Nel sussidio per l'animazione dei ragazzi in oratorio «Come Gesù» abbiamo pubblicato una sezione dedicata al teatro in oratorio, proponendo la possibilità di poter realizzare uno spettacolo ispirato alla proposta dell'anno oratoriano. In questa pagina il copione da scaricare con le note per la realizzazione.
Perché teatro? Valenze educative
A volte, quando si pensa ai contesti educativi, all’oratorio, alla scuola, si pensa al gioco degli specchi: sono quei luoghi che dovrebbero permettere di guardarti dall’esterno e di farti sperimentare in modo sicuro l’esperienza della vita, prima ancora che tu la metta pienamente in essere.
Non che l’oratorio non sia già di per se stesso vita, ma è la palestra che consente, in tutta sicurezza, di affrontare tutte le altre esperienze con un bagaglio carico di motivazioni, orientamento, forza, coraggio e senso della realtà. Gli obiettivi dell’oratorio sono questi.
È in questo contesto che possiamo collocare il teatro in oratorio. Viene raccontata una storia diversa da quella ordinaria, ma, da un punto di vista interno in cui ciascun personaggio, i ragazzi si possono calare ed entrare nella dimensione del «come…», che è quella che ci interessa quest’anno. Nel teatro si è come il personaggio che si interpreta, se ne acquisisce il punto di vista, quasi a fondersi con la storia e a viverla per davvero.
La cosa interessante è che il teatro si costruisce reiterando l’esperienza più e più volte, fino ad afferrarla completamente e a farla propria non solo alla memoria, ma anche alla sfera emozionale. Per questo motivo può essere un valido strumento educativo, utile sia per sviluppare doti relazionali e qualità riflessive sul sé, ma anche per sperimentare il rischio del crescere, senza viverlo con un impatto «duro», che può diventare distruttivo.
Il teatro mette in essere un dire e un fare che è al servizio di sé, ma anche al servizio di chi ne fruirà come spettatore. Anche per l’educatore che condurrà il gioco delle parti, il teatro sarà un mettersi al servizio del protagonismo dei ragazzi che dice lo stile della Chiesa, che non disdegna di rincorrere l’entusiasmo dei ragazzi, tra i mille impegni che loro possono avere.
Fare teatro in oratorio, non lo nascondiamo, è una fatica, ma anche una fatica fruttuosa. Nel teatro non è solo la storia a raccontare quanto piuttosto e soprattutto lo stile delle prove e la metodologia stessa del costruire lo spettacolo, strumenti da curare e monitorare.
Il copione «Miami tu?»
Proponiamo il copione dal titolo «MIAMI TU?» da poter utilizzare in base alle esigenze dell’oratorio: clicca qui
Pensiamo a un target di età preadolescenziale, ma adattabile anche ai più piccoli (quarta e quinta scuola primaria).
In questo copione l’esperienza di san Pietro viene riletta con un po’ di fantasia.
Pietro sarà una sorta di alieno che nel suo viaggio si dovrà umanizzare, ma l’umanità che assume è quella di Gesù, rispetto alla quale, pur essendo terrestri, siamo in fondo un po’ tutti alieni anche noi, perché i valori del pieno uomo Gesù sono quelli che l’uomo vorrebbe cancellare da sé.
La difficoltà del Vangelo è nel riuscire a sperimentare la gioia pasquale, ma passando attraverso la croce, la fragilità. Gesù si fa uomo come noi, per mostrarci l’uomo che sarebbe lui, quel personaggio mite e altruista che non ama troppo se stesso, pur sapendosi il Figlio di Dio, quel personaggio che non teme i giudizi della gente, le sue condanne, ma che è pienamente «signore di se stesso», facendosi pane e dono, quel Figlio che indica il Padre come fine dell’esistenza.
Ecco Pietro dovrà imparare che l’inadeguatezza non vuol dire sconfitta, ma è la cifra per ripartire e conquistare l’essenza dell’uomo. Il teatro esprimerà questi valori con un linguaggio semplice, ironico, adeguato a creare tra i ragazzi. Dunque Pietro non sarà citato direttamente: il Vangelo c’è già per chi volesse anche fare un discorso più diretto sulla fede. Ci sarà al suo posto un alieno cresciuto presso un’impresa di navicelle spaziali da un padre che gli ha insegnato il valore del lavoro. Lavorare per lui è tutto: dodici, tredici ore al giorno di fatica. L’unico suo hobby è una collezione di motonavicelle spaziali, che lui custodisce e lucida ogni giorno. Per il resto è un giovane alieno affannato con amicizie superficiali. È un po’ burbero e scocciato perché le sue «navicelle turismo» ogni giorno imbarcano alieni che vogliono sconti e poi puntualmente non pagano il conto a causa della crisi. E poi è innervosito dalla maleducazione dei viaggiatori che urlano e imbrattano i suoi mezzi. Mentre è intento a staccare la cicca dai sedili, riceve sul monitor del suo navigatore la proposta di un nuovo e insolito incarico: «Diventerai timoniere di uomini». I suoi prezzi concorrenziali hanno raggiunto, infatti, il pianeta Terra, in particolare la città di Miami, dove il giovane è inviato come scuolanauta. La sua navicella imbarcherà tanti ragazzini e in mezzo a loro, attraverso le istruzioni del navigatore, farà esperienza di Gesù, dei suoi insegnamenti, ma anche modificherà il suo carattere, i suoi sentimenti e il suo modo di pensare e arriverà ad amare e a voler conoscere il volto della sua guida. Nel corso del viaggio il protagonista perderà letteralmente i suoi connotati di alieno e si umanizzerà a prova di una conversione che lo rende davvero parte della nuova comunità in cui è chiamato a vivere non come figlio viziato e intraprendente di un imprenditore, ma come uomo di servizio e di ascolto.