Alzarsi, come ha fatto Maria dopo l'Annunciazione, non è facile... sollevarci, rialzare gli altri, con la fretta buona che ci spinge verso gli altri. I giovani dell'UPG di Arluno e Casorezzo riflettono e condividono la loro magnifica esperienza, per trasmettere le radici di gioia che abbiamo ricevuto.

Andrea, Federico, Filippo, Laura, Luca D, Luca L, Marco, Margherita, Mattia, Michela, don Paolo, Tecla
I giovani dell'Unità di Pastorale Giovanile Arluno-Casorezzo

Perché non hai voglia di cantare? Che cosa c’è nel groviglio dei pensieri, degli affetti, dei sospetti che impedisce di dar voce a un canto lieto? Qual è la tua canzone?”, chiede l’Arcivescovo, mons. Delpini a noi giovani ambrosiani riuniti a Barcarena, in occasione della Giornata Mondiale della Gioventù 2023. Questa domanda ci ha toccati da vicino, portando ciascuno di noi a interrogarsi sul senso del nostro ascoltare e del nostro condividere con il mondo intero la scoperta di un modo missionario per vivere la fede.

Papa Francesco, durante la Veglia al Campo da Graça, ci esorta: “Vi domando: voi, che siete qui, che siete venuti a incontrarvi, a trovare il messaggio di Cristo, a trovare un senso bello della vita, questo, lo terrete per voi o lo porterete agli altri? […] Perché la gioia è missionaria, la gioia non è per uno, è per portare qualcosa.” Abbiamo potuto concretamente vivere tutto questo per le strade di Lisbona: era impossibile non notare la gioia di tutti i giovani del mondo. La voce dei popoli si mischiava nei cori, nelle canzoni che riempivano l’aria, creando un’atmosfera di complicità e fratellanza. Una voce capace di farsi silenzio per diventare dialogo interiore e adorazione. Una voce che si fa globale, distruggendo barriere linguistiche e culturali, con un semplice: “Esta es la juventud del Papa”. Una voce che si leva nell’inno: “Todos vão ouvir a nossa voz, levantemos braços, há pressa no ar. Jesus vive e não nos deixa sós: não mais deixaremos de amar.” (Tutti sentiranno la nostra voce, alziamo le braccia, c’è fretta nell’aria. Gesù vive e non ci lascia soli: non smetteremo mai di amare). Una voce che “canta il Magnificat”.

Ma nell’esperienza quotidiana, spesso, non riusciamo a cantare. “Forse non canti perché non c’è nessuno con cui cantare?” Nell’ordinario sentiamo, a volte, la mancanza di compagni di viaggio, di una spalla su cui appoggiarci, di un coro di cui fare parte. E facciamo fatica. “A volte non abbiamo voglia di camminare (e prendiamo la navetta per andare a fare la doccia, ndr), non abbiamo voglia di fare fatica, non abbiamo voglia […] e non arriviamo al risultato.” La GMG ci ha insegnato il valore della fatica e anche il suo scopo: marciare sotto al sole, dormire per terra, mangiare quando capita (se e cosa capita, ndr), non avere privacy, passare 24 ore in pullman, rinunciare a una parte delle proprie comodità, tutto per consentire agli altri 1.499.999 ragazzi di vivere con piacere i momenti di comunione.

Come affrontare la fatica? Il Vangelo che ha guidato la nostra GMG afferma che occorre alzarsi, proprio come ha fatto Maria dopo l’Annunciazione. Non è facile! Quante volte capita di rimanere immobili di fronte alle sfide della vita. Durante questa esperienza abbiamo imparato a sollevarci (dal punto di vista fisico, non è sempre stato piacevole tirarsi su dopo 3 ore di sonno, svegliati da musica techno o da un “Forza, veloci”, gridato dai vari responsabili) e a rialzare gli altri. Seguendo le parole di Papa Francesco, abbiamo capito che “l’unica occasione, l’unico momento in cui è lecito guardare una persona dall’alto in basso, è per aiutarla a rialzarsi”.

A volte però sembra che non ci siano motivi per rialzarsi: si sente spesso parlare di giovani senza lavoro, senza speranza. Dopo vari interventi (Papa, vescovi, don, …) siamo giunti alla conclusione che la spinta deve arrivare da Dio, dal Suo annuncio: come Maria, dobbiamo alzarci e andare in fretta. La fretta non è sempre cattiva consigliera: la fretta buona ci spinge verso l’altro e verso l’Alto, tenendo sempre ben presenti le nostre radici!

Avete trovato? Avete trovato dei volti, delle storie? La gioia che è venuta attraverso quelle radici è quella che noi dobbiamo dare, perché noi abbiamo radici di gioia. E allo stesso modo noi possiamo essere radici di gioia per gli altri. Non si tratta di portare una gioia passeggera, una gioia del momento; si tratta di portare una gioia che crea radici. E mi domando: come possiamo diventare radici di gioia? La gioia non sta nella biblioteca, chiusa – anche se è necessario studiare! – ma sta da un’altra parte. Non è custodita sottochiave. La gioia bisogna cercarla, bisogna scoprirla. Bisogna scoprirla nel dialogo con gli altri, dove dobbiamo dare queste radici di gioia che abbiamo ricevuto!” (Papa Francesco)

Speriamo quindi di riuscire a portare nelle nostre famiglie, nelle nostre comunità e nel mondo intero tutto quello che abbiamo vissuto, capito e imparato in questa magnifica esperienza. E speriamo di non aver annoiato troppe persone (che ringraziamo per la preghiera e il pensiero) con i nostri lunghi racconti!

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