«Abbiate il coraggio di vivere una vita vera»: questa l’esortazione dell’Arcivescovo alle migliaia di giovani presenti in Cattedrale con i catecumeni per la veglia di preghiera “in traditione Symboli”. Il video dell’omelia del cardinale Scola

di Annamaria BRACCINI

1.90722

Ragazzi, superate la logica del calcolo, reagite a chi predica il disordine degli affetti e delle relazioni. Abbiate coraggio, andate oltre guardando verso il Crocifisso.
Il cardinale Scola in Duomo, presiede la Veglia «in Traditione Symboli», dal titolo, quest’anno “Ho tanto amato il mondo” e di fronte a circa cinquemila ragazzi che affollano la Cattedrale, non usa mezzi termini per richiamare e incoraggiare i giovani.
Il riferimento è alla pagina di Giovanni (3, 16-21) che costituisce la conclusione del dialogo tra Gesù e Nicodemo. Dal Vangelo e da alcuni brani interpretati durante la Veglia, prende il via l’omelia. «Se superiamo la tentazione della distrazione, se fissiamo il nostro sguardo sul Crocifisso, potremo sempre sorprenderci in profondo».
I ragazzi – i prima fila ci sono i 146 Catecumeni che riceveranno nelle serata con tutti gli altri giovani della diocesi, il Credo, simbolo della fede – seguono la riflessione in un silenzio totale. Sull’altare maggiore e nella Navata centrale trovano posto due belle opere contemporanee di Velasco Vitali che ricordano lo stile del farsi prossimo, della cura in tutti i sensi: la prima, “Antico Testamento”, richiama l’amore di Dio per la terra; la seconda, appunto “Cura”, normalmente sita presso l’Ospedale Niguarda, esprime l’attenzione dei medici verso i malati, e nel contesto della celebrazione, rappresenta l’amore di Gesù per il mondo.
«Nell’amore umano, nel nostro cuore, dobbiamo tentare uno sguardo come quello che fu di Agostino – citato nella drammatizzazione scenica della “Traditio” –, che proprio qui sotto, nell’antico Battistero del Duomo, ricevette il Battesimo. Uno sguardo che parla di amore potente e ordinato così come lo insegna il Signore, l’innocente inchiodato sul palo della croce».
Il pensiero è per chi, nella nostra post-modernità, predica la divisione dell’io e il facile disordine degli affetti, come se esistesse un ambito ordinato della razionalità e uno, appunto, disordinato dell’affettività. «Non è così, non fatevi ingannare», ammonisce., «Non abbiate paura di quello sguardo con cui puoi guardare e rispettare la tua ragazza o il tuo ragazzo. La ragionevolezza dello stare insieme ha un suo nome, castità».
Insomma, l’invito è a prendere sul serio il grande dono della vita e dell’amore, senza scorciatoie e banalizzazioni: «Non vogliamo essere pessimisti, ma pensiamo alla modalità con cui si vivono oggi le relazioni nella nostra società – scandisce il Cardinale – e pensiamo, invece, cosa insegna il Crocifisso. Grazie al Signore abbiamo avuto esperienza autentica di cosa significhi amare e questo può indicare la strada per non cadere in ciò che Calvino (richiamato durante l’incontro) definisce “la ragnatela di rapporti intricati in cerca di una forma”. Anche noi tutti abbiamo bisogno di punti di aggregazione, per non finire nell’intrico di una trama disordinata di fili».
Infine, l’auspicio che è anche un impegno, rinnovato poco dopo visivamente nel gesto dall’adorazione della Croce e dalla consegna del Credo. «Andate oltre la grande tentazione dell’oggi di rassegnarsi, dell’accomodarsi nella nostra facile finitudine, nelle piccole cose». Volate alto, suggerisce il Cardinale, andando con coraggio verso la verità, con gratuità e unità dell’io. Troverete la vostra strada, il vostro lavoro, il domani».
E, alla fine, dopo un saluto del vicario episcopale, monsignor Pierantonio Tremolada, mentre tra le navate risuonano le note di “Luce di Verità” quasi come emblema di un cammino futuro, i giovani che circondano l’Arcivescovo, che fanno fotografie con i loro smartphones e che sembrano non volere lasciare mai il Duomo.

Ti potrebbero interessare anche: