Con la presentazione del documento del Dicastero dei laici, famiglia e giovani dal titolo “Dare il meglio di sé” ripartiamo ancora più con slancio verso l’idea di costruire una progettualità sportiva nei nostri oratori.
Paolo
Bruni
Educatore, FOM
Con la presentazione del documento del Dicastero dei laici, famiglia e giovani dal titolo “Dare il meglio di sé” ripartiamo ancora più con slancio verso l’idea di costruire una progettualità sportiva nei nostri oratori.
Il documento, soprattutto nella parte finale ci evidenzia in modo chiaro quali siano i rischi ma anche quali e quante siano le potenzialità che lo sport può garantirci come strumento educativo al servizio della persona, della comunità e soprattutto del Vangelo.
Il documento legge l’esperienza sportiva alla luce della bellezza e dell’unicità di ogni persona che, attraverso i suoi talenti e riconoscendo i suoi limiti, supera se stessa e i propri egoismi e fa esplodere tutte le potenzialità di bene all’interno di un cammino di crescita e di sviluppo integrale di sé e del senso della propria vita.
Possiamo così rileggere il campo da gioco come una grande occasione nella quale vivere lo stile di Gesù… nell’incontro con l’altro, nella gioia, nella festa, nella gratuità dell’amicizia, superando ogni confine e ogni diversità! E con questo possiamo sempre più imparare a vedere la persona nel suo essere insieme corpo, anima e spirito, mentre si mette in gioco, seguendo le regole ma con creatività, e scommettendo più sulla squadra che sulle proprie forze, scoprendo il significato del sacrificio che conduce alla gioia vera del superamento di difficoltà e limiti, facendo ciò che appassiona e vivendo un’esperienza unica di amore.
Forse sembra un po’ romanzato questo “sogno di sport” ma noi sappiamo che invece in tanti campi dei nostri oratori già vive ed è qualcosa di reale e tangibile.
Vive nella capacità di allenatori, dirigenti, catechisti, genitori ed educatori di “fare squadra” per il bene dei ragazzi.
Vive in tanti sacerdoti che si spendono perché giocare al pallone non sia mai solo un gioco.
Vive in tante realtà che hanno capito e colto che uno sport fatto bene è per tutti: « Lo sport crea empatia e aggrega le persone provenienti da qualsiasi percorso di vita, generando una cultura dell’incontro. Esso deve fuggire dalla “cultura dello scarto” e essere accessibile, accogliente e inclusivo. Lo sport deve inoltre garantire l’integrazione delle persone con disabilità. “Che tutti giochino, non solo i più bravi, ma tutti, con i pregi e i limiti che ognuno ha, anzi, privilegiando i più svantaggiati, come faceva Gesù”. In questo modo, “l’attività sportiva diventa autentico servizio alla crescita della comunità”» (dal documento “Dare il meglio di sé , 5.5).
Per questo, anche a partire da questo documento, ci impegniamo a fornire ai nostri oratori dei progetti e dei percorsi dove sport e catechesi si intreccino, dove i ragazzi possano vivere esperienze integrali e possano essere accompagnati con competenza e lucidità alla scoperta della bellezza del Vangelo anche tramite lo sport, dove l’inclusività diventi non un esercizio fra i tanti ma attuazione quotidiana di uno spirito e di un progetto.
Noi partiremo dal talento, quello espresso e quello ancora da esprimere, e lo metteremo in gioco come ci ha insegnato Gesù, perché ogni oratorio possa avere la possibilità di generare opportunità perché lo sport abiti dentro una progettualità pastorale complessiva ed ogni ragazzo e ragazza possano essere orgogliosi di crescere in una Comunità dove ogni ambito di vita viene valorizzato alla luce del Vangelo.