Pubblichiamo le riflessioni di Leda, partecipante alla prima edizione del laboratorio di Pastorale Giovanile "Provocati da giovani: quale Chiesa sta nascendo?"
Il laboratorio “Provocati dai giovani: quale Chiesa sta nascendo?” proposto dalla Pastorale Giovanile è stato molto significativo, perché mi ha fatto sentire sostenuta nell’esigente (ma affascinante) cammino a fianco ai giovani e perché mi ha dato l’occasione di vivere la formazione mettendo in gioco il mio vissuto personale.
Un percorso davvero ricco per i molteplici linguaggi e per le questioni aperte, con un metodo che ci ha scomodati e coinvolti personalmente.
La preghiera iniziale è stata importante per porre l’attenzione su Gesù “orizzonte” che abbraccia e orienta lo sguardo e per interrompere la corrente di pensieri quotidiani che spesso non permettono di entrare in un clima di ascolto significativo.
Gli interventi dei relatori, le testimonianze di alcuni giovani provenienti da diverse esperienze di vita e i numerosi tempi di laboratorio ci hanno aiutati a cogliere questioni significative del mondo giovanile di oggi: gli entusiasmi e le delusioni, il bisogno di relazioni, il disorientamento davanti alle contraddizioni e alla fragilità, la sete di spiritualità, il bisogno di essere apprezzati per la bellezza che già sono, i sogni di Chiesa e l’appello per un nuovo cristianesimo attento ai segni dei tempi.
I momenti di ripresa iniziali e finali guidati da padre Flavio sono stati preziosi per l’ascolto “della pancia” e “del cuore” davanti alle provocazioni ricevute. Siamo stati e abbiamo dato parola al fastidio che sorge davanti alla diversità di priorità, di scelte e di prospettive tra noi e i più giovani, ma siamo anche stati nelle questioni e nelle domande che ci accomunano e inquietano.
Il metodo del discernimento comune con tutti i suoi momenti, è stato il filo rosso degli incontri e mi ha aiutata a vivere un ascolto che vuole essere trasformante per sé e per il contesto; non basta sentire buone intuizioni per mettere in cammino il cuore, la mente e le mani.
Grazie a questo tempo in ascolto dei giovani posso dire di essere stata spronata:
– nel desiderio di essere sempre più compagna accogliente di cammino;
– nel riconoscere mie domande e inquietudini comuni anche ai più giovani;
– nel nutrire un atteggiamento di simpatia per un mondo diverso dal mio;
– nel voler raccontare la bellezza che è stata per me la vita umana alla luce della fede (tra luci e ombre);
– nell’accendere il desiderio di relazioni stabili e forti che non temono di dirsi cose scomode o di affrontare il conflitto, inevitabile nell’incontro vero di diversità.
Credo sia importante continuare a lavorare insieme unendo le forze e le domande di chi oggi tenta di farsi vicino ai giovani, anzi, a ciascun giovane (penso a Laura, Alessia, Francesco, Matteo, Sara, Letizia, Filippo, Elisa…). Serve la preziosa arte di coltivare spazi di sana intergenerazionalità, basati su relazioni significative di ascolto reciproco, che sappiano riscegliersi e rinnovarsi nelle costanti tensioni tra mondi diversi. È importante per noi, che ci definiamo educatori, fare riferimento a un cammino di Chiesa più grande che ci faccia sentire di non essere soli nel proporre percorsi di fede che sappiano incrociare veramente la vita dei più giovani senza inibire domande (magari anche con il coraggio di affacciarci fuori dalle nostre comunità). Infine, servono cristiani lieti e luoghi familiari per permettere ancora incontri con uomini e donne che hanno fatto scelte di ampio respiro alla luce di una fede bella e umanizzante, che possano rilanciare ed incoraggiare nelle inevitabili fatiche del procedere e negli “strappi” del crescere. Ci ha ricordato Cecilia Pirrone che l’educatore è quello che grida “c’è un bellissimo tramonto da vedere”, e non urla “sono io il bellissimo tramonto”.
Direi che tutti possiamo tenerci in ascolto appassionato della realtà e dello Spirito e muoverci insieme incontro al futuro. Al prossimo anno!