo in alto, di sognare…”. È probabilmente con questo spirito, senza la paura di guardare troppo in alto e di sognare in modo troppo ardito, che don Tonino, già malato, ma in piedi, si mise in cammino, per intraprendere una marcia della pace in risposta alla situazione nei Balcani. Era il 1992, a Sarajevo.
Don Tonino è rimasto nei cuori delle persone che lo hanno incontrato, con la sua umiltà, la sua capacità di entrare in contatto con le persone, accogliere tutti, ascoltare e ricordare di ognuno i volti, i nomi, le storie. Un vescovo che non era conosciuto come “sua eccellenza Don Antonio Bello”, ma semplicemente come “Don Tonino”.
Una figura rimasta impressa nell’animo di chi ha sperimentato la sua bontà, da chi ne ha sentito parlare a chi ha ascoltato i suoi dialoghi, spesso rivolti ai giovani. Discorsi carichi di fiducia per il futuro, colmi di speranza, di crescita e di incentivo al cambiamento, pieni di energia e traboccanti di entusiasmo. Un uomo che ancora oggi rimane anche nei ricordi di chi forse non lo ha conosciuto di persona, ma si sente accolto da lui ogni volta che entra nella comunità C.A.S.A., da lui fondata per aiutare le persone in difficoltà a causa di dipendenze. Un uomo che non rinunciava ad accogliere chiunque, che non permetteva alla paura e alla diffidenza di prevalere sul desiderio di ospitalità e amore verso i più fragili.
Don Tonino è quel vescovo che ci ricorda che tutti siamo chiamati ad aprirci agli altri. Che per agire da cristiani non bisogna tracciare confini e stabilire quanto il nostro prossimo abbia bisogno di noi, ma ci si deve chinare per dare una mano a chiunque la chieda.
Don Tonino è colui che ci insegna che, per agire nel bene, si deve accogliere senza domande, senza preconcetti, senza esclusioni, e ci ricorda che la santità è alla portata di tutti.
Esortazioni ardue da assimilare e difficili da mettere in pratica, ma tutte riassumibili in una sua semplice e bellissima frase: “Amate la gente, i poveri soprattutto, e Gesù Cristo”.