Dialogo, confronto e riflessioni: domande impegnative, preghiera e momenti più informali hanno accompagnato l’incontro tra l’Arcivescovo di Milano, Mons. Mario Delpini, e i giovani del Decanato di Legnano, in occasione della sua visita pastorale. Ha spronato ognuno di loro a porsi domande, a formarsi, leggendo, cercando le risposte insieme, riprendendo le questioni emerse nella condivisione con il gruppo e la comunità, con i sacerdoti, le religiose e gli educatori/educatrici delle proprie realtà
Letizia
Gualdoni
Servizio per i Giovani e l'Università
Si sono ritrovati nella chiesa parrocchiale Santi Cornelio e Cipriano di Cerro Maggiore, i giovani e i 18/19enni del Decanato di Legnano, nella sera di giovedì 11 gennaio 2024, preparandosi ad accogliere l’Arcivescovo, che nella sua visita pastorale desiderava incontrarli, a partire dalla preghiera.
«Chiediamo la grazia di imparare ancora a pregare invocando lo Spirito, per avere gli stessi atteggiamenti del Signore Gesù», ha sottolineato l’Arcivescovo, durante la preghiera del Vespro, animata dai canti dei giovani che hanno curato e permesso il raccoglimento di tutti.
Al termine ci si è spostati nel salone dell’oratorio, per continuare la serata con un momento più conviviale, occasione per una condivisione fraterna, durante la cena a buffet.
Il dialogo, che fa seguito, si apre con alcune domande impegnative, che vanno al cuore di come “Essere discepoli di Gesù e testimoni nel mondo” e rivelano – con le parole dell’Arcivescovo – il fatto di essere «persone serie, che si interrogano seriamente su argomenti seri», a cui lui risponde andando in profondità, consapevole che non esiste “una ricetta” per affrontare le questioni.
«Considerando che la società ci propone modelli di vita improntati allo stile dell’opportunismo
e della convenienza (il tutto subito senza se e senza ma) e che anche i social, principale
strumento di comunicazione tra i giovani, veicolano spesso uno stile di vita molto lontano dai
valori cristiani, sento – pone la prima domanda un giovane, a nome degli altri – il rischio della frammentarietà e della dispersione. Che consigli darebbe ad un giovane?». «Noi cristiani siamo il popolo della fiducia – evidenzia l’Arcivescovo -. L’atteggiamento con cui siamo chiamati a guardare la realtà, anche di fronte alle forme di sfida o disprezzo di un contesto non proprio disponibile, di un mondo che a volte è addirittura ostile, è quello di pensare che Gesù ha dato la vita per salvare tutti e troverà il modo di attirare tutti a sé. Dio non ha voluto giudicare il mondo ma ha mandato suo Figlio per salvare il mondo». Invitando, per essere veramente cristiani, come scelta che dà identità alla persona, a trovare la risposta dentro di sé, nella qualità della relazione personale, intima, con Gesù, come “ardore che ci abita”, il nostro riferimento: «Perché è importante per me? Perché lo considero la Via, la Verità e la Vita? La testimonianza evangelica che date, come risposta alle obiezioni, dipende dal fuoco che avete dentro, dalla gioia che vi ha acceso, alimentata dalla condivisione in una comunità, un gruppo di amici, educatori». Per annunciare Gesù, testimoniando che una vita sul modello del Vangelo è bella e concretamente realizzabile, utilizza l’immagine evangelica del “sale della terra” e della “luce del mondo”. «Dobbiamo avere una gioia, per amare la vita e affrontarla con il desiderio di viverla, non di aspettarla – incoraggia -. La vita è saporita se ha il sapore di scelte decisive. Ciascuno di noi è una piccola “lucina”, non illuminiamo tutta la terra, ma illuminiamo il passo, la possibilità di bene che riusciamo a fare, che illumina e sveglia, con la propria testimonianza, anche gli altri. Dobbiamo avere come Chiesa l’attrattiva, come una città posta sul monte, un’attrattiva non esclusiva, di un gruppo dell’oratorio inaccessibile e chiuso a chi ne è estraneo e vorrebbe parteciparvi».
Un altro tema messo a fuoco durante la serata è quello delle scelte di vita e della questione vocazionale. «Sono in quarta superiore – spiega un ragazzo – e presto sarò chiamato a scegliere cosa fare in futuro, in particolare circa l’università. Questa scelta ovviamente sarà decisiva per tutta la vita e ci sono alcune cose che mi affascinano di più rispetto ad altre, ma non è facile decidere. Quali criteri è possibile applicare per compiere una scelta che sia evangelica e che allo stesso tempo mi realizzi e mi renda felice? E per quanto riguarda la scelta vocazionale in senso stretto? Come si fa a capire che forma definitiva dare alla propria vita?». Un’altra giovane aggiunge: «C’è una sorta di dualismo, da un lato ci viene chiesto di capire tutto subito, senza possibilità di sbagliare, dall’altro assistiamo a una reticenza verso ciò che è definitivo, l’invito a lasciare aperta una via di fuga di fronte a queste tensioni». Per stare davanti alla propria scelta di vita l’Arcivescovo chiarisce che si tratta di un percorso che ha bisogno di essere accompagnato, avendo vicino qualcuno di cui ci si fida, per aiutare a fare chiarezza su cosa si muove dentro di sé, su cosa ci affascina o frena. «Fondamentale, per compiere una scelta definitiva e determinante, l’essenzialità del rapporto con Gesù: credere che Lui sia vivo, parlare con Lui, che ci consiglia… E poi Gesù ci ha dato il comandamento dell’amore, questo è il criterio. Il criterio della vita cristiana è l’amore. L’amore è un modo di vivere, pensare. Potete fare tutte le scelte che volete purché siano non fatte per se stessi, per la propria autorealizzazione, ma per amare come Gesù e dedicarsi al servizio degli altri. Quali sono i tuoi talenti? Per che cosa sei fatto? Conosci te stesso e anche il tuo modo di amare: cos’è che intimamente mi predispone? Cos’è che veramente mi aiuta a mettere a frutto quello che sono? Talvolta il Signore ci chiama anche attraverso le esperienze che facciamo». E poi il tema della “definitività”, la forma di precarietà tipica del nostro tempo che tradisce un inganno, un sospetto che si insinua, ma «non posso dire di sì sempre con riserva, se capisco che quella è la mia strada devo sceglierla, faccio un passo verso la definitività, che è una grazia, cui dedicarsi con tutto il proprio impegno».
Quante domande i giovani portano nel proprio cuore. Capitoli ampi che chiedono la pazienza di affrontarli, un po’ per volta, grazie alle persone che li accompagnano, la presenza della comunità. Sentendo il dovere della formazione, a una domanda seria occorre cercare la risposta, pensando, discutendo, confrontandosi (anche su posizioni diverse), nell’amicizia (nessuno di noi vive da solo)… un rapporto prezioso, per ascoltare, aiutarsi a diventare migliori, condividendo domande, gioie, inquietudini. Sentendosi chiamati ad “essere santi”. Nel senso di vivere come Gesù, e ciò è possibile se mi rendo disponibile allo Spirito Santo, e umilmente ci lasciamo condurre, con la Santa Chiesa, ad amarci come Lui ci ha amato.
Le risposte che il nostro Arcivescovo ha consegnato necessitano certamente di essere riprese e meditate insieme, con i sacerdoti, le religiose e gli educatori, e lasciano una traccia significativa per approfondire il proprio cammino di fede.