di don Marco Cianci
Il rischio di noi moderni è quello di essere talmente ossessionati dal problema del tempo libero che abbiamo perso il senso della festa! Durante la settimana si lavora o si va a scuola, attendendo spasmodicamente il sabato o la domenica. Per fare che? Per rimettersi in mezzo alla folla e ai rumori (nei pub, negli stadi o nelle discoteche). L’ossessione del tempo libero è l’ossessione del tempo vuoto.
Il dovere ci fa sentire in gabbia e il tempo libero ci spaventa.
Una tra le tante conseguenze è che non c’è più differenza tra i giorni feriali e i giorni di festa: «Ecco è fuggito / il dì festivo, ed al festivo il giorno volgar / succede, e se ne porta il tempo / ogni umano accidente», scrive Leopardi, quasi profetizzando lo sbriciolarsi dei giorni, effimeri e uguali. E per giunta vuoti. Nulla succede nel giorno festivo e il tempo incenerisce tutto.
Solo ritrovando il senso della festa, possiamo umanizzare il lavoro, e ritrovare anche il senso dei giorni feriali. Nel vivere la festa, l’uomo ha la possibilità di comprendere un significato che non lo riduce esclusivamente ad una risposta al bisogno, o più propriamente alla necessità, ma lo apre alla relazione e alla condivisione: con la comunità e con Dio. Lo apre anche alla scoperta della libertà, vale a dire delle azioni che non si fanno per mera necessità.
Si è pensato di vivere la festa in un luogo particolare: l’Istituto diocesano Sacra Famiglia, perché è un luogo nel quale la sofferenza è all’ordine del giorno; la struttura, come si sa, ospita ben 800 disabili di differente gravità. Abbiamo scelto questo luogo per riflettere su come un cristiano possa vivere la dimensione della gioia in un luogo così particolare: luogo di sofferenza e, al contempo, luogo nel quale si vede una gioia inconsueta. La Sacra Famiglia è un luogo che comunica potentemente che la sofferenza stessa implica la gioia e non lascia tregua sino a quando non ha incontrato la gioia. Che tutti attendiamo.
È sorprendente incontrare le persone ricoverate in questo luogo e vederle contente, spesso più contente di noi.
Ecco dunque l’intento della festa, al termine del percorso annuale sulla riflessione e sull’approfondimento della coscienza della fede di ciascuno: staccarci dalle emotività banali e abbracciare il vissuto come ambito che sempre comunica la presenza del Risorto. E là dove c’è il Risorto, c’è la gioia.
La veglia di preghiera offrirà il senso del nostro trovarci, oltre che ad aprire la serata nel nostro stare insieme: meditazioni su testi – di scrittori contemporanei anche – saranno un contributo alla presa di coscienza che in noi è una nota fondamentale e di fondo: credo per capire il mistero di Dio (Credo, ut intelligam); e, comprendendo un po’ del mistero di Dio, posso a maggior ragione credere (intelligo ut credam).
Condivideremo il momento della cena nella mensa dell’istituto, nella quale ospiti disabili, volontari e dipendenti lavoratori sono soliti mangiare. Anche questo semplice gesto desidera entrare nel vissuto del luogo: un gesto quotidiano nella straordinarietà dei commensali!
Infine, ci sposteremo presso il Cinema Parrocchiale Cristallo, il quale ospiterà l’ormai famoso gruppo musicale “The Sun”. La rock band aiuterà probabilmente a rompere gli schemi attraverso un genere musicale aggressivo e spinto, che potrebbe urtare, ma che potrebbe anche essere una forte comunicazione di un messaggio che va oltre il solito «sex, drugs and rock and roll». Nel canto e nella testimonianza scopriremo quali forze e spinte la fede possa donare. In una società fluida e liquida, capiremo che la solidità è seguire Cristo (roccia perfetta). E perciò aderire a Lui è porre le basi sul medesimo fondamento!
La caratterizzazione di questa festa desidera comunicare la gioia di chi ha compreso che il Signore è il senso della vita, comunque vada, ed è la forza che permette di essere capaci di compiere scelte originali, capaci di contro corrente, o come la rock band cristiana, di stare nella corrente comunicando che in questo mondo c’è Qualcuno che può cambiare la vita e renderla piena di gioia. Anche Dostoevskij scriveva: «Gli uomini sono stati creati per la felicità e chi è pienamente felice è degno di dire senz’altro a se stesso: “Io ho adempiuto la legge di Dio su questa terra”».
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